La proposta di riforma dell’Arssa che non convince

Non s’è spenta l’eco della riuscita manifestazione di protesta unitaria delle funzioni pubbliche regionali del sindacato calabrese dell’Arsaa, che lo scorso 12 dicembre ha fatto ritrovare insieme, a Catanzaro, dipendenti e rappresentanze del mondo agricolo regionale, con l’obiettivo di rendere pubblico il largo dissenso contro il Progetto di riforma dell’Agenzia agricola calabrese – che dovrebbe assumere la denominazione di Azienda Regionale Sviluppo Agricoltura Calabria – proposto dal titolare politico dell’Assessorato  regionale all’Agricoltura, Michele Trematerra.

La giornata di protesta – composta e ricca di sollecitazioni – ha contribuito a rappresentare, proprio di fronte la sede all’assessorato all’agricoltura, le istanze volte alla salvaguardia della natura pubblica dei servizi, in difesa dello status giuridico degli impiegati pubblici dell’Arssa e per la complessiva riorganizzazione di un ambito amministrativo regionale che abbisogna di una riforma efficace,tale da non deprimere i diritti giuridici ed economici dei lavoratori.

 Le ragioni del Dissenso. Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil Enti Locali si oppongono,in linea di principio e di contenuto – alla privatizzazione dei servizi di sviluppo in agricoltura, e senza alcuna riserva stanno dalla parte di lavoratori di comparto dell’Agenzia che hanno immediatamente scorto nel processo di aziendalizzazione dell’Arssa il concreto pericolo di perdita dello status giuridico di pubblici dipendenti per gli amministrativi ed i tecnici dei Servizi.

Sin dal maggio scorso la dinamica che ha assunto questa vertenza ha reso palese l’intenzione dell’Esecutivo regionale (o almeno di parte di essa) di risolvere la complessa problematica dell’Organismo strumentale agricolo della Regione Calabria ( posto in gestione liquidatoria dal 2007), con la trovata – neanche tanto originale, secondo il Sindacato – dello stravolgimento dei diritti dei lavoratori dei Servizi di sviluppo in agricoltura.

L’assenza della Politica regionale.Finora le concrete indicazioni fornite dai lavoratori e dalle Organizazioni sindacali del pubblico impiego,che fanno riferimento all’iter seguito da tutte le altre amministrazioni regionali italiane, sono state volutamente ignorate dalla politica calabrese, pur impegnata in un processo di ripensamento degli Enti strumentali.

 I lavoratori e gli operatori agro-zootecnici – va rilevato – hanno dato corpo e sostanza alla manifestazione di Catanzaro in un momento di profonda crisi economica e finanziaria senza precedenti, assumendosi l’onere di indicare alla Giunta regionale,presieduta da Giuseppe Scopelliti,una soluzione che farebbe risparmiare strutturalmente risorse alla collettività calabrese ed al mondo agricolo.

L’attualità strategica dei Ssa per una moderna Agricoltura. I Servizi di  Sviluppo Agricolo regionali non hanno bisogno di sovrastrutture burocratiche per funzionare: lo stesso dipartimento all’agricoltura potrebbe assumere direttamente la gestione dei servizi, attraverso una riorganizzazione delle risorse che metterebbe la parola fine alla contraddizione tra compiti di istituto ed effettiva azione amministrativa, tuttora vigente all’Arssa.

I ripetuti moniti della Corte dei Conti, sulla gestione regionale della partita Organismi strumentali,non indicano essenzialmente  che la necessità di risolvere questa contraddizione, che ha generato negli anni inefficienze e sprechi non marginali,col corollario conseguente di guasti economico-finanziari.

Il ruolo del popolo dei campi. Anche e soprattutto il mondo agricolo chiede da questo punto di vista una forte inversione di tendenza all’Esecutivo calabrese. Se n’è avuto la riprova in questo ultimo periodo di convegnistica e confronto di idee, dove i lavoratori dei servizi,per parte loro, responsabilmente, sono andati anche ai tentavi di conciliazione previsti dalla legge per evitare il ricorso alla estrema ratio dello sciopero.

Non sono stati praticabili i più auspicabili fruttuosi accordi, con la parte politico-istituzionale, ed il ricorso alla protesta di piazza è stato, pertanto, inevitabile.