Caos per chi viaggia treni fermi dalle 9 alle 16

Cgil e Uil scendono in piazza per chiedere al governo di cambiare le politiche economiche e del lavoro, perché “Così non va” – come recita lo slogan scelto dai due sindacati – sul Jobs act, sulla legge di stabilità e sulla Pa. Perché “non ci arrendiamo. Alziamo la bandiera del lavoro”, “vogliamo il futuro”, dice il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, rilanciando le ragioni dello sciopero generale.

La vigilia si accende sulla precettazione dei ferrovieri decisa dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. Alla fine la precettazione viene revocata. Lo sciopero generale di otto ore, proclamato oltre che da Cgil e Uil anche dall’Ugl, riguarda quindi tutti i settori, dalla sanità agli uffici pubblici, dalla scuola ai trasporti, compreso quello ferroviario. Dopo un braccio di ferro tra il ministero dei Trasporti ed il Garante per gli scioperi da un lato ed i sindacati dall’altro, all’ultimo minuto il ministro Lupi torna sui suoi passi, a fronte di una rimodulazione della protesta.

Stop che è stato ridotto da otto a sette ore per gli addetti alla circolazione dei treni (dalle 9 alle 16, salvaguardando così i pendolari) mentre quello di sabato, proclamato da altre sigle, viene posticipato dalle 21 alle 24, salvando la fascia serale.

Sono 54 le manifestazioni organizzate in tutta Italia; Camusso parteciperà al corteo a Torino, Barbagallo a Roma. Al centro delle richieste, la necessità di cambiare il Jobs act e la legge di stabilità, prevedendo tra l’altro l’estensione del bonus degli 80 euro ai pensionati ed agli incapienti e lo sblocco del contratto del pubblico impiego, fermo al 2009. Il Jobs act, insiste Camusso, non riduce la precarietà ma i diritti e le tutele e “incentiva i licenziamenti”, ‘monetizzando’ l’articolo 18. Anche per Barbagallo, “altro che lavoratori di serie A e B, siamo alla serie C”. Ma, è la premessa, la partita su entrambi i fronti non è chiusa, visto che la legge di stabilità non ha concluso l’iter parlamentare e per il Jobs act si attendono i decreti attuativi. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha assicurato che ci saranno “momenti di confronto” con i sindacati e non è escluso che la prossima settimana possano aprirsi. Allo sciopero generale non aderisce la Cisl, scesa in piazza il primo dicembre con le sole categorie del pubblico impiego e la richiesta del rinnovo contrattuale. “Il Paese ha bisogno di fabbriche aperte, non occupate e la Cisl non si sente affatto isolata”, ribadisce il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, dicendo di “rispettare chi fa sciopero e chi lo proclama” ma sottolineando che il suo sindacato ha “scelto un’altra strada: quella della protesta ma anche della proposta”. E rilanciando “un grande Patto sociale”.