Crotone, la Città di Maria in cammino. Dal 1519 in pellegrinaggio con la Madonna verso Capo Colonna

“La Madonnadi Capo Colonna è veramente la madre di tutti voi crotonesi…Oggi vedendovi in tanti qui riuniti attorno alla vostra Madre, ho avuto l’impressione che Crotone fosse una grande famiglia perché vi sentite fratelli, tutti figli di Maria di Capo Colonna”. Con queste parole espresse dal Cardinale Antonio Innocenti, il 12 maggio 2000 anno giubilare, iniziava il grande pellegrinaggio della Vergine di Capo Colonna.

Con questo spirito ogni anno il popolo, tutto il popolo della provincia crotonese e della Chiesa di Crotone – Santa Severina , nel mese di maggio, si veste a festa per onorare la “sua” Mamma, la “sua” Patrona, la Madonna di Capo Colonna, perché, “in Maria è rappresentata l’intera umanità nella speranza e nell’attesa della vittoria, della glorificazione, della Pasqua eterna. In Lei contempliamo la speranza compiuta, la patria raggiunta, la meta ultima e beatificante della fede.”  E quest’anno è davvero un anno speciale, è l’anno settenario e il pellegrinaggio verso il promontorio Lacinio accompagnerà il “Quadro”, l’Effigie grande, quella originale donata (secondo la tradizione) da San Dionigi. La tradizione è bella per questo, perché è suggestiva, perché introduce aspetti leggendari in qualsiasi racconto della storia. Infatti la leggenda confonde il culto alla Madonna, antichissimo, alle origini della fede, con l’attuale Icona che, invece, è successiva. Infatti il nostro Quadro grande è di stile, di origine bizantina risalente al sec. X – XI donato da Luca di Melicuccà, (1035 – 1159  primo vescovo di Isola Capo Rizzuto omaggio di un pittore basiliano monaco del vicino cenobio  di Salica o pervenuto a Crotone direttamente dall’Oriente attraverso il mare. È il “cammino” di questa notte il momento sicuramente più suggestivo e coinvolgente di tutto il mese mariano crotonese. Una città intera, un popolo intero che si incammina fino all’alba della domenica fra le pietre della storia crotoniate e della Calabria, lungo la strada tortuosa e pregna di misteri, quella che porta al promontorio Lacinio, lo stesso che già i Greci vivevano come luogo di solenni celebrazioni per la loro Hera. E la suggestione del pellegrinaggio cristiano già inizia attorno alle 21 di sabato quando torme di giovani allegri e forse spensierati si avviano verso il Capo e da lì attenderanno non senza commozione l’alba e l’apparizione del Quadro che incornicia l’antica Icona bizantina della Madonna venuta dall’Oriente. A mezzanotte, poi, da via Veneto verso la Cattedralesi snoda, austero e coinvolgente insieme, il corteo della Congregazione dei Portantini, ben 130 uomini di ogni estrazione sociale che con fede si offrono a portare il peso dell’Icona. Attorno alla una, la notte crotonese si apre tra suoni di campane, fuochi pirotecnici e il sorriso un po’ assonnato di bambini; la commozione ed il pianto di fedeli sinceri si aprono senza remore davanti alla “nostra” Mamma che appare sul sagrato della Cattedrale per iniziare l’antico cammino verso la sua originaria dimora: la chiesetta dell’antico Capo delle Colonne dove fino al 1519 era venerata non solo dai Crotonesi. Il “cammino” di Maria si snoda tra le strade cittadine fino al Cimitero. Qui davvero si completa l’essere umano, l’essere terreno: il pianto si associa ai ricordi di quelli che furono, la morte diventa resurrezione, l’uomo torna ad essere uomo, quello vero, quello voluto da Dio. Dopo la breve e commossa sosta confortata dalle espressioni dense di significato del parroco della Cattedrale, la sacra Icona, rivolto lo sguardo al suo popolo, alla sua Crotone, riprende il cammino verso l’Irto e si avvia attraverso le tenebre della notte verso la luce del sole, quella di Dio. Con questo spirito e con queste sensazioni, la Madonna“negra ma bella”, lungo l’antico sentiero, non è sola, le è dietro un popolo, non solo crotonese, bisognoso dello sguardo divino per abbattere le tenebre della quotidianità, le incertezze del vivere umano. Questa del pellegrinaggio del popolo di Maria verso Capo Colonna è storia antica, già riportata dal Canonico Giovanni Cola Basoino nel 1598 che in suo scritto riferisce che la sacra Icona fino al 1519 era venerata in un sacello nella chiesetta di Capo Nao. E proprio in quell’anno durante una delle tantissime scorrerie verso le coste calabresi, i Saraceni, come scrive lo stesso Basoino: “ vista la meravigliosa bellezza di Lei, domandarono a certi schiavi cristiani che figura era quella, i quali avendo loro narrato che quella