Marò, l’inciucio indiano continua

Il 3 novembre 2012 ho pubblicato una modesta analisi con la quale evidenziavo come l’India stava portando avanti nei confronti dell’Italia un imbroglio mascherato da sofismi giuridici. Delhi continuava, infatti, a trattenere in ostaggio i nostri due Fucilieri di Marina, catturati con un sotterfugio disattendendo il Diritto del Mare e le Convenzioni Internazionali sulla navigazione.

Un Imbroglio durato tredici mesi e che oggi si manifesta in maniera assolutamente chiara mettendo in luce l’arroganza di una Nazione ancora lontana dai modelli delle democrazie più evolute, caratterizzata ancora da una società in cui impera il modello della casta. Un modello fondato su gruppi sociali strutturati in una gerarchia rigida e dove un individuo che per nascita appartiene ad una determinata casta è impossibilitato ad entrare a far parte di un rango diverso, in particolare se più elevato. Uno Stato ancora vincolato da regole settarie e religiose, uscito solo nel 1947 dall’imperialismo coloniale.

Oggi New Delhi è ai ferri corti dopo la decisione italiana di non fa rientrare i maro’ in India, e sposta la sua attenzione su Daniele Manici, l’Ambasciatore italiano che davanti alla Corte Suprema si era impegnato a far tornare i militari nel Paese perché affrontassero il giudizio di un Tribunale Speciale Indiano sugli eventi che avevano determinato la morte di due pescatori.

I giudici indiani, disattendendo anche in questo caso i contenuti del Diritto Internazionale Consuetudinario, della Convenzione dell’AIA sull’immunità diplomatica ed oltraggiando le ratifiche del Governo Centrale di queste norme fra Stati, hanno ordinato al diplomatico di non lasciare il Paese e di presentarsi lunedì prossimo di fronte ad un Tribunale locale per fornire spiegazioni sul perché Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non rientreranno in India il 22 marzo p.v. . Una convocazione che avvalora la malafede nel gestire il problema in quanto Delhi dimentica o fa finta di dimenticare che la decisione di trattenere in Italia i due Fucilieri di Marina non è del rappresentante diplomatico ma del Governo italiano.

Un’ingiunzione che in prima approssimazione potrebbe essere giudicata come una scarsa conoscenza delle norme internazionali da parte dei Giudici indiani, ma che invece dimostra una palese ipocrisia nel voler continuare a gestire un problema che non è di competenza indiana per la posizione della Enrica Lexie quando gli eventi si sono verificati e per il “diritto di immunità” dovuto ai due militari in quanto, al momento dei fatti, erano incaricati di garantire gli interessi nazionali.

La Corte Suprema indiana non può vincolare la libertà di movimento di un Ambasciatore straniero né tantomeno portarlo di fronte ad un Tribunale giudicante. Un’ordinanza illegittima in quanto in assoluto contrasto con l’articolo 29 della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche così come previsto dal Diritto Internazionale consuetudinario.

Un portavoce del Ministero degli Esteri indiano, tale Syed Akbaruddin, non riconosce invece questi vincoli, affermando che nel momento che un diplomatico si sottomette volontariamente alla giurisdizione di una Corte di Giustizia, questa ha tutto il diritto di applicare i suoi poteri giudicanti.

In questo contesto e forse prudenzialmente il Governo indiano ha anche deciso di rinviare l’insediamento del nuovo ambasciatore a Roma, Basant Kumar Gupta, che sarebbe dovuto arrivare in Italia il 16 marzo. Delhi ha anche chiesto all’Ambasciatore della Ue in India di farsi promotore di un’azione dell’Unione nei confronti dell’Italia per risolvere il caso.

A questo punto l’inciucio indiano è evidente e si manifesta in maniera dirompente. Un gioco delle tre carte assolutamente offensivo per la dignità della sovranità italiana e di tutto il contesto internazionale che vede messe in discussione norme e convenzioni in vigore da oltre 50 anni. Un tentativo di coinvolgere anche l’Unione Europea rimasta alla finestra in questi tredici mesi durante i quali in varie occasioni la baronessa Asthon, titolare della politica estera dell’Unione, ha più volte espresso la volontà di non interferire nei rapporti fra Stati Sovrani ed ha confermato questa volontà con una risposta scritta ad una lettera inviata da cittadini italiani “Non sarebbe corretto per l’UE intervenire in una questione che è posta dinanzi alle competenti istanze giudiziarie di uno Stato Straniero”. Si auspica che non lo faccia ora su richiesta di una antica Colonia !

Staremo a vedere, si spera solo che l’Italia almeno questa volta continui per la strada tracciata ed inizi ad applicare il “diritto di reciprocità”.