La crisi con effetti drammatici sulla società

L’andamento del mercato economico mondiale ha inciso fortemente sulla società odierna in maniera devastante. Il meccanismo illusorio dei  complicati numeri borsistici, a favore esclusivamente delle multinazionali e di un mondo sempre più capitalistico, ha sostanzialmente provocato un terremoto dalle proporzioni gigantesche colpendo principalmente la faglia più fragile del sistema produttivo, fino a lambire l’intero mondo della precarietà,espressioni di una società civile sempre più evoluta, modernizzata, complessa. La crisi ha inevitabilmente colpito piccole e medie imprese, senza distinzione alcuna, le quali, strozzate dall’aumento delle aliquote e dal detassamento da parte di enti governativi, aggravate successivamente, come atto finale, dalle esigenti moratorie delle  agenzie delle entrate, definiti “usurai legalizzati”, hanno affossato l’intero sistema economico. E questo, senza tener conto della  contorta macchina burocratica, che a sua volta si è fatta garante di un sistema belligerante, cagionando, senza remissioni, ulteriori danni ad una produttività ormai al lastrico. Ai primi contraccolpi, le aziende hanno dovuto ridurre drasticamente i salari, passando inevitabilmente per i licenziamenti coatti e di conseguenza, le altre… minori, deterrenti delle fasce più deboli, sono state costrette a chiudere dietro forzosi fallimenti. Le costrizioni che la crisi ed il  suo sistema ha comportato di riflesso lo si è visto soprattutto  nel  declassamento dell’intera fascia bancaria, dove la fuga dei grandi capitali all’estero ha formalizzato senza ombra di dubbio il crollo di una finanza sempre più risicata, con  effetto immediato per l’intero sistema produttivo. I primi scossoni si sono registrati nel mancato rientro dei crediti da parte delle imprese, medie e piccole, senza tener conto degli interessi da capogiro che rigidamente gli istituti hanno sistematicamente inquadrato.

Politologi ed illustri economisti, negli anni passati, più volte si erano prodigati ad allarmare sistematicamente l’intero mondo politico-sociale, evidenziando in maniera ineccepibile quello che si sarebbe verificato se i poteri forti anziché frenare lo sperpero di denaro pubblico, attuato in maniera disastrosa dagli enti preposti, avesse continuato la sua marcia su quella rotta incontrollabile. Non è più possibile, ascoltare ancora oggi, nelle diverse trasmissioni di puro stampo politico, opinionisti di indubbia capacità intellettiva, dare sempre più la colpa ai soliti Berlusconi e D’Alema per citarne qualcuno, non che siano dei santi… ma il reale problema dello sfascio sociale è da individuare molto più a monte.

Negli anni settanta, il sistema politico progressista italiano, guidato allora da grandi giuristi, attuava un sistema retributivo senza precedenti, auspicabile senz’altro per il futuro, ma con molti punti dubbi sul rientro dei grandi capitali. Erano gli anni del grande boom economico e tutto rientrava nel mega progetto di sviluppo e crescita dal dopoguerra, senza difficoltà, si poteva accedere come impiegato o altro, nei vari enti statali, naturalmente dopo aver espletato un concorso, il più delle volte, a discrezione del politico di turno e a fine carriera si usufruiva di una vantaggiosa retribuzione Inps e buona uscita dorata “ad honorem” per i lunghi anni “contributivi”. Per semplificare ancor di più la controversia questione, voglio citare i grandi finanziamenti che lo Stato iniziò a liquidare  per la  nascita delle numerose strutture amministrative e sanitarie, di vari livelli, apparse come funghi: comunità montane,camere del lavoro, ufficio delle imposte, delle entrate, delle uscite, previdenze, ospedali nuovi di zecca, distanti trenta o quaranta chilometri l’uno dall’altro, in una sola provincia, riempiti di addetti incompetenti, senza  arte nè parte. E ancora dicasteri e ministeri, con tanto di cerimonie solenni da parte di vescovi, cardinali e concistori. Dunque, uno sfascio di inaudito sperpero economico, che oggi, ci piomba addosso collassando l’intero sistema produttivo. Ecco, la realtà oggettiva della materia da cui si può trarre facilmente la giusta conclusione.

Intere trasmissioni, da Lerner, a Vespa,  tasselli policromi di una politica sempre più onirica, si sono prestati, incondizionatamente, a sostenere dei “numeri” di indubbia provenienza, mascherando sia il sistema politico di destra, sempre più cattolico liberale, sia quello di un centro sinistra… sempre più capitalistico, incentrando e suggestionando i milioni di spettatori in un’ottica sempre più preposta. Talk show, innescati al favoreggiamento dei grandi illusionisti delle vecchia e odierna politica. Tutti e nessuno escluso, venditori di fumo, servi di partito, uomini di indubbia integrità morale, eccentrici personaggi provenienti dai ghetti della borghesia proletaria,con ascendente democratico, che per un posto di primo ordine si sono prestati al massacro mediatico di una politica sempre più conservatrice. Malgrado tutto, bisogna ribadire con forza,  che alle prossime elezioni, saranno sempre loro a governare “i nostri voti” ma  di certo non potranno mai governare “noi” e le nostre idee.