Ma son davvero viaggi d’istruzione? Cui prodest?

Come ormai da molti anni siamo già arrivati al fatidico periodo, primaverile e pasquale, della gita scolastica o come qualcuno insiste a definirla “gita d’istruzione”. Dappertutto fervono i preparativi con il rito dei contatti presso le Agenzie per gli inevitabili preventivi, le informazioni sulla qualità degli alberghi; altre scuole sono già in viaggio; altre ancora non sanno che pesci pigliare fino a rinunciare. Ma l’Istituto scolastico contribuisce alle spese?, si chiedono molte famiglie. Le responsabilità civili su chi ricadono? Son veri viaggi d’istruzione? Cui prodest? Insomma son molti gli interrogativi e le perplessità che invadono e pervadono le famiglie.

Sul fenomeno della gita scolastica, l’opinionista di Gazzetta del Sud Francesco Bonardelli scriveva qualche anno fa. “Evento irripetibile, legato tuttavia a palesi contraddizioni che pur non inficiandone il valore evidenziano la distanza fra teoria e pratica; o fra miraggio di un’istruzione moderna e persistenza di ataviche carenze del sistema. Soprattutto, ma non solo,, a livello di disponibilità finanziarie. Il primo aspetto problematico riguarda già il nome, o la definizione ufficiale: viaggio d’istruzione, si chiama; e come tale, momento lungamente protratto di acquisizione di conoscenze, di nozioni, di cultura insomma.”

È pur vero che talvolta succede che, continua Bornardelli, “s’impara qualcosa: tra chiese, musei, bellezze d’altri luoghi e affascinanti itinerari turistici. Ma il bello, si sa, risiede altrove: nella possibilità di convivere coi coetanei senza l’ombra comunque repressiva dei genitori.” Vivere, in pratica, momenti anche lunghi non legati alla “normalità” dei tempi scolastici. Istruzione? Poco o nulla. Solo indifferenza ai momenti didattici delle guide, itinerari imposti al diavolo, dormire tanto di giorno e tanta vita di notte. Già la notte, la discoteca all’avanguardia. Non nascondiamo la realtà: la gita sta alla discoteca. Non c’è da scandalizzarsi, l’età dei giovani non può farne a meno. Però, perché la scuola deve farsene complice? Se è vero come è vero che le discoteche nostrane non difettano.

Ed ancora perché l’istituzione scolastica deve contribuire ad un altro aspetto non trascurabile dell’evento-gita che è quello del vandalismo che produce un’immagine negativa alla scuola. Son troppe le comitive scolastiche che, scrive Bonardelli, “disturbano oltre misura i malcapitati ospiti degli alberghi, sporcando e danneggiando addirittura i ristoranti, insistendo in volgarità e provocazioni, tirando fuori, insomma, il peggio dell’esuberanza trasformata così in maleducazione.”

Si può chiamar questo, “viaggio d’istruzione”? Perché la scuola deve farsene complice? Perché tanto denaro pubblico sprecato?

E se poi qualche insegnante impegnata anche in politica perora la causa degli studenti  desiderosi della gita, proponendo per loro l’intervento finanziario da parte dell’ente provinciale e dei dirigenti scolastici, ciò mi sa molto di demagogico politicamente. Per altro verso voglio ricordare che il triennio dell’Istruzione Superiore non è scuola dell’obbligo e pertanto chi proprio voglia, tra gli studenti, divertirsi lo faccia con le proprie risorse altrimenti se ne stia a casa. C’è sempre tempo nella vita per scoprire il mondo e ciò lo auguro sinceramente.

Piuttosto le scuole, anche con propri fondi, organizzino con continuità viaggi/stage che possano fruttare conoscenze, competenze e formazione; si promuovano visite alle aziende produttive e soprattutto per quanto concerne i Beni Culturali, si incentivino visite in Calabria che i Calabresi non conoscono affatto. A tal fine, anche recentementela Regione Calabriaper il tramite dell’Ufficio Scolastico Regionale ha diramato una circolare a tutte le scuole, di ogni e ordine e grado, invitandole a sostenere viaggi all’interno del territorio calabrese con il contributo finanziario dell’Ente regionale. E se proprio non se ne può fare a meno, anche in Calabria ci sono discoteche degne di attenzione e non solo nella stagione estiva.