San Calogero, paese in rivolta per salvare la Bcc
“I soci ed i cittadini della Comunità di San Calogero sono in rivolta per difendere l’unica realtà positiva creata in questi anni, ossia la Banca di Credito Cooperativo del luogo. E’ da molto tempo, ormai, che le Autorità bancarie preposte tentano in tutti i modi di unire le banche locali della provincia vibonese. Tecnicamente si sostiene che con la fusione di più banche piccole si possa costituire un Istituto bancario più forte ed attrezzato per affrontare le sfide del mercato attuale. Per i circa 1500 Soci della BCC di San Calogero e per la cittadinanza tutta, che in questa piccola e per certi versi gloriosa Istituzione del territorio vedono un sicuro punto di riferimento e di positiva aggregazione sociale, tale ennesimo tentativo di “fusione a freddo” assomiglia più uno scippo e ad un “inizio della fine” per una piccola banca locale che della “finanza etica” vera e della cooperazione economica solidale è indiscusso punto di riferimento provinciale e non solo. Vediamo di tracciare rapidamente la vicenda, per molti versi avvincente ed emblematica del nostro territorio. San Calogero è un paesino di circa 4500 abitanti incastonato tra le pendici del Monte Poro ed il mare di Nicotera. La sua economia, più che su attività industriali primarie, si basa su attività agricole e su un artigianato apprezzato nel settore edile e manifatturiero in genere. Nei decenni passati il suo territorio è stato interessato da un forte sviluppo, specialmente nel settore edile, dipeso in gran parte dalle rimesse degli emigrati (Svizzera, Germania, Nord Italia erano le “seconde patrie” di tanti cittadini che lì spendevano gli anni migliori della loro giovinezza con l’intento di mettere da parte quanto bastava per tornare e costruire, finalmente, una nuova casa familiare, far studiare i propri figli, magari acquistare il terreno per tanti anni gestito in fitto dai loro padri e dai loro nonni. La mezzadria, ossia la mucca affidata dal padrone – “nobile”… locale – al contadino del luogo a condizione di ricevere metà dei suoi prodotti, era in quegli anni ancora molto diffusa). Dopo tali anni di “fervore” economico collettivo (da poco erano state ultimate grandi opere pubbliche quali il “doppio binario” – la nuova ferrovia Napoli-Reggio Calabria –, l’autostrada del sole, ecc.) la piccola ed unica banca del luogo vede la luce. Nel 1977, anno di costituzione, la Cassa Rurale ed Artigiana di San Calogero, voluta e fondata da appena 122 Soci con un capitale di soli 22 milioni delle vecchie lire (ogni Socio ha conferito da 50 a 250.000 delle vecchie lire !) inizia la sua bella “avventura” in un piccolo garage. In breve tempo la Cassa Rurale, oggi Banca di Credito Cooperativo, diviene la “Cassa” (nel senso di “Cassaforte”, tesoretto …) delle famiglie e delle piccole aziende del territorio. La caratteristica peculiare di tale banca, che è tuttora il seme e la “differenza” delle BCC di tutta Italia, è che è stata gestita, oseremmo dire “abbracciata” (nel senso più nobile del termine) dai suoi soci, clienti e cittadini quale bene comune da difendere e sviluppare in quanto assai più efficiente ed efficace di qualsiasi altra Istituzione operante nel territorio (Comuni e Provincia compresa !). La Banca di Credito Cooperativo di San Calogero, oggi operante in ben 22 Comuni con le sue 5 filiali, mai è stata comparata con un normale Istituto di Credito commerciale, quest’ultimo forse più aggressivo e vantaggioso per i suoi utenti, ma lontano mille miglia dalle “risposte” etico-sociali di una piccola banca che del FARE SOLIDALE e della sua attenzione verso i piccoli (piccolissimi) clienti si “pasce” giorno per giorno. Detto in una parola, la BCC di San Calogero da tempo vive in simbiosi con la sua gente in una sorta di “patto sociale” a costruire un tessuto economico-culturale migliore e, dunque, un futuro credibile (un territorio non può avere vero sviluppo se perde i suoi figli migliori e i