Milano, Pisapia apre i lavori del primo Consiglio metropolitano

Di seguito l’intervento del Sindaco Giuliano Pisapia in apertura della seduta del primo Consiglio metropolitano che si è tenuto questa mattina presso la Sala consiliare di Palazzo Isimbardi.

consiglio metropolitano milano

Cari Consiglieri, credo che trovarci qui, oggi, sia per tutti noi una grande emozione. Una grande responsabilità. Anche una grande sfida.

Non è vero che in questo nostro meraviglioso Paese non cambia mai niente. La città metropolitana è diventata una realtà. E già questa mi sembra una notizia positiva, anche se i tempi sono stati troppo lunghi e, ne siamo tutti consapevoli, ognuno di noi ha, e può avere, riserve sulla legge istitutiva: luci e ombre su cui potremo e dovremo incidere per migliorare norme che creano dubbi e riserve.

Con la prima seduta del Consiglio metropolitano inizia un percorso importante, direi quasi epocale, un percorso che, se mi permettete il paragone forse irriverente, assomiglia a quello che i Costituenti affrontarono quando dovettero scrivere partendo da zero le regole della nostra convivenza civile.

Dobbiamo quindi scrivere le regole della convivenza nel nostro territorio, un compito che la Legge ci ha affidato e che dobbiamo svolgere in tempi rapidi: un compito difficile e delicato, ma al tempo stesso un’opportunità e una sfida affascinante.

Questo però non ci deve scoraggiare o frenare. Possiamo e dobbiamo farcela anche se i tempi sono brevi.

Partiamo innanzitutto dallo Statuto che dobbiamo redigere e che sarà approvato o respinto dalla conferenza metropolitana. L’auspicio è che lo Statuto possa essere approvato all’unanimità o, quanto meno, da una maggioranza più ampia possibile, indipendentemente dalle pur diverse posizioni politiche. Sarebbe un segnale forte e rispecchierebbe quel sentimento costituente che deve essere alla base del compito che ci è stato affidato.

So bene che tra noi ci sono differenze e che non la pensiamo allo stesso modo su molte questioni e questo è normale e positivo in una democrazia. Del resto anche per l’elezione del Consiglio metropolitano si sono fronteggiate liste contrapposte.

Anche per questo in questi mesi di lavoro collettivo dovremo avere uno spirito fortemente unitario in quanto, quando si parla di regole, l’obiettivo non può che essere comune.

Come sapete mi sono più volte espresso a favore dell’elezione diretta del Sindaco metropolitano. Sono convinto che questa sarebbe la scelta migliore non solo perché credo che si seguirebbe al meglio il principio costituzionale che, all’art. 1, parla espressamente di ‘sovranità che appartiene al popolo’, ma anche per dare maggiore autorevolezza ad un’istituzione che oggi è ancora poco conosciuta dai nostri concittadini: perché il sindaco e i consiglieri debbono essere vissuti come i vicini di casa di tutti gli abitanti metropolitani che dovrebbero riconoscersi nei loro amministratori.

La legge ha voluto diversamente ma, questo è il mio invito, guardiamo avanti e facciamo noi la scelta migliore: ci sarà tempo e modo di discuterne tutti assieme.

Non ci dovremo però occupare solo delle regole elettorali o istituzionali che, pur importanti, certo non esauriscono il nostro compito. Per decenni si è detto che lo smog non si ferma ai confini di un comune e che le politiche sull’inquinamento devono essere concertate in un’area geografica ampia; come deve accadere ad esempio nel settore dei trasporti o in altri settori quale, ad esempio, quello della raccolta differenziata, del lavoro, della formazione e, quindi dello sviluppo economico e sociale.

Dovremo pensare a soluzioni che permettano un agire efficace per affrontare e superare problemi complessi che in alcuni casi si trascinano da anni.

Così come discuteremo, ne sono convinto, della possibilità di prevedere nello Statuto alcuni istituti di democrazia diretta. Penso, ad esempio, alla possibilità di convocare referendum e di presentare proposte deliberative da parte di un numero congruo di cittadini, sul modello degli artt. 71 e 75 della Costituzione, introducendo magari la novità di un termine preciso entro il quale queste proposte siano esaminate e valutate dagli organi della Città metropolitana.

Lo Statuto – e chiaramente sono solo indicazioni di carattere generale che mi permetto di porre fin d’ora a tutti i Consiglieri – potrebbe anche essere l’occasione per sperimentazioni e innovazioni anche sul fronte dei diritti.

Siamo tutti consapevoli del fatto che la gran parte delle competenze legislative su questi temi spettano al Parlamento, ci sono però sul territorio esperienze consolidate che rientrano nello spirito dei princìpi fondanti della nostra Repubblica.

Non mi soffermo oltre perché l’obiettivo di queste mie parole è, oggi, solo quello della ricerca di quello spirito costituente che spero prevalga tra noi.

Sono convinto che il nostro lavoro debba essere il meno ‘ideologico’ possibile, debba essere concreto e, quindi, utile ai nostri concittadini.

Nei miei studi giuridici e sociali mi sono spesso imbattuto nella storia dell’Assemblea Costituente, una storia affascinante e piena di discorsi straordinari. Il 13 marzo 1947 un giovanissimo Aldo Moro – aveva da poco compiuto trent’anni – rispondendo a Togliatti che aveva parlato di ‘Costituzione non ideologica’ affermò che si trattava “di una espressione che non può non trovare il nostro consenso, preoccupati come siamo di realizzare uno strumento efficace di convivenza democratica”.

