La Casta che si oppone alla soppressione delle Province

Tre i requisiti minimi per la sopravvivenza delle Province, individuati già da tempo dall’esecutivo. Sono i 350 mila abitanti, i 50 comuni sul territorio, i 3 mila chilometri quadrati di estensione. In un primo momento si era detto che, per restare in vita, una Provincia dovesse avere almeno due requisiti su tre. In questo caso si passerebbe da 110 alla metà circa (54, l’ipotesi). Ora non si esclude un ulteriore giro di vite, che potrebbe concretizzarsi nell’obbligo di rispettare tutti e tre i requisiti. Sarebbero una sessantina, a quel punto, gli enti soppressi. Alle Province resterebbero comunque le competenze su strade e ambiente.

Salvati i capoluoghi di regione e trasformate le dieci principali Province in “città metropolitane”. E intanto, già nella prima versione del decreto, compare il divieto per questi enti di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato. “Non sono più sostenibili per lo Stato i costi molteplici delle strutture territoriali” spiega il vice ministro all’Economia, Vittorio Grilli. Ai presidenti il Ministro Patroni Griffi dice chiaramente che l’alternativa a una profonda cura dimagrante potrebbe essere quella cancellazione già prevista nei mesi scorsi e poi accantonata. “Tutta la spending review è una grande operazione di buon senso, stiamo cercando di introdurre nella cosa pubblica quel che ciascuno di noi farebbe a casa propria”, la filosofia del Ministro.

È stata la stessa Unione delle province ad avanzare proposte, a dirsi disponibile al criterio dei due requisiti su tre. “Ma siamo pronti a dare battaglia sugli ulteriori tagli finanziari previsti – avverte il presidente Upi, Giuseppe Castiglione – Nel 2012 già 915 milioni in meno e oggi si parla di ridurre il fondo di riequilibrio per le aree deboli di altri 500 milioni sul miliardo complessivo. Se sarà così, salteranno i servizi, salta tutto”. Ma a saltare per prima, nelle previsioni del Governo, sarà la metà delle attuali Province.