WWF Fvg fa i conti con la corrente

L’intervento di Wwf Friuli Venezia Giulia su costi elettricità “Gira da tempo la leggenda metropolitana secondo cui i costi elevati dell’elettricità in Italia – penalizzanti per le nostre industrie – sarebbero da imputare da un lato al peso degli incentivi per il fotovoltaico e le biomasse, dall’altro alle centrali termoelettriche a ciclo combinato a gas, per il costo elevato del combustibile. Costo che, secondo la leggenda, si potrebbe ridurre notevolmente realizzando dei rigassificatori. Un’attenta valutazione della realtà mostra invece un quadro alquanto diverso. I dati Eurostat indicano, ad esempio, che il costo del gas per le industrie è pari in Italia (tasse escluse) a 8,24 Euro per GJ (Gigajoule), contro una media dell’Unione Europea di 8,84 Euro/GJ. Quanto alla riduzione dei prezzi che si avrebbe costruendo altri rigassificatori, oltre ai due già in funzione in Italia, giova confrontarsi con i Paesi Europei nostri concorrenti che dispongono di tali impianti.La Francia ha tre rigassificatori e lì il gas all’industria nel 2011 costava 9,86 Euro/GJ,la Spagna ne ha sei (e un altro sta per entrare in funzione) e il gas alle industrie iberiche costa 8,09 Euro/GJ. Per le famiglie i costi rispettivi nel 2011 erano: Italia 12,25 Euro/GJ, Francia 13,43, Spagna 12,62, media UE 11,96. L’effetto calmieratore di questi impianti appare quindi alquanto dubbio. Del resto, una delibera dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas garantisce ai gestori dei rigassificatori in Italia un introito pari al 71,5 per cento, di quello che avrebbero rigassificando al massimo della loro capacità, anche se l’impianto non dovesse funzionare per mancanza di gas(!). Eventualità tutt’altro che remota, poiché la capacità globale degli impianti di rigassificazione esistenti nel mondo è pari al doppio di quella degli impianti di liquefazione, dai quali i primi necessariamente dipendono per la fornitura del GNL. L’introito garantito ai gestori sarebbe a carico delle imprese di distribuzione del gas, che ovviamente si rivarrebbero caricando le bollette dei consumatori. Sicché.  Quanto alle centrali a ciclo combinato a gas, va ricordato che a Torviscosa (Ud) è in funzione una delle maggiori d’Italia (800 MW di potenza). Quando fu autorizzata, pochi anni fa, tutte le istituzioni la magnificarono come un passo decisivo verso l’autonomia energetica e lo sviluppo industriale della nostra Regione. Eppure era evidente che quell’impianto, come tanti altri in quegli anni, era figlio di logiche meramente speculative, essendo destinato a funzionare “a singhiozzo” per sfruttare il maggior prezzo di mercato dell’elettricità nei periodi di richiesta di punta. Utilizzando, per di più, grandi quantità d’acqua di falda per il raffreddamento, con un impatto negativo sul territorio, al quale in cambio è restituito ben poco. C’è anche chi – come alcuni esponenti della CISL FVG nei giorni scorsi –  arriva a proporre un piano di “riaccensione” delle centrali tradizionali in funzione anti-black out. Centrali che si riconosce, peraltro, essere obsolete: in realtà si tratta della sola centrale di Monfalcone. La quale dispone di due gruppi a carbone (336 MW complessivi), sfruttati al massimo, più due ad olio combustibile (640 MW), del tutto superati e fuori mercato visti i prezzi dei derivati del petrolio. Che senso ha chiederne la “riaccensione”? Forse che produrre elettricità bruciando petrolio contribuirebbe a ridurre i costi all’utenza?  Quanto al fotovoltaico, si omette di dire che a fronte dei 5,64 miliardi di Euro/anno, caricati sulle bollette per gli incentivi a questa fonte, stanno i circa 100 mila posti di lavoro creati, più oltre 1,8 miliardi di introiti per lo Stato e gli enti locali (tasse sugli utili delle aziende e sui lavoratori, IMU, ecc.) e da1,3 a 2 miliardi di Euro/anno come effetto calmieratore sui prezzi dell’elettricità nelle ore di punta. Il tutto, ovviamente, senza inquinare, né consumare acqua per il raffreddamento, e contribuendo a sviluppare un settore tecnologicamente avanzato, con grandi prospettive di crescita a medio termine.  Se è vero, quindi, che occorre un nuovo piano energetico regionale (ma anche uno nazionale!), questo dovrebbe – a differenza di quello del 2007 – puntare da un lato al sostegno intelligente alle fonti rinnovabili, applicando rigorosi criteri di compatibilità territoriale e ambientale, nonché il calcolo dell’EROEI (il bilancio tra l’energia ottenuta e quella spesa per la costruzione e gestione degli impianti) nell’autorizzazione dei progetti. Dall’altro promuovere le tecnologie per l’efficienza energetica che – lo indicava già il “Libro verde” dell’Unione Europea nel 2005 – sono anche le più redditizie. Il costo per produrre un kWh di elettricità è infatti circa il doppio di quello necessario per risparmiare lo stesso kWh. Inoltre gli investimenti nell’efficienza energetica creano da tre a quattro volte più posti di lavoro, rispetto a quelli creati con gli investimenti in centrali elettriche tradizionali”.