Vorrei dire qualcosa anche sul futuro rapporto tra Città metropolitana e Regione Lombardia. È un tema rilevante perché sono molti i settori di azione comune e saranno moltissime le occasioni per una collaborazione che auspico proficua. Anche su questo ritengo che non ci possa e debba essere altra via che lavorare insieme , rispettando ruoli e competenze reciproche, per fare il meglio possibile per i nostri concittadini.

Non posso esimermi dal fare un cenno al tema delle risorse. La città metropolitana nasce con grandi aspettative e dunque con grandi responsabilità. Non dobbiamo deludere quanti hanno creduto davvero che questa trasformazione istituzionale non fosse solo un cambiamento di nome dell’ente da provincia a città metropolitana.

Non ci possiamo permettere – se vogliamo essere seriamente classe dirigente e di governo del nostro territorio – di lasciare che sedimenti un’idea, quale quella che le riforme del nostro Paese sono sempre viziate da un antico stile che ricorda il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: non è accettabile che si pensi che tutto deve cambiare perché nulla cambi. O che ci si possa limitare alla superficie di questa trasformazione, intervenendo solo sui meccanismi elettivi o rappresentativi.

O ancora – passatemi un po’ di ironia – che magari si venga ricordati fra qualche anno come quelli che hanno cambiato la carta intestata sostituendo le parole “Provincia di Milano” con quelle “Città metropolitana di Milano”

Abbiamo bisogno di dare senso e corpo, oltre che spirito, a questa nuova istituzione. Una strada da percorrere rapidamente è possibile ma è indispensabile grande concordia e forte determinazione.

La Regione Lombardia, in attuazione di una norma Statale che consente alle singole Regioni di calcolare sullo stesso reddito imponibile una quota addizionale, applica, in aggiunta all’imposta statale, aliquote variabili tra l’1,23% e l’1,73%.

È possibile, o è scandaloso, pensare che, senza alterare la pressione fiscale – quindi senza nessun aumento delle aliquote – si discuta con la Regione Lombardia di come attribuire una quota di quelle risorse alla città metropolitana, proprio per la diversità che deve avere la città metropolitana rispetto a quello che è stata la provincia?

C’è un’altra questione che non possiamo eludere, se vogliamo essere all’altezza del compito che ci viene affidato: quello delle competenze e delle funzioni.

Già stanno operando tavoli istituzionali, ma dobbiamo coinvolgere tutte le categorie produttive e sociali.

Non può esistere una alchimia perfetta dei livelli istituzionali se non si tiene conto in modo adeguato della necessità di confronto e dialogo con i rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori, con le categorie produttive del commercio, dell’agricoltura, dei servizi.

Abbiamo il dovere di ascoltare la diocesi, le università, le grandi associazioni di volontariato sociale e ambientale, le rappresentanze delle comunità straniere che si sono insediate sul nostro territorio e che danno onestamente il loro contributo per la ricchezza e il progresso della nostra area metropolitana.

Dobbiamo capire che fare con la Regione e con il Governo, ma dobbiamo anche interrogarci fra di noi, con i Sindaci, e quindi verso il livello territoriale di maggiore prossimità con i cittadini.

Forse, dobbiamo fare tutti un passo indietro per fare due passi avanti!

Intendo dire che non dobbiamo essere gelosi o conservatori verso le prerogative di ciascuno di noi o degli enti che rappresentiamo.

Immaginare e ridisegnare come le competenze amministrative e burocratiche possano cambiare e modificarsi per dare forma e senso alla nuova realtà che, un po’ come dei pionieri, stiamo andando a realizzare.

Questa è una giornata molto solenne. Tocca a noi cominciare un nuovo pezzo di strada. È un po’ come nel giugno del ’46, quando il primo Parlamento repubblicano si è riunito per stabile le regole del nostro vivere comune.

Dobbiamo avere la stessa lungimiranza, la stessa generosità, la stessa capacità di lasciar fuori dalla porta le posizioni di parte.

Dal primo gennaio 2015 la Provincia di Milano non esisterà più. La Provincia ha una storia antica, il suo primo Presidente è stato Massimo D’Azeglio nel 1860, una storia che ha avuto, come tutte le istituzioni, luci ed ombre. Il venir meno della Provincia non significa però che non sia necessario un governo di un territorio più vasto rispetto a quello dei singoli comuni di area vasta.

Non so se dobbiamo avere rimpianti o nostalgie. Però so con certezza tre cose:

  1. che i confini tra i comuni della città metropolitana sono già di fatto molto labili;
  2. che i problemi di Milano e dei comuni vicini sono gli stessi e che è più facile  risolverli su una scala più grande;
  3. che nessuno perderà la sua identità e Milano non fagociterà nessuno.

La città metropolitana diventerà quello che noi saremo capaci di costruire. Sulle spalle abbiamo una grande responsabilità. Non abbiamo molto tempo. Dovremmo avere molta saggezza.

Le specificità e le differenze sono una grande ricchezza per tutti. Lavorando insieme affronteremo meglio le sfide che non hanno confini: l’inquinamento, i trasporti, la gestione dei rifiuti e tante altre.

Scomodare i padri costituenti può essere eccessivo ma riflettere sul fatto che avversari politici, come Aldo Moro e Palmiro Togliatti si trovarono d’accordo sulla necessità di una <Costituzione non ideologica>, ci può essere di insegnamento.

Quello che mi auguro e che auguro a tutti noi è di avere lo stesso spirito libero e essere esempio di una collaborazione efficace al servizio di una comunità, senza divisioni ideologiche o preconcette, come accadde quasi settant’anni fa.

È una speranza, ma vorrei che diventasse una realtà: costruire in questi mesi una grande squadra che costruisca le fondamenta di una casa comune: e tutti sappiamo quanto in una squadra conti l’armonia tra tutti e il lavoro di ognuno.

Buon lavoro a tutti noi.