suoi giovani in quanto costretti a costruire il loro futuro nel Nord Italia o all’estero). Tale patto sociale oggi viene messo a dura prova da un progetto “forzato” di fusione con la consorella BCC di Maierato che non convince affatto e, peggio, pone non pochi interrogativi. Perché annullare d’un colpo la storia e la “missione” della Banca di San Calogero, si piccola ma grandemente impegnata a svolgere il suo ruolo statutario, unendola “per forza” con una consorella gravata da non pochi problemi patrimoniali e strutturali ? Perché pensare a spartizioni “equilibristiche” di cariche sociali trasferendosi in un territorio difficile ed ostico (quello vibonese …appunto) dove i Soci avranno ben poche possibilità di difendere la loro “cassa” in mezzo ad appetiti famelici di certi poteri forti ? Perché cullarsi dietro le promesse di una Banca provinciale più grande, quando il ruolo delle piccole banche locali non è quello di scimmiottare il “mestiere” ed i fini delle grandi banche commerciali ? Perché le Autorità bancarie regionali e nazionali permettono e/o vogliono lo stravolgimento del ruolo autenticamente sociale ed irripetibile delle piccole banche dei nostri territori ? Una cosa, comunque, è certa: la base sociale della Banca di Credito Cooperativo di San Calogero sta difendendo con i denti la sua Azienda e non intende ceder ad alcun compromesso.
Questi i fatti recenti. I soci della BCC di Maierato, riuniti in assemblea straordinaria ad inizio estate, hanno votato più o meno all’unanimità (un solo voto contrario e nessun astenuto) la fusione con la consorella di San Calogero. Pur trovandosi in grosse difficoltà reddituali e patrimoniali (bilanci in forte perdita e patrimonio falcidiato dai crediti in sofferenza) ha chiesto ed ottenuto: o Il trasferimento della sede sociale in Vibo Valentia; o La maggioranza del capitale sociale (78%); o Il controllo pieno del Collegio Sindacale (2 su 3 componenti); o La metà dei componenti il Consiglio d’Amministrazione (5 su dieci).
I soci della BCC di San Calogero, chiamati a decidere a loro volta se accettare o meno il progetto di fusione nell’Assemblea straordinaria del 22 giugno 2014, si sono trovati su fronti opposti. In un’Assemblea dai toni intensi, moltissimi Soci hanno sonoramente contestato un progetto di fusione calato dall’alto dall’attuale dirigenza. Ne è scaturita una votazione monca, confusa, viziata in più punti tanto da essere prima sospesa dal Tribunale delle Imprese di Catanzaro e dopo, addirittura, essere revocata dalla stessa Dirigenza della nostra banca. Il contestatissimo progetto di fusione, con dati di bilancio inattuali e fermi al 31 dicembre dell’anno prima, è stato ancora una volta riproposto all’approvazione dei Soci della BCC di San Calogero. La relativa assemblea straordinaria è stata convocata per le date del 18/10/14 (prima seduta) e 19/10/14 (seconda seduta). E qui assistiamo a qualcosa di inverosimile ! Nella giornata del 18/10/14, di buon mattino molti Soci della Banca si son recati presso la sede sociale per esprimere il loro voto. Il Presidente in carica della Banca di San Calogero, Dr. Barone Antonino, vista tanta gente, s’è fatto prendere letteralmente dal panico ! Nel mentre una sola postazione iniziava, alle ore 9:30, a registrare, manualmente, la presenza dei Soci, che nel frattempo avevano formato una lunga fila dentro e fuori della sede sociale, il Presidente ha tentato prima di chiudere la porta di accesso (proprio così !!) asserendo che solo coloro i quali stavano all’interno dei locali potevano partecipare al voto; poi, alle ore 10:30 circa, con centinaia di soci ancora in fila in attesa di essere registrati, ha dichiarato “deserta” l’assemblea per “… mancato raggiungimento del quorum” previsto dallo Statuto Sociale (un terzo dei Soci iscritti, ossia 522 su 1567). Fra le contestazioni e le grida dei tanti soci presenti, il Presidente ha abbandonato la sala assembleare. Qualcuno, non senza malizia, afferma che solo così