Gioia Tauro, i Napoli tentarono di bruciare il corpo di Fabrizio Pioli

“La causa della morte di Pioli è identificabile in un severo trauma cranio encefalo”. E’ quanto emerge dalla relazione medico-legale sull’omicidio del giovane elettrauto di Gioia Tauro Fabrizio Pioli, scomparso il 23 febbraio del 2012 e il cui cadavere è stato ritrovato un anno dopo a seguito delle rivelazioni di Antonio Napoli che ha confessato il delitto.

Le circostanze della morte del reggino sono state riportate dal consulente tecnico Giulio di Mizio, nominato dalla Corte d’Assise del Tribunale di Palmi. La morte di Pioli sarebbe stata provocata da almeno 7/9 colpi di corpi contundenti nella regione del cranio tale da comportare “un fracasso facciale”. E’ emersa anche una “violenta sollecitazione del collo” frutto probabilmente di una presa da parte degli aggressori o aggressore.

Sempre nelle conclusioni del perito si evince pure che si tentò di bruciare lo stesso Fabrizio Pioli. “L’attività chimico-forense ha permesso di determinare che sul Pioli fu posto in essere un tentativo di combustione, riuscito solo parzialmente. Si ha pertanto la certezza scientifica che alcuni indumenti indossati dal Pioli fossero stati oggetto dell’azione di una fiamma”. Le lesioni riscontrate, a giudizio di Di Mizio “sono compatibili con l’azione di un mezzo fisico cilindrico, cavo all’interno, che presenti un arco di curvatura; e con un mezzo contundente, a superficie più ampia del precedente, dotato di peso ragguardevole, in grado di produrre una frattura avvallata”.

Non sono state riscontrate ferite provocate da proiettili. “Non sono state oggettivate lesioni traumatiche riconducibili a traumi balistici”. Non sono state usate neanche sostanze dopanti.

Sono elementi emersi in avvio del processo con una lunghissima udienza davanti alla Corte d’Assise. La famiglia Napoli, tutta sott’accusa, è difesa dagli avvocati Angelo Sorace e Marcella Belcastro; mentre la famiglia Pioli dai legali Annamaria Domanico, Carlo Monaco ed Ernesto D’Ippolito. Fabrizio Pioli pagò con la vita la relazione con una donna sposata, Simona, figlia di Antonio Napoli.