Produttori bio lucani, un primato e qualche preoccupazione

Con 201,6 agricoltori biologici ogni 100 mila abitanti la Basilicata conquista il secondo posto nel Rapporto di Fondazione Impresa sulla green economy per il numero di agricoltori bio. Significativi anche gli altri dati del Rapporto per il nostro comparto agricolo: 9,3 per cento di superficie agricola coltivata a biologico; 34,1 per 100 mila abitanti di allevamenti zootecnici classificati bio; 10,2 ogni 100 mila abitanti punti di vendita di prodotti bio. Ad evidenziarlo è una nota della Cia lucana aggiungendo che il “primato” è comunque offuscato da tante preoccupazioni per il futuro della nuova PAC 2014-2020 nonostante spinga verso il biologico per gli indubbi benefici ambientali che comporta, come la lotta ai cambiamenti climatici, la mitigazione delle sostanze inquinanti nei suoli e nelle acque, la difesa idrogeologica dei territori. Tutte azioni, queste, da sempre nel DNA dell’agricoltura biologica e biodinamica, che l’Europa cerca di introdurre anche in quella tradizionale, incentivando economicamente una generale sostenibilità ambientale del lavoro svolto nei campi. Ma c’è di più. Il biologico è ritenuto strumentale per tre obiettivi strategici: preservare in modo sostenibile la produttività dell’UE per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare a lungo termine, sostenere la grande varietà di derrate alimentari di qualità, preservare la vitalità delle comunità rurali per le quali l’agricoltura costituisce un’attività economica in grado di creare occupazione locale. In effetti, in uno scenario economico dove quasi tutti i settori annaspano, compresa l’agricoltura tradizionale, il biologico cresce e costantemente. “Tutto questo è avvenuto senza che nelle scelte di politica agricola, nazionali e regionali, fosse definita una strategia per il biologico, stabiliti obbiettivi e, conseguentemente, attivati interventi e misure a sostegno”, commenta Vincenzo Vizioli, presidente Aiab, l’associazione italiana agricoltura biologica che ha presentato un decalogo per incentivare il biologico a Ministero e assessorati regionali. “Purtroppo – è il commento dei produttori-agricoltori bio associati alla Cia, in attesa dei nuovi bandi del PSR 2014-2020 – l’assenza di scelte strategiche per il biologico è confermata dall’analisi dei dati SINAB sull’andamento dell’agricoltura biologica italiana degli ultimi dieci anni, che evidenziano un andamento legato all’apertura dei bandi e non alle indicazioni del mercato. Non è un caso che l’eccezione sia rappresentata dalla superficie a vigneto, letteralmente esplosa in molte regioni, a seguito della possibilità di etichettare con chiarezza il prodotto, avvenuta a seguito dell’emanazione del disciplinare sul vino biologico”. Il pericolo, ribadisce la Cia, è in altre parole la “corsa al premio” e non la scelta delle aziende di aderire a un diverso modo di produrre sostenibile. Tra le richieste di Aiab-Cia, garantire sufficienti risorse alle aziende biologiche, in particolare in fase di conversione, dove maggiori sono i costi e minori le rese, con un sostegno per ettaro maggiorato e un periodo di 5 anni; accompagnare le aziende con consulenza aziendale, formazione, semplificazione delle procedure burocratiche; la creazione dei “biodistretti” che coinvolgano progetti tra più aziende di uno stesso territorio.