Rombiolo, la comunità ha festeggiato il secolo di vita di Maria Concetta Contartese

VV ROMBIOLO Festa centenariaGuardava con gli occhi increduli, carichi di emozione e di sorpresa, come se vedesse, negli sguardi che la circondavano, il film della sua vita. E chissà cosa ha provato quando ha visto scorrere le immagini che hanno raccontato la storia della sua famiglia! Si è concessa come una persona importante per le foto di rito, e a chi andava a baciarla ed abbracciarla, lungimirante, elargiva la sua lucida saggezza, non per emettere sentenze, ma solo per consegnare la linfa che nutre sia l’anima che il corpo. L’umile esistenza di Maria Concetta, dedita al duro lavoro, alla famiglia, a lottare per la libertà dai bisogni materiali e contro le ingiustizie, in un piccolo mondo come quello di Moladi, e animata da una robusta forza morale e umana, è assurta a nume tutelare della memoria della famiglia e dell’intera comunità. A segnare questo lungo viaggio, la sua storia interiore, quella che si misura con i valori, con i sentimenti, con l’altruismo, con gli ideali che hanno contrassegnato, fino allo scoccare del suo primo secolo, i suoi giorni. La sua vera storia è emersa nelle parole dei figli, che hanno stretto un legame indissolubile e profondo con la loro madre, uscendo dalla consumata retorica e trita ritualità cerimoniale. Tanta commozione, una moltitudine di pensieri ed emozioni hanno attraversato la sala dell’oratorio e le corde intime dei sentimenti hanno vibrato nel racconto intenso, che ogni espressione riusciva a far proliferare come una fonte segreta che sgorga dal cuore. Perché la sua esperienza ha un valore sacro che nessun’altra parola può descrivere e raccontare se non chi ha potuto trascorrere e vivere con lei, come i sei figli, Michele, Francesca, Armando, Rosario, Domenico e Caterina e i suoi tanti nipoti. Chi potrà restituire la gioia, la felicità, il dolore, i sacrifici, la sofferenza, di un secolo di vita! Chi potrà rievocare i momenti che hanno tracciato questo lungo tragitto che unisce il Novecento al terzo millennio, scaturito dalla vigilia di quella che sarebbe stata una immane tragedia, la Grande guerra… A 12 anni, nel 1926, perde il padre Rosario e con gli altri due fratelli, Domenico e Francesco, vive la disperazione di non saper come andare avanti per sopravvivere. Ancora bambina è costretta a portare sulle spalle un peso di 50 chili, per aiutare la madre, Barletta Caterina (che si spegne nel 1967 all’età di 79 anni) per due lire al giorno. Come raccontare il duro lavoro e l’energia morale che si è generata nella sua esile esistenza, e poi per sostenere e portare avanti la famiglia insieme al suo compagno e marito Nicola, scomparso quattro anni fa, a 96 anni (sposi nel 1936) e con cui ha condiviso gioie e dolori per 73 anni. Ma tutto questo appartiene al passato per Maria Concetta. Lei è protesa al futuro, non a raccontare le sue sofferenze, le sue ferite e il suo incommensurabile impegno nel costruire il bene della sua famiglia e della comunità, ma a partorire l’eredità conservata e distillata nella sua prodigiosa memoria che sa rievocare le storie e i miti popolari, i canti che hanno percorso la sua giovinezza, le sue lotte contadine, sociali e politiche. E il suo spirito rivoluzionario e partigiano è ancora integro di fronte al tradimento dei valori, a chi calpesta la democrazia che è costata tanto sangue, a chi oltraggia le istituzioni. In lei emerge l’indomabile passione, fatta di semplicità e umiltà, che vive e resiste in chi si dona agli altri per amore. Ed è questo il segreto che l’ha fatta vivere dal’8 aprile del 1914 fino ad oggi. Con lo sguardo estatico e forse estasiato nel vedere i suoi figli, i suoi nipoti e tanti compaesani, con accanto il sindaco dell’amministrazione comunale di Rombiolo, Giuseppe Navarra e i parroci don Antonio Pagnotta e don Raffaele Arena (comunità di Moladi e Rombiolo), osservava attenta e ascoltava il coro di voci di tutta quella gente che si erano incontrati per i suoi cento anni (sabato scorso). La storia presente negli archivi e poi tradotta nei libri è incapace di comprendere il valore di donne come Marie Concetta, vissute come “presenze-assenze” che però cementificano la famiglia e le comunità. Vere protagoniste silenti, che a passo lento hanno scolpito il tempo con la loro umiltà e umanità, l’abnegazione e il coraggio di vivere il loro destino fino in fondo, senza clamore, come il sangue che fluisce invisibile, finché non fuoriesce per una ferita. Solo l’arte e la letteratura possono dare voce a questa ferita, partorire la verità umana che sgorga senza alcuna manipolazione, né genetica né mediatica. In questa era dove tutto è demandato alla virtualità della comunicazione e delle relazioni, la vita si nasconde nelle tante maschere che si indossano per recitare una parte già decisa e assegnata I cento anni impressi nello sguardo di Maria Concetta rappresentano la vera storia, il vero tempo, la bellezza che ancora sopravvive e resiste nelle piccole e sconosciute contrade di questi micro-cosmi periferici che sanno trasmettere l’anima che scorre negli occhi ingenui e carichi di esperienza umana. E la verità – lo ha intuito Einstein – è ciò che resiste alla prova dell’esperienza.