Torino, Giorno della Memoria: intervento del Sindaco Fassino
Di seguito l’intervento del Sindaco Piero Fassino alla cerimonia del Giorno della Memoria, che si è svolta questa mattina nella Sala Rossa di Palazzo Civico.
Gentili ospiti,
Autorità, rappresentanti della Comunità ebraica, colleghi consiglieri, con i diversi appuntamenti di oggi – iniziati con l’omaggio alle lapidi dei caduti onoriamo quanti hanno sacrificato affetti, prospettive, la vita stessa, in nome della costruzione di un mondo migliore.
Grazie al Presidente della Fondazione Beni culturali ebraici in Italia Dario Disegni, al Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, al Presidente del Consiglio Comunale Giovanni Porcino e i tanti presenti in sala.
Oggi siamo qui per ricordare, per rendere onore a quanti hanno pagato con la vita nei campi di concentramento, a 6 milioni di cittadini ebrei e, con loro i tanti che morirono, zingari, omosessuali, oppositori politici. Ricordiamo 600mila internati nei lager, i tanti combattenti per la libertà, che non si arresero e morirono per la nostra libertà. L’omaggio di oggi, dunque, va a tutti coloro i quali sono stati perseguitati, annientati nell’ identità, umiliati nei campi di deportazione e uccisi.
Una tragedia che scosse l’Europa e l’Italia e che causò un dolore inenarrabile.
Siamo qui per un richiamo alla memoria di quei tragici eventi.
Sono trascorsi 71 anni da quel 27 gennaio 1945, quando, con l’apertura dei cancelli di Auschwitz, il mondo ritrovò la libertà.
Settantuno anni sono un lungo periodo, e il trascorrere del tempo espone ogni persona e fatti al rischio dell’oblio e l’affanno della quotidianità offusca ciò che ci appare lontano.
Lo storico Jacques Le Goff ammoniva “Non trasmettere memoria alle generazioni future, significa renderle orfane”.
Il rischio non è astratto, ma confermato da quanto è accaduto negli anni successivi alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale che avrebbe dovuto ammonirci a non ripetere più tutto ciò che ha generato repressione, sofferenza, negazione dei diritti. E invece, in questi 70 anni, quanti orrori abbiamo nuovamente conosciuto, con il loro carico di dolore.
Ne ricordiamo uno per tutti: il 12 luglio scorso, sono trascorsi 20 anni dalla carneficina di Srebenica, il terribile genocidio dei mussulmani bosniaci da parte delle truppe serbo-bosniache, consumato durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina degli anni ‘90.
Oggi il mondo è scosso da una nuova stagione di violenza insensata che colpisce e uccide persone inermi e innocenti. Il terrorismo internazionale, ancora in questi giorni, ripropone una violenza omicida.
Come ci ha ricordato Disegni il nostro dovere è quello di mettere in atto tutte le azioni utili a che sotto ogni cielo come in ogni terra ogni uomo e ogni donna siano rispettati nella propria dignità, nella loro fede religiosa, nel proprio orientamento culturale, affinchè nessuno sia oppresso e represso.
Vi è la necessità di contrastare e battersi per garantire che tutte le persone possano essere liberi di vivere la propria religione, la propria cultura, la propria identità.
E’ una responsabilità di ogni comunità. Torino ha messo in campo, non da oggi, iniziative che, in un’azione costante di memoria, come le Pietre d’Inciampo, che ricordano i cittadini di Torino perseguitati e vittime della deportazione nazista e fascista. In questi giorni di gennaio nelle strade di Torino ne sono state collocate quaranta; piccole targhe di ottone incastonate sul selciato davanti all’ultima abitazione della vittima. Pietre che ricordano, ogni giorno, ai cittadini che percorrono quei marciapiedi i 270 ebrei torinesi deportati e morti nei campi di sterminio. E con loro vogliamo ricordare i tanti militari torinesi internati nei campi di concentramento.
Nel ricordare questi eventi tragici vogliamo stabilire un nesso con ciò che investe oggi la nostra vita. Oggi un’ondata di violenza semina dolore, sofferenze, paura e angoscia.
Deve rimanere saldo il dovere di contrastare con fermezza ogni forma di sopruso, di revisionismo storico, ogni manifestazione che tende a negare quei diritti che sono condizione del libero pensiero, di un a convivenza pacifica piena di fiducia e speranza.
Il Giorno della Memoria acquista un nuova sostanza e richiama ciascuno di noi al dovere di difendere la comunità del nostro Paese. E alle parole di Primo Levi, prima richiamate in questa sala, aggiungo quelle di Bertold Brecht “il ventre che partorì il mostro è sempre fecondo” a sottolineare il rischio che la nostra vita possa essere travolta come allora.
E siamo lieti che il Quirinale abbia confermato, in questi giorni, che ospiterà la mostra “I mondi di Primo Levi – Una strenua chiarezza”, inaugurata a Palazzo Madama il 21 gennaio scorso e che rappresentò una delle iniziative più importanti delle celebrazioni del Giorno della Memoria.
La conoscenza di quel tempo e l’impegno quotidiano, costante e continuo a fermare l’antisemitismo, il razzismo, l’intolleranza, la xenofobia aiuta a mantenere vivi gli anticorpi della barbarie.
Lo sguardo su quel periodo è uno strumento di lettura essenziale della nostra condizione presente. Perché nulla e nessuno sia dimenticato e l’orrore che è accaduto, non accada mai più.