s’è pensato di evitare la valanga di voti contrari al progetto di fusione in esame. Quel che è grave e singolare è che il notaio rogante, intervenuto per espressa previsione di legge, ha assecondato ed accettato l’operato del Presidente “fuggitivo” asserendo, alla presenza addirittura dei carabinieri e dei loro Ufficiali nel frattempo intervenuti, che il suo compito non era quello di verificare la liceità dei fatti avvenuti ma solo “ …di verbalizzare la volontà del Presidente dell’Assemblea” (sic !). I Soci intervenuti, in numero ben superiore al quorum minimo previsto (578 su 1567), non si sono persi d’animo. Civilmente e responsabilmente, seppur “monchi” della presenza del notaio, hanno tenuto l’assemblea convocata, hanno discusso e votato gli argomenti posti all’ordine del giorno e, all’unanimità, hanno BOCCIATO il progetto di fusione con la consorella di Maierato. Il Presidente “fuggitivo” ed il notaio “segretario” verbalizzante hanno tenuto la loro assemblea nella giornata del 19/10/14 durante la quale è stata “registrata” l’approvazione dello stesso progetto con soli 550 voti favorevoli. Dunque, con un numero inferiore ai voti espressi nella legittima assemblea del giorno precedente. Chiaramente sono piovute pesanti e documentate denunce alle Autorità competenti (carabinieri, Procura della Repubblica, Tribunale Regionale delle Imprese, Banca d’Italia, Organismi di Categoria, ecc.) che investono sia responsabilità civili che penali degli attori intervenuti. Ad oggi il Tribunale regionale delle Imprese ha disposto, con carattere d’urgenza, una prima udienza per il giorno 26 novembre prossimo; la Procura della Repubblica, investita del grave caso, sta sicuramente espletando le sue indagini ma, ad oggi, non ha ancora agito. Tralasciando gli Organismi di Categoria, sicuramente imbarazzati nell’intervenire per molteplici ragioni, quel che stupisce non poco è il “… silenzio assordante” del massimo Organo di controllo chiamato e vigilare che è la Banca d’Italia, autorevole pilastro delle Istituzioni regionali e nazionali che, se anche direttamente chiamata in causa, sembra voler attendere passivamente gli eventi. In attesa dell’importante udienza del 26 novembre presso il Tribunale delle Imprese, non solo i Soci ma un intero paese è pronto alla rivolta. Molti Soci, Clienti e Cittadini sono pronti ad iniziative eclatanti pur di difendere la loro banca locale (autentico patrimonio sociale per il ruolo svolto in ben 38 anni). L’intera cittadinanza, supportata anche dalle Comunità dei paesi limitrofi, è convinta che la BCC di San Calogero rappresenti l’unico, se non l’ultimo baluardo sociale a cui aggrapparsi per sostenere e sviluppare l’economia locale. Agli attuali vertici della BCC di San Calogero (le cui dimissioni sono richieste da più parti) viene rimproverato di aver in poco tempo dilapidato la fiducia dei soci e dei clienti, di non aver messo in campo progetti e programmi di largo respiro, di aver intrapreso investimenti patrimoniali di dubbio ritorno sociale, di aver scambiato la banca etica del posto quale strumento di potere personalistico, di aver asservito i tanti giovani dipendenti ai loro servizi, di aver accettato per fini personali un progetto di fusione chiaramente capestro, di aver messo in campo una politica miope e deleteria di controllo del voto fra i soci, ed altro ancora. I Soci contrari a tale rovinoso andazzo, chiaramente attenti a “… non buttare anche il bambino con l’acqua sporca …”, intendono con forza ed impegno corale rimettere in fretta la banca sui giusti binari della crescita e della trasparenza più piena. Per giovedì prossimo, 20 novembre, alle ore 18:00, i Soci e la Cittadinanza si sono dati appuntamento in piazza Municipio rimarcare le proprie ragioni, difendere la loro Azienda e, così, rilanciare della banca del luogo sui sani principi della democrazia partecipata, della legalità e della vera etica sociale”.
E’ quanto si legge in una nota del “Comitato Soci No Fusione”.