A Foggia donna sterilizzata rimane incinta

Tempo di crisi anche per i figli e soprattutto per le famiglie numerose. Così una coppia pugliese, dopo il terzo figlio, aveva deciso di non averne più, anche perché “non potevano proprio permettersene altri”. Avevano chiesto agli Ospedali riuniti di Foggia, dov’era prevista che la donna partorisse “a mezzo di taglio cesareo”, di procedere contestualmente “anche con la chiusura bilaterale delle tube a livello istmico”, sostanzialmente sterilizzando la donna, in modo da impedire sul nascere qualsiasi altra possibile gravidanza. E così è stato, la donna ha firmato un consenso informato e si è sottoposta a un duplice ma contestuale intervento. Prima il cesareo, poi il cosiddetto allacciamento delle tube di Falloppio. Il ricovero della donna è avvenuto il 23 giugno 2010, il giorno dopo (cioè il 24 giugno) come da programma concordato con la “Struttura complessa di ginecologia e ostetricia universitaria” degli Ospedali Riuniti è stata sottoposta a taglio cesareo e quindi alla chiusura delle tube. Tutto sembrava essere andato per il meglio, la famiglia si stava godendo anche il terzo genito sostanzialmente tranquillizzata dalla impossibilità di una nuova e sgradita gravidanza. Invece a settembre dello stesso anno in cui ha tentato (evidentemente senza esito) di essere sterilizzata, questa giovane donna foggiana ha scoperto di essere di nuovo in attesa. Soltanto tre mesi dopo aver autorizzato la medicina e la scienza a provvedere che non avvenisse più. Proprio così, intervento clamorosamente sbagliato, almeno questo sembra dire inequivocabilmente l’evidenza dei fatti, e questa famiglia è tornata nel panico.

“Non già perché spaventata da un evento che dovrebbe essere solo che lieto – spiega il legale della famiglia Valerio A. Vinelli – ma per le precarie condizioni economiche in cui versa questa famiglia, assolutamente capace di provvedere a loro stessi e, adesso, a quattro bambini”. Sta di fatto che la donna ha regolarmente portato a termine la nuova (quarta) gravidanza, stavolta rivolgendosi presso la “Casa di cure riunite – Villa Serena / Nuova San Francesc” di Foggia. La donna è stata operata nuovamente il 21 giugno 2011, mette al mondo l’ultimo figlio e poi viene nuovamente (e stavolta definitivamente) sterilizzata. E a conferma di quanto fosse necessario questo ulteriore intervento, nella cartella clinica della quarta gravidanza (quella successiva al primo tentativo di sterilizzazione) viene testualmente riportato: “quarta gravidanza a termine. Tre pregressi tagli cesarei. Pregressa sterilizzazione tubarica”. Ed ancora. “Le tube appaiono atrofiche nel tratto intermedio, ma si apprezza un cordoncino in continuità con gli estremi tubarici normali. Si esegue sterilizzazione tubarica con sezione delle tube e asportazione di un segmento di due cm”. Questa famiglia, per vedere riconosciute le proprie ragioni, ha naturalmente chiamato direttamente in causa gli Ospedali Riuniti. Al momento sarebbe in piedi soltanto una “stragiudiziale”, vale a dire un tentativo bonario di riconciliazione tra le parti viste le presunte irregolarità commesse durante il primo intervento di legatura delle tube. Ma il particolare più curioso è costituito proprio dai precedenti. A Foggia non sembra essere mai successo, almeno non così presto. Nel resto d’Italia sono diversi i casi analoghi presi in considerazione dai giuristi. Le sentenze della Corte di Cassazione fanno naturalmente scuola, ma la strada intrapresa dal legale della famiglia sembra una. Quantificare il costo del mantenimento del minore, nato dopo il primo intervento di tentata sterilizzazione, da addebitare a chi ha commesso l’errore, cioè agli Ospedali riuniti (o meglio, alla compagnia assicurativa che tutela per gli eventuali rischi del caso sia i medici coinvolti nella vicenda sia la direzione dell’azienda stessa). Esemplare, a riguardo, una sentenza emessa dal Tribunale di Tolmezzo del 2 settembre 2011. Il minore sarà mantenuto dall’ospedale che ha commesso l’errore, fino a quando non sarà capace di produrre un reddito sufficiente al suo sostentamento. In pratica dai 150 a un massimo di 230 mila euro (la cifra chiesta dalla parte lesa).