Tassisti divisi sulla protesta, in agitazione molte categorie

I tassisti napoletani hanno lasciato il presidio di piazza del Plebiscito e hanno ripreso il lavoro. La stessa scelta, di tornare regolarmente in servizio è stata fatta da una delle sigle principali dei tassisti di Roma, Uritaxi, che ritiene accolte “molte delle richieste contenute nella controproposta presentata al Governo”, a cominciare dal cumulo delle licenze.

Di altro avviso la sigla Unica-Cgil. “L’Authority non può decidere per i Comuni e non può avere un potere esecutivo ma di vigilanza – dice il segretario nazionale, Nicola Di Giacobbe – sono le Regioni e i Comuni ad essere titolari delle licenze e della territorialità. Approvare norme del genere significa favorire la deregolamentazione selvaggia che porterà solo sfruttamento, caporalato, evasione fiscale e contributiva, e perdita dei diritti dei lavoratori”. Morale: “Blocchi sospesi in attesa di leggere i dettagli del decreto, ma per lunedì 23 confermiamo lo sciopero e se sarà necessario qui al Circo Massimo faremo una grande assemblea per andare avanti con la protesta”.

Più decisa la reazione dei farmacisti che hanno “vinto” sul fronte dei farmaci di fascia C, ma devono incassare il concorso per l’apertura di 5 mila nuove farmacie. Federfarma parla di decreto “incoerente e contrario allo svolgimento regolare del servizio farmaceutico”, decide lo stato di agitazione e preannuncia la serrata, di cui restano da stabilire tempi e modi. Secondo Federfarma, il decreto rivela “la determinazione del governo di distruggere la rete delle farmacie”, per cui se ne “respingono fermamente i contenuti che risultano contrari a una riforma equilibrata, poichè eccessive aperture destabilizzano il sistema”. I farmacisti confidano nel Parlamento perché sia modificato il decreto e intanto nell’assemblea di domani deciderà “il programma e le modalità di svolgimento dell’agitazione sindacale decisa oggi all’unanimità e che prevedrà anche giornate di chiusura”. Protestano anche gli avvocati contro quella che viene definita una “liberalizzazione selvaggia”. Sette giorni di sciopero già proclamati, i primi due il 23 e il 24 febbraio, gli altri a marzo e in mezzo sit-in e manifestazioni simboliche nei tribunali. La categoria contesta soprattutto la disposizione che anticipa il tirocinio, necessario per l’abilitazione professionale, a prima della laurea. Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense, la definisce “scandalosa”. Contestata anche la decisione di cancellare le tariffe minime, che invece secondo i legali funzionano da calmiere dei prezzi e sarebbero dunque a vantaggio del cittadino. Critico anche l’Ordine nazionale forense. Sul fronte dei benzinai, la Faib Confesercenti conferma lo sciopero. “Al momento non abbiano elementi – dice Martino Landi, presidente Faib – che ci consentono di revocare lo sciopero. Ci riserviamo di valutare ciò che prevede il testo definitivo ma pensiamo che non sia migliorato rispetto alle nostre attese”. “ll Governo deve ristabilire la certezza del diritto”, scrive Mediaset in una nota, appena appresa la notizia della sospensione per 90 giorni della procedura delBeauty contest per le frequenze digitali tv. Secondo l’azienda, la sospensione della gara per l’assegnazione delle frequenze digitali tv è un atto che “sospende in realtà una situazione di legalità che deve invece essere al più presto ristabilita. Al di là delle mistificazioni circolate, il beauty contest è assolutamente legittimo”. Mediaset si riserva di valutare le azioni necessarie alla tutela degli interessi di una società quotata. “Siamo davanti a un diniego totale della democrazia”. Così il presidente dello Ierpe (Institut Européen de Recherche pour la Politique de l’eau), Riccardo Petrella, ha commentato i riflessi del decreto liberalizzazioni sul refendum popolare per l’acqua pubblica. Per Petrella, “è già una certezza, è che si potrebbe ridurre ancora di più la capacità delle Regioni e dei Comuni di essere autonomi nella capacità di definire un regime di gestione dell’acqua differente” perchè “la legge potrebbe dire a Comuni e Regioni che nessuno in Italia può affidare la gestione del servizio idrico integrato a un soggetto pubblico”.