Non c’è pace per il Museo Madre di Napoli

Se non verrà trovata immediatamente una soluzione, molti dipendenti saranno licenziati e le iniziative in corso e in programmazione saranno cancellate. Pierreci e Mondadori Electa, le due società che si occupano della gestione del museo, hanno inviato due lettere alla Scabec, la società a maggioranza regionale che gestisce i servizi, per dare l’ultimatum.

Se entro la regione Campania non darà risposte sul rifinanziamento del museo, si chiudono i battenti. Un milione di euro, la somma messa in bilancio per il 2012 dalla Regione, non basterebbe infatti neppure a coprire la gestione ordinaria. Molti gli appelli in queste ultime ore, provenienti dal mondo politico e artistico. Il sindaco di Napoli De Magistris ha chiesto alla regione di mettere in campo tutte le energie necessarie per evitare la chiusura, promettendo di impegnarsi, per quanto di sua competenza, “con passi formali e istituzionali perché questo non accada”.

Mentre a nome degli artisti presenti a palazzo Donnaregina, Mimmo Paladino ha chiesto al presidente della regione, Caldoro, al sindaco De Magistris, allo stesso Ministro della Cultura, agli esponenti della società civile e culturale di Napoli e della Campania un impegno per “continuare l’attività ordinaria del museo in attesa di trovare una soluzione per la direzione, se questo è il nodo del contendere, ma in maniera serena, civile”.

È questo dunque l’ultimo dei capitoli che hanno visto protagonista il museo di via Settembrini, situato nel cuore di Napoli e ridisegnato dal noto architetto portoghese Álvaro Siza con l’ambizione di creare uno spazio, non solo capace di favorire il dialogo tra la cultura popolare e la sperimentazione, ma destinato anche a divenire una struttura di eccellenza internazionale per l’arte contemporanea. Nonostante le accuse rivolte al fondatore e direttore Eduardo Cicelyn e le polemiche che hanno diviso opinione pubblica, critici e intellettuali, va riconosciuto che in sei anni di attività, il Museo di Donnaregina ha allestito una quarantina di mostre, portando a Napoli artisti di fama mondiale, del calibro di Neumann, Merz, Gormley, Whiteread, Closky, Manzoni, Pistoletto, Boetti, Sierra, Clemente, De Stefano fino a Melotti, la cui antologica è in corso in questi giorni.

Sarebbe opportuno che le istituzioni e le amministrazioni interne tenessero a cuore le sorti di questo museo, senza dimenticare che è stato finora un faro culturale, uno dei laboratori più vivaci della storia artistica di Napoli. La sua chiusura costituirebbe un danno grandissimo per i tanti lavoratori che operano con impegno e professionalità all’interno del museo e un danno irreparabile per l’immagine della città.