era l’immagine della Regina de’ Cieli Madre di Cristo salvatore e Signora di tutto, vennero in tanta rabbia e furore che…quella presero e portarono con gran tumulto…per bruciarla. Ed acceso un grandissimo fuoco… detta gloriosissima Immagine non si bruggiò né la poterono in alcun modo offendere, ma restò intatta immacolata e bella così come pria era…il che avendo l’infedele Turco visto e riconosciuto che non poteva bruciarla si risolse seco portarsela…e per volontà divina la galea dove non era l’immagine andava innanzi a vela piena e l’altra che la ritenea di sopra non poteva né a vela né a remi spingersi in modo veruno  e partirsi da detto luogo…Ed avendo tardato per più di un’ora e vedendo che non poteano spingersi né passare oltre, riconoscendo che era perché avevano sopra detta santa Immagine, quella sbalzarono a mare e la detta galea se n’andò come l’altra.” Così la sacra Icona, dopo qualche giorno fu ritrovata da un tal Agazio Morello sulla spiaggia all’altezza dell’Irto, “verso li Canalicchi” e se la portò, nascondendosela dentro una cassa, a casa a Crotone. Successivamente il Morello, in seguito a grave malattia, confessò ad un francescano dell’Ordine dei Minimi il suo segreto e quindi la tela bruciacchiata della Madonna fu portata nel Convento di Gesù e Maria appunto dei Minimi di San Francesco di Paola nella via Acquabona fuori le mura. Insomma la Vergine di Capo Colonna è venuta a Crotone via mare e per questo iniziò la pratica di portare l’Icona al promontorio tutte le volte che la Città aveva bisogno di ottenere grazie. Così a novembre dello stesso 1519, dopo grave siccità, il vescovo Antonio Lucifero volle portare la Madonna alla sua originaria sede. “la notte istessa si ebbe la grazia della pioggia…per tre notti…per il che sempre si aumentava a tutti la devozione, così anco crescevano tuttavia i miracoli di essa.” Lo stesso è accaduto nel dicembre del 1583 col vescovo Giuseppe Faraone e tante volte ancora negli anni a seguire, e non si sa, però, quando sia finita questa consuetudine. Già nell’anno del terribile terremoto che sconvolse la Calabria, l’8 marzo 1832, Crotone è ancora una volta prostrata davanti alla sua Mamma in cattedrale e si porta in cammino verso il sentiero contorto che conduce al pianoro di Capo Nao. Il cammino di Maria attraverso il suo mare non è mai cessato. Leggiamo da Mons. De Mayda, nel 1902, che: “benché fossero moltissimi i pellegrinaggi particolari, se ne fanno due pubblici e solenni, i quali manifestano il comune sentimento dei Crotonesi. La festa annuale…si celebrava a Capo Colonna, se ne volle conservare la memoria, facendo là la chiusa. Ecco il pellegrinaggio nell’Ottava. Si va ogni anno nella terza Domenica di maggio con il gonfalone tradizionale, un quadro della Madonna antico, alquanto prezioso, ma in piccole dimensioni sospeso ad una Croce d’argento, detto volgarmente il Quadricello…l’altro pellegrinaggio più solenne, imponente ha luogo ogni sette anni con la prodigiosa Immagine e vi accorrono i popoli vicini” fino al Cimitero e poi lungo la spiaggia fino all’Irto piccolo e quindi con grosse funi la Madonna viene tirata sulla falesia scoscesa dai Portuali i Portantini di oggi.. Così fino al 1948, anno in cui fu costruita l’attuale strada per il promontorio. E poi il popolo davvero numeroso e partecipante, la domenica sera accompagna la Vergine verso il ritorno alla casa di Crotone. È un ritorno ancora a piedi, con l’Icona trainata dai buoi del Pollino, secondo un’antica consuetudine, fino al piazzale degli Ultras sul Lungomare Gramsci dove il tripudio dei fedeli solennizza l’arrivo dell’antica Mamma. Il resto è storia di sempre, storia dei nostri giorni e l’emozione, la fede e l’amore nei confronti della Vergine “negra ma bella” del popolo di Crotone resta inalterato, perché,  “ogni crotonese – scriveva Mons. Giuseppe Agostino amatissimo nostro Pastore per un quarto di secolo – sentendo la sua appartenenza  a questa città gloriosa e provata, nel suo cuore, ne sono certo, esperimenta la sua identità, alimenta la sua speranza, racconta la sua vita riferendosi vitalmente alla Madonna di Capocolonna. La festa è, per questo nobile popolo, un appuntamento atteso e determinante. Dalla festa mariana Crotone si ritrova calamitata, in essa convocata, per essa messa in cammino. Ed ogni festa è come il segnale ritmico della sua storia”. E, come disse il compianto Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro in visita a Capo Colonna nel maggio del 2005, questa è una festa che serve per “ricordarci sempre che siamo figli di questa Mamma”.