Estate in Calabria, Belcastro la ricca terra normanna dei D’Aquino

 Nel cuore della Sila Piccola catanzarese, adagiata sulle falde sud-orientali, si trova l’antica Belcastro che alcuni la vogliono derivata da “Bellicastrum” per l’edificazione di un accampamento di guerra ed altri da “Geneocastrum” per la presenza di un luogo sacro dedicato a Castore e Polluce. Il toponimo “Belcastro” fu assunto attorno al 1331, quando come scrive M. Pellicano Castagna in “Storia dei Feudi e dei Titoli nobiliari della Calabria” (Ed. C.B.C., Catanzaro 1997), “l’antica baronia di Genitocastro fu elevata a contea per i D’Aquino. Dalla contea dipendevano anche i casali di Andali, Cerva e Cuturella”. Fu feudo normanno e come i tantissimi feudi calabresi anche Belcastro passò di mano in mano alle numerose famiglie di Calabria ed oltre. Ovviamente questa alternanza di possessi comportò in positivo anche l’avvicendarsi di culture rese visibili nell’arte sacra ed in quella strategico-militare. Tutto o in parte è ancora ben evidente come più avanti si vedrà. Dai conti normanni dei Falluc, il nostro centro presilano passò ai D’Aquino, potente e nobile famiglia che lasciò un buon segno, quale l’antico castello normanno da loro potenziato ed ampliato oltre ad un imponente palazzo. Ma i D’Aquino di Belcastro hanno anche lasciato una tradizione ormai consolidata ma non rispondente, almeno finora, alla verità. Si dice, infatti, che qui e proprio nel castello, sia nato il santo filosofo Tommaso D’Aquino ed i suoi natali, comunque, sono contesi anche da altri centri come Equino e Roccasecca. Nel lungo itinerario feudale, Belcastro, dopo i D’Aquino, ebbe possessori i Sanseverino, i De Andreis, i Ruffo, l’intraprendente Centelles, i d’Aragona, Giangiacomo Trivulzio, gli spagnoli D’Avaloso ed infine i Sersale. Passeggiando tra le antiche strabelle del paese s’incontra il Castello, detto anche la Rocca, del quale oggi restano pochi ruderi della torre, la “Mastra”, alcune torrette cilindriche dei secc. XIII e XV, la Cappella e la torre di san Nicola. Di questo periodo è ancora visibile la torre del Crocchio alla marina. Nei pressi del castello vi è l’antica cattedrale di san Michele. È bene ricordare che Belcastro è stata per molto tempo sede vescovile suffraganea (assieme ai vescovadi di Isola, Cerenzia, Strongoli ed Umbriatico) della Metropolia di Santa Severina e soppressa nel 1818. La  fondazione della cattedrale, oggi parrocchia arcipretale, la cui datazione resta incerta, è stata volontà di un tal Angelo Carbone patrizio del luogo, senza prole, che volle – scrive G. Fiore in “Della Calabria Illustrata”- “de suo istituire eredi il cielo con la fondazione di una sede vescovile…”. Come detto, la data della sua fondazione è incerta, ma probabilmente il suop primo vescovo, un certo Policretus, figura tra i vescovi presenti alla consacrazione del Duomo di Catanzaro, officiata da Callisto II nel 1122. Per gli anni successivi vi è buio nell’alternanza vescovile fino al 1222 quando vi compare un tal Bernardo presente alla consacrazione del Duomo di Cosenza e da quest’ultimo comincia la cronotassi vescovile fino alla soppressione dopo l’occupazione francese del primo decennio dell’800. Secondo la tradizione, come detto sopra, in questa cattedrale sembra essere stato battezzato san Tommaso e ciò viene confermato da una pergamena in cui risulta che il notaio della Curia registrava l’avvenuto battesimo di san Tommaso per delega del papa Onorio III (1216-1227), al vescovo di Belcastro. Architettonicamente la cattedrale belcastrese ostenta una prospettiva dei secc. XV-XVI pur con i rifacimenti successivi e comunque tutta la struttura si richiama al romanico. Nella facciata a timpano cuspidato si aprono tre portali tufacei e alla sinistra si impone la torre campanaria, in forma quadrata, terminante in alto con poligono e avanzo di coronamento. L’interno è a forma basilicale con tre navati e absidi. Nell’abside centrale vi è collocato lo stemma vescovile di Mons. Orazio Schipani (1591-1595). Le decorazioni, qua e là, sono di ispirazione barocca e si evidenziano: il pavimento tutto lapidi tombali; il fonte battesimale in pietra tufacea del sec. XVI; l’altare marmoreo del Sacramento del sec. XVIII. Ancora sono notevoli dal punto di vista artistico: una tavola della Madonna col Bambino di fattura bizantina del sec. XV e l’ostensorio argenteo della seconda metà del sec. XVIII. Avanzando, poi, verso la periferia si incontra quel che resta della Torre campanaria della chiesa della Madonna delle Grazie annessa al Convento dei Domenicani, fondato nel 1451 fuori le mura e nel 1491 trasferito più vicino al centro e, dopo il terremoto del 1783, soppresso dall’eversione napoleonica nel 1806. Ancora Belcastro offre la visione di un antico ed imponente palazzo ed altre chiese. Belcastro è di sicuro un luogo ricco di immagini vive di un passato glorioso e però rabbuiato da un presente povero e abbandonato da uomini e programmi.