Lettera aperta al Presidente del Consiglio dott. Matteo Renzi

Egregio Presidente,

ho avuto occasione di leggere il Suo twitter lanciato all’atto della notizia della concessione della Corte indiana al Fuciliere di Marina Massimiliano Latorre di poter trascorrere una convalescenza di 4 mesi in Italia.

Pur nel massimo rispetto del Suo pensiero e delle Sue opinioni, due concetti da Lei sintetizzati con il messaggio mi hanno particolarmente colpito. Contenuti sui quali avrei desiderio di confrontarmi se non altro per essere certo di avere ben compreso  una riflessione del Presidente del Consiglio.

A premessa di tutto mi permetto di complimentarli con Lei per le Sue capacità di “captare” immediatamente la valenza di una persona attraverso solo un paio di telefonate credo, peraltro, in inglese. Mi riferisco al Suo apprezzamento per Narenda Modi.

Un giudizio il Suo che non lascia dubbi e proprio per questo mi lascia perplesso a meno che non scaturisca da fatti che non mi è dato da conoscere. Infatti, la figura del Presidente Modi, soprattutto per quanto attiene alla sua etica politica, non sembra basarsi su una storia trasparente e lineare.

Un personaggio che fin da giovane ha militato in un partito dell’estrema destra indiana nel Rashtriya swayamsevak sangh (Rss), organizzazione paramilitare a connotazione spiccatamente nazionalista, al punto di essere considerato persona “non gradita ” da USA e da Unione Europea.

Movimento, come Ella ben saprà, molto controverso, dichiarato fuorilegge nel 1948, dopo l’omicidio di Mohandas Gandhi, e poi di nuovo negli anni settanta, quando Modi operava in clandestinità, bandito per la terza volta nel 1992 dopo la distruzione di una moschea a Ayodhya, nel nord del paese.

Proprio in quegli anni Modi passò al Bharatiya janata party (Bjp) in cui confluì anche l’Rss e nel 2001 venne eletto governatore dello stato indiano del Gujarat evidenziando immediatamente il suo approccio pragmatico agli eventi al punto di non intervenire quando, nel 2002 a Godhra nello Stato da lui amministrato, più di mille musulmani furono trucidati da estremisti indù ed altre centinaia di migliaia costretti a fuggire.

Prendo atto quindi della Sua stima verso un uomo di questi trascorsi, ma la mia etica uomo e di ex servitore dello Stato non mi permettono di condividerla e, nello stesso tempo, prendo le distanze dalle sue parole di apprezzamento dell’uomo e dal Suo ringraziare ed ossequiare il Governo di una Nazione che sta negando da tre anni i diritti umani e giuridici a due militari italiani.

Una seconda perplessità mi deriva dalla Sua dichiarata collaborazione con la Giustizia indiana che in tutta onestà suscitano in me, cittadino di uno Stato di Diritto, sdegno per vari motivi.

Lei, infatti, ha dichiarato collaborazione con un ordinamento giudiziario che prevede l’applicazione della pena di morte, non esprimendo il pensiero dell’uomo Renzi ma quello del Presidente del Consiglio dell’Italia la cui Costituzione rinnega la pena capitale.

Se poi collaborare per Lei vuol dire raggiungere uno obiettivo comune con l’India, in questo caso rappresentato dall’esercitare un giudizio indebito su due militari italiani da parte di uno Stato terzo, credo che il Suo auspicio sia anche in contrasto anche con le più elementari regole del Diritto internazionale e di quello pattizio.

Mi permetto quindi di dissentire con la S.V. fiducioso che l’Italia consenta ancora ad un modesto cittadino di essere distante dal pensiero del proprio Premier, e che non siano stati cancellati i diritti elementari garantiti da una democrazia liberale quale quella italiana.

Non posso accettare infatti il concetto di “collaborazione” con una giustizia che nega ai nostri militari l’immunità funzionale, che disconosce il Diritto Internazionale e la Convenzione del Mare Unclos e che dispone la detenzione di due persone, seppure in regime di libertà provvisoria,   nei confronti delle quali non sono state ancora prodotte prove per i reati loro addebitati.

Naturalmente ognuno è libero di sostenere ciò in cui crede, ma penso che esistano vincoli da rispettare almeno da parte di chi ricopre funzioni pubbliche di alta caratura come la Sua attuale. L’Italia è, infatti, uno Stato sovrano erede e cultore del Diritto romano mutuato nei secoli da svariati Paesi, tradizioni storiche e culturali a cui Lei stesso fa spesso riferimento e ci dice di voler difendere Questi valori non possono essere cancellati dal pragmatismo politico.

Caro Presidente collaborare con una Giustizia come quella indiana che sta dimostrando di aver dimenticato i valori del diritto anglo sassone lasciati in eredità dopo 3 secoli e mezzo di colonizzazione britannica, credo che rappresenti, invece, una forzatura che non può essere accettata nemmeno per “ragion politica”. Nella fattispecie, poi, a mio modesto avviso, le recenti dichiarazioni dei Ministro degli Esteri indiano accompagnate dai suoi ringraziamenti verso il Governo di Delhi ed i contenuti dell’affidavit firmato per il caso Latorre,  precluderanno in futuro ogni azione sul piano internazionale e diplomatico per dipanare la matassa. Dovremo solo accettare le decisioni della Giustizia indiana con la quale Lei preferisce collaborare.

Mi farebbe piacere leggerla insieme alle migliaia di cittadini del gruppo di Facebook che amministro ed a cui estendo per conoscenza la presente, e che si stanno impegnando per tenere alta l’attenzione sulla vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (https://www.facebook.com/groups/337996802910475/) e degli altri 387 che con me hanno sottoscritto un Esposto sui fatti alla Procura della Repubblica di Roma perché siano accertate le responsabilità di chicchessia dal 15 febbraio 2012 ad oggi.

Distinti saluti

Gen. Brig. (ris) dott. Fernando Termentini

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