Domani la Chiesa ricorda Santa Caterina da Siena, compatrona d’Italia e d’Europa

Domani 29 aprile la Chiesa universale fa memoria di  Santa Caterina da Siena (1347 – 1380) la cui opera rimane un valore di estrema attualità per coloro che sono già impegnati o si candidano all’impegno dell’amministrazione della cosa pubblica. La Santa, Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e d’Europa, ha vissuto il suo breve arco di vita in una instancabile opera di pacificazione tra le varie città italiane e gli stati europei; continua ed essere un esempio e un richiamo per tanti che lottano contro i pregiudizi e la violenza; lottò ed ottenne la riforma e l’unità della Chiesa fino a riportare a Roma la sede papale resasi vacante a seguito della “cattività” di Avignone. La sua opera pacificatrice raggiunse sovrani europei quali Carlo V di Francia, Carlo Durazzo, Elisabetta d’Ungheria, Ludovico il Grande di Ungheria e di Polonia, Giovanna di Napoli. Forte di significato è stato il suo operarsi per riconciliare Forense col Papa. Come?  Mostrando, alla luce del “Cristo crocifisso e Maria dolce” che, “per una società ispirata ai valori cristiani, mai poteva darsi motivo di contesa tanto grave da far preferire il ricorso alla ragione delle armi piuttosto che alle armi della ragione” (Beato Raimondo da Capua). E  non solo ma, come ha scritto recentemente Graziella Idà in Famiglia Domenicana, “per la sua versatilità, può essere considerata, forse in modo profano ma efficace, una pioniera dell’emancipazione femminile, una donna valida che non aveva bisogno di ‘pari opportunità’ per far valere la sua parole e il suo operato”. Scrive P. Giovanni Calcara dell’Ordine dei Predicatori che “è significativo considerare che Caterina da Siena è una mistica, la cui forza interiore riesce a darle una instancabile attività apostolica, che ha influito in maniera condizionante nella sua epoca storica. Questo per ricordarci, come da più parti viene sottolineato, di come sia necessario fondare il sociale e il politico, non solo sulla Dottrina Sociale della Chiesa, ma sulla spiritualizzazione e l’interiorizzazione della vita personale di chi vuole porsi al servizio del Bene Comune. È la conversione del cuore la vera base, su cui innestare l’agire illuminato dalla morale, perché tutto sia posto al servizio dell’uomo e della sua crescita integrale”. Su queste basi, scrive Mons. Ciliberti, Arcivescovo Metropolita emerito di Catanzaro – Squillace, si “dovrebbero costituire le motivazioni di fondo che giustificano la scelta di candidarsi e ancor più i fini che dovrebbero animare ogni agire politico. Il primo principio di cui deve avere contezza chi desidera fare politica è che la persona umana è il fine e il fondamento di tutta la politica. Infatti, la dimensione umana scaturisce dalla natura sociale della persona, per la quale la vita sociale è una dimensione essenziale ed inalienabile”. Insomma, non è pensabile che, in questo marasma di crisi di valori, siano sufficienti dei piccoli aggiustamenti di qua o di là per recuperare anni ed anni di disfattismo ed impoverimento non solo materiale ma soprattutto morale ed etico. Chissà se basteranno alcuni consigli, “massime politiche”, che la Santa senese offre, ieri come oggi, a chi ne ha tanto bisogno nell’orientamento dell’impegno sociale? Sono “espressioni” sicuramente  confortate dallo Spirito Santo visto che Caterina è stata proclamata Dottore della Chiesa e quindi  tutta la sua  parola  non è pensiero politico nel senso ideologico, piuttosto, come il Vangelo, è parola di verità. Sono “massime politiche” tratte dalle sue Lettere e ci soffermeremo insieme su alcune di esse. La comunità, la “città”, non è affatto cosa privata, di chi l’amministra, essa è “città prestata”, o, come dice il nostro l’Arcivescovo emerito di Cosenza – Bisognano Mons. Giuseppe Agostino, “città di tutti, tutti per la città”. Perché, scrive Caterina (in Lettere 123), “colui che signoreggia sé, la possederà con timore santo, con amore ordinato e non disordinato; come prestata e non come cosa sua…altro rimedio non hanno gli uomini del mondo a volere conservare lo stato spirituale e temporale, se non di vivere virtuosamente…” L’uomo e nella fattispecie il politico deve possedere un “fondamento” tale da aiutarlo a sapersi orientare nella quotidianità, per cui “pensa che sempre a cercare il fondamento di dura maggiore fatica: fatto il fondamento, agevolmente si fa l’edificio….Ora tale è fatto solo nella carità di Dio e nel prossimo: tutti gli altri esercizi sono strumenti ed edifizi posti sopra a questo fondamento”. Ma, anche così, il “fondamento” non potrà essere durevole se non lo si coltiva, lo si restaura e lo si rafforza ogni giorno, tutta la vita. Insomma il politico sia educato al rispetto del prossimo, della cosa pubblica, del bene comune, sempre e non si lasci prendere dalle tentazioni, altrimenti che “fondamento” sarà il suo. E per essere un “fondamento” radicato ed ordinato, non si lasci tentare dall’ “amor proprio” perché, ci ammonisce Caterina (in Lettere 7), “se l’animo nostro non è spogliato di ogni amore proprio e piacere di sé al mondo, non può mai pervenire al vero e perfetto legame di carità. Infatti l’uno è intralcio dell’altro: e tanto è contrario, che l’amore proprio ti separa da Dio e dal prossimo; e quello ti unisce: questo ti dà morte e quello vita, quello tenebre e quello lume; questo guerra e quello pace; questo ti stringe il cuore, che non vi trova più posto né tu né il tuo prossimo; e la divina carità lo dilata, ricevendo in sé amici e ogni creatura che ha in sé ragione”. Chiarisce Mons. Ciliberti che “quanti desiderano essere amministratori della cosa pubblica devono operare nella più limpida trasparenza, servendo la politica e non servendosi della politica”. E non basta. Per Caterina “solo chi è adulto e non fanciullo, solo chi è sveglio e non addormentato” può fare il politico. Insomma deve possedere  “virilità” perché questa è caratteristica non solo del maschio e deriva da “vir”,”virtus”. Virtù è “coraggio” che induce il politico ad impegnarsi per la verità e per il bene: il coraggio che è il contrario del “timore servile” che porta diritto diritto al “sonno della negligenza”. Specifica meglio la Santa (in Lettere 123) quando sostiene che “il timore servile impedisce e avvilisce il cuore e non  lascia vivere né adoperare come a uomo ragionevole, ma come animale senza veruna ragione”. Al postutto, faccio mio il commento del domenicano P. Michele Fortuna il quale scrive “possiamo concludere con chiarezza e convinzione piena che non è assolutamente anacronistico conoscere Caterina nella sua vita e nella sua dottrina nonostante che ella sia vissuta e abbia scritto e parlato oltre seicento anni fa. La sua catechesi è attualissima. Se fosse maggiormente conosciuta in certi ambienti ne guadagnerebbe la trasparenza tanto vilipesa nei nostri giorni nel vivere sociale”