Disoccupazione, in provincia di Rimini crescono i ricorsi al patto di servizio

Secondo le stime dell’Istat il 2013 ha costituito per il mercato del lavoro provinciale l’anno più critico dall’avvento della crisi; la conferma arriva anche dall’ultimo report sulla disoccupazione nella provincia di Rimini, elaborato a cavallo tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 dal Centro Studi del Centro per l’Impiego della Provincia di Rimini.

Il 2012, anno a cui fa riferimento l’elaborazione dei dati,  è stato un anno particolarmente critico per il mercato del lavoro riminese, come testimoniano la diminuzione del tasso di occupazione e la contemporanea crescita sia dei disoccupati, sia dei lavoratori messi in mobilità. Tutto ciò all‟interno di un contesto socioeconomico già segnato dalle conseguenze negative di una crisi che dal 2009 sta condizionando pesantemente le carriere lavorative di tanti cittadini riminesi.

In questo scenario non sorprende rilevare il consistente aumento di coloro che hanno siglato un patto di servizio (e’ un accordo tra il disoccupato e l’Agenzia del Lavoro che definisce i servizi e le azioni finalizzate a rafforzare le competenze ed aiutare il disoccupato a trovare al più presto una nuova occupazione), il cui numero sale per il sesto anno consecutivo superando le 21.200 unità.

Inoltre, la netta prevalenza dei contratti a termine per le nuove assunzioni fa sì che nell’ultimo biennio sia cresciuta l’incidenza degli utenti che ritornano al collocamento a distanza di breve tempo. Le donne continuano ad essere il gruppo più numeroso (61,4%), tuttavia nel confronto col 2011 è la componente maschile ad aumentare maggiormente in termini relativi (+ 10,4% a fronte del 6,4%). Prosegue la tendenza verso un progressivo innalzamento nell‟età degli utenti, considerando che dal 2006 al 2012 gli ultra 45enni sono saliti dal 22,4% al 29,7%, mentre gli under 35 sono scesi dal 48,3% al 40,7% , lasciando la fascia compresa fra 35 e 44 anni sempre intorno al 30%. Ciò detto, l‟utenza maschile si caratterizza per una maggiore presenza di giovani sotto i 25 anni, laddove all‟interno di quella femminile è superiore il peso di tutte le coorti over 35. Nello stesso periodo è invece via via cresciuto il peso dei lavoratori stranieri che nell‟ultimo anno costituiscono circa un terzo dell‟utenza complessiva, con una prevalenza di immigrati provenienti dall‟Europa orientale (Romania, Albania e Ucraina). Considerando congiuntamente il genere, l‟età e la cittadinanza degli utenti il profilo più ricorrente è formato da donne, italiane con età compresa fra 30 e 44 anni, che rappresentano il 18,5% del totale. La maggioranza di coloro che hanno fatto ricorso al CPI nel 2012 (55,4%) possiede una specializzazione formativa (laurea, diploma o qualifica professionale) sebbene i livelli di scolarità varino sensibilmente tra quanti hanno stipulato un patto. L‟utenza femminile continua ad essere nel complesso più istruita di quella maschile, con una percentuale di laureate che tra le donne (18,6%) è due volte quella degli uomini (9%). Si conferma anche la presenza di una correlazione inversa fra età e livello di istruzione, così come una maggiore incidenza di soggetti poco o per nulla scolarizzati tra i lavoratori stranieri. Anche nel 2012 la maggioranza delle persone (59,6%) che hanno siglato un patto è rimasta disoccupata in seguito al mancato rinnovo di un contratto a termine.

Per quanto concerne il settore di appartenenza praticamente nove utenti su dieci provengono da un‟azienda del terziario ed in modo particolare da alberghi, ristoranti e pubblici esercizi dove hanno lavorato oltre il 40% di essi. La spiccata vocazione turistica dell‟economia riminese si evince anche dalla mansione ricoperta prima del patto, come dimostra la notevole presenza delle professioni qualificate dei servizi (45,4%), seguite a distanza dai profili generici (22,7%) e da quelli tecnico-impiegatizi (17,1%). Sotto questo profilo il genere e la nazionalità si confermano fattori significativi di segmentazione professionale. Da un lato, infatti, all‟interno della componente femminile è maggiore il peso delle mansioni qualificate nei servizi e delle figure impiegatizie; mentre tra gli uomini risulta superiore l‟incidenza del lavoro manuale più o meno qualificato. Dall‟altro, la quota di lavoratori generici tra gli immigrati stranieri è circa due volte e mezzo quella degli italiani, laddove tra questi ultimi sono decisamente più presenti tecnici, impiegati e professioni intellettuali. Esiste, infine, una relazione fra il titolo di studio e l‟ultima mansione ricoperta prima del patto, dal momento che al crescere del primo aumentano le probabilità di aver svolto un ruolo maggiormente qualificato. Tuttavia, non mancano gli esempi di sotto-inquadramento professionale vale a dire di situazioni in cui i lavoratori siano assunti con profili inadeguati rispetto al percorso formativo. Sono oltre duemila i soggetti interessati da questo fenomeno e la loro incidenza sul totale (13,8%) è cresciuta nel 2012 rispetto all’anno precedente.

Le criticità presenti nel mercato del lavoro provinciale si ripercuotono sulle opportunità di reimpiego nel breve periodo di coloro che hanno siglato un patto. L‟incidenza di quanti risultano professionalmente attivi a sei mesi dalla stipula si attesta nel 2012 al 36,3%, che rappresenta un valore di quasi cinque punti inferiore a quello del 2011. Se la crisi economica ha ridotto la domanda di manodopera ormai in tutti i comparti produttivi, la percentuale di occupati varia significativamente tra i diversi segmenti di utenza. Essa sale in modo progressivo al crescere del titolo di studio, mentre sono le generazioni con meno esperienze professionali (under 25) e quelle in età avanzata (over 45) ad incontrare maggiori difficoltà di impiego e ciò vale soprattutto per gli ultra 50enni, al cui interno la percentuale dei senza lavoro supera il 70%. Infine, tra quanti hanno siglato un patto nel 2012 coloro che provengono dalle attività terziarie ed in modo particolare da quelle ricettivo-ristorative presentano percentuali di reinserimento più elevate.

“I dati presentati– spiega, Meris Soldati, assessore alle politiche del lavoro della Provincia di Rimini – necessitano una breve analisi. Innanzitutto è doveroso sottolineare come i numeri che oggi raccogliamo sono il frutto di cinque anni di crisi strutturale; la speranza è che i timidi segnali di ripresa che, a tratti, iniziano ad arrivare, diventino strutturali, rendendo possibile l’uscita dalla fase acuta della crisi. Dal punto di vista locale le Amministrazioni hanno investito tanto in questi anni per formare e riconvertire a livello occupazionale buona parte dei lavoratori fuoriusciti dal mercato del lavoro. Sono servizi utili che puntiamo a mantenere ma, da soli, non possono bastare. In questo può aiutare tantissimo un adeguato sistema di riforme a livello nazionale, penso in particolare al patto di stabilità e alle novità che, sembra, possano derivare dal decreto “sblocca Italia” che Renzi ha inserito come priorità per i prossimi mesi di governo. Non possiamo rassegnarci alla crudezza di questi numeri ma lavorare insieme a tutta la classe dirigente del territorio per trasformare quei piccoli segnali di ripresa in una crescita finalmente costante e strutturale”.