Potenza, una banca regionale con royalties petrolifere

“Le modalità di utilizzo delle royalties del petrolio previste dai documenti di contabilità pubblica proposti non convincono: nulla di nuovo rispetto alla gestione di queste risorse fatta dalle gestioni precedenti e che non hanno prodotto alcun risultato positivo in termini di sviluppo dell’economia lucana, come conferma l’analisi dei principali indicatori macroeconomici. Anzi, non vanno sottovalutati i rilievi della Corte dei Conti secondo la quale oltre un miliardo di euro di royalties non hanno prodotto sviluppo ed occupazione”. E’ quanto ha sostenuto il capogruppo di Forza italia, Michele Napoli, nell’intervento in occasione del dibattito in Consiglio sulla manovra finanziaria regionale. “La nostra proposta in tema di utilizzo delle royalties petrolifere – ha aggiunto – va in una direzione diametralmente opposta: utilizzare le risorse per creare una banca regionale che garantisca investimenti in settori fondamentali per lo sviluppo regionale quali infrastrutture, ricerca, innovazione, export e ambiente. Una banca che deve promuovere, attraverso i finanziamenti, le attività delle imprese rivolte ai settori produttivi. In sintesi, queste attività sono finanziate dalla regione, attraverso la banca, senza tuttavia comparire nel bilancio regionale ( l’espediente è necessario al fine di eludere i vincoli del patto di stabilità) dal momento che formalmente sono garantite da un nuovo soggetto di diritto, che opererà sul mercato alla stregua degli altri operatori privati e quindi delle altre banche, potendo incrementare il proprio capitale sociale attraverso normali operazioni di emissione di azioni ed obbligazioni da collocare appunto sul mercato. Sostanzialmente – precisa Napoli – una proposta di matrice keynesiana, mossa da un approccio pragmatico alla questione del sottosviluppo regionale e che muove da un assunto difficilmente contestabile: l’austerità va praticata nelle fasi di espansione non in quelle di crisi; quando scarseggiano i capitali privati di rischio, quando le banche erogano credito in maniera sempre più razionata, quando i consumi sono in costante discesa e con essi i valori della produzione di beni e servizi, quando aumenta il clima di sfiducia delle famiglie e delle imprese, l’unico modo per ridare slancio all’economia è un forte intervento pubblico in economia, fino al momento in cui il settore privato non sarà nuovamente in grado di rilanciare l’economia”. Napoli ha, quindi, contestato la misura contenuta nella legge di stabilità regionale di tassare la classe media (quella con redditi, parliamo di lordo, compresi tra 55mila e 75mila euro). “Essa – ha detto – è senza dubbio figlia di una impostazione ideologica a nostro avviso profondamente sbagliata: l’idea cioè che lo sviluppo economico discenda necessariamente da un processo di ridistribuzione della ricchezza. E’ sbagliata perché in quella fascia di reddito non si deve vedere un contenitore di ricchezza, ma uno strumento in grado di alimentare i consumi. Noi proponiamo, per raggiungere lo stesso scopo, cioè eludere i vincoli del patto di stabilità, di costituire una banca regionale di garanzia per investimenti, il cui capitale sociale sia costituito dalle risorse derivanti dalle royalties. E’ questo un modo concreto per svincolare quelle risorse dai limiti imposti dal patto”. “Insisto sul punto – ha ribaditi Napoli – perché questo Governo regionale ha una opportunità: quella di far prevalere la bontà delle idee sulla forza politica che le sostiene, operando le scelte che devono essere effettuate in materia di politica economica o industriale non sulla base di ideologie precostituite, ma sulla base della oggettiva valutazione degli effetti, dei costi, dei benefici che le possibili alternative comportano. Ad esempio, si prevede l’istituzione di un Fondo per l’Occupazione con cui attribuire un contributo di 10000 euro alle imprese che assumono o intendono assumere lavoratori con contratto subordinato. Ma – ha concluso – la realtà è che le imprese assumono quando c’è lavoro da svolgere non perché ci sono gli incentivi. Con ciò si vuole dire che non c’è lavoro se non c’è produzione, e non c’è produzione se non c’è consumo, in una logica di normale incontro tra domanda e offerta di beni e servizi e quindi preoccuparsi della disoccupazione senza porre al centro dell’azione politica l’impresa, quale soggetto primario di produzione di ricchezza per l’individuo e per la società, significa curare i sintomi del male ma non le cause dello stesso”.