Aosta, la deportazione di 236 alpini la giornata del ricordo

Settant’anni fa, nella notte tra il 18 e il 19 giugno 1944, un battaglione di SS tedesche, con alcuni militi fascisti, irruppe nella Scuola militare alpina e nella Caserma Testa Fochi di Aosta e catturò 236 tra soldati semplici e sottufficiali e 8 ufficiali, tutti appartenenti al 7° Comando militare provinciale. I prigionieri furono deportati nei campi di lavoro e di concentramento nazisti nelle zone sottoposte al Reich.

Le autorità tedesche occupanti e il regime punivano in questo modo un progetto di diserzione in massa degli alpini, che dalle caserme sarebbero passati nelle fila della Resistenza valdostana. I prigionieri, tra i quali molti giovani, sperimentarono la durissima vita nei campi di lavoro in Polonia (Auschwitz), in Cecoslovacchia, nella Prussia orientale e in Germania fino ad Amburgo. Ognuno ebbe un itinerario diverso nell’enorme costellazione dei Lager nazisti in cui milioni di uomini erano sfruttati come schiavi. Poterono ritornare quasi tutti, ma solo dopo la liberazione dei campi alla fine della guerra nel 1945.

Diversa e ben più tragica fu la sorte di otto ufficiali catturati nella stessa circostanza che, giudicati per collaborazionismo con la Resistenza e per aver avuto una responsabilità nel piano di diserzione collettiva, furono deportati nei campi di concentramento di Flossenbürg e di Dachau, nei quali solo due di essi sopravvissero.

Come evidenzia il Presidente della Regione, Augusto Rollandin, anche a nome dei componenti del Comitato per le celebrazioni del 70° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell’Autonomia, “credo sia nostro dovere ricordare, a 70 anni esatti di distanza, questa tragica giornata, durante la quale tanti giovani valdostani furono catturati e deportati nel territorio del Reich”.

“Si tratta di un evento di grande interesse storico e di una pagina significativa della Resistenza nella nostra regione. Questi ragazzi hanno pagato un prezzo altissimo, negli anni della loro giovinezza: la prigionia, il campo lavoro e di concentramento, la fame, senza contare il dolore della lontananza e la preoccupazione delle loro famiglie. Un ricordo particolare va ai sei degli otto ufficiali catturati che trovarono la morte nei Lager nazisti.

L’evento è degno di Memoria anche perché sintomo di una precisa scelta di campo nell’abito di chi in quel momento si trovava in un Esercito dipendente dal regime, una scelta che continuerà anche nella prigionia sotto i nazisti. Questa vicenda è complementare alla lotta che i nostri partigiani, nelle vallate, stavano allora conducendo – conclude il Presidente -, mettendo a rischio la propria vita, spronati dalla grande speranza di una prossima conclusione della guerra e della sconfitta del nazifascismo”.