Le radici calabresi di Halloween

Zucche e cappelli di streghe dappertutto: il richiamo di Halloween – diretto soprattutto ai bambini, i protagonisti della festa – viene dalle vetrine dei negozi, dai bar ai ristoranti, dalle pasticcerie al fruttivendolo. Tutto è pronto per ricordare, anche se non proprio nello stile della tradizione anglosassone, la sera che precede il primo novembre (da All Hallow Eve, vigilia di tutti santi). Una mania in crescita che prende ogni anno di più gli italiani: scuole, parchi, discoteche i luoghi dove per lo più si ritroveranno bambini e giovani nei panni di streghe, vampiri, fantasmi, folletti in una festa che ormai prende sempre i contorni di un Carnevale anticipato.

Festa sì ma anche  moda. “È una proposta del consumo ma molto lontana dal simbolismo originario – scrive l’antropologa culturale Cecilia Gatto Trocchi – è un americanismo, come il fast food: invece di un bel panino con salame, ci mangiamo il panino con hamburger e patate fritte. Evocare spettacoli e defunti in modo rituale e scherzoso esorcizza anche la paura della morte. La festa richiama i riti propiziatori legati ai morti, ed i santi sono i morti per eccellenza.” Aggiunge ancora l’antropologa che “il tutto ha una valenza beneaugurate, anche le zucche, con tutti i suoi semi, collocate sulle finestre, come nella tradizione agraria, rievoca la fecondità.”

Del resto, in molte parti d’ Italia, come in Sicilia, proprio in questi giorni sono i morti a portare i regali ai bambini come fossero la Befana. Purtroppo però l’Halloween nazionale ha perso la parte autentica della festa: i canti e le richieste dei bambini che suonano alla porta di parenti ed amici chiedendo soldi e dolci. No, non è più così: a Milano, come a Roma, a Napoli come a Firenze, insomma da nord a sud è tutto un rifiorire di feste e festini in maschera come un Carnevale-bis con la sola variante che tutto è all’insegna del macabro e dell’horror come nelle origini celtiche.

Ma non è così a Serra San Bruno, la terra che accolse nei primi decenni del Mille il tedesco Brunone ed il normanno Conte Ruggero che aveva stabilito il suo regno nella vicina Mileto, A Serra San Bruno, e non da oggi ma sicuramente da secoli, la vigilia di Ognissanti è una continua processione serale di bambini e perché no anche di giovani che recano in giro la zucca a mò di scheletro. Anche chi scrive nella sua fanciullezza ne è stato partecipe e protagonista in questo paese che è la sua terra natia.

La zucca a mò di teschio che vuole esorcizzare la morte e la paura della morte: si tratta  della tipica grossa zucca color arancio, svuotata all’interno di tutti i semi e della polpa, intagliata all’esterno con le forme fisiche umane: occhi, naso e bocca e questa dentata con stecchette di fiammiferi ed infine all’interno una candela accesa. Ecco con questa sorta di simulacro della morte, noi bambini, allora come oggi, si andava in giro per il paese a chiede a parenti e amici soldi a suffragio dei morti e con la formula “Mi lu pagati lu cuocculu?”  (il cranio in dialetto serrese).

Perché Halloween  tutto anglosassone in un paese di montagna del profondo sud dell’Italia? E da secoli? Intanto c’è da dire che l’origine di tale festa la si fa risalire alla tradizione cattolica del primo cristianesimo e successivamente prese piede e si consolidò nel 5° sec. d.C. nell’Irlanda celtica dove il 31 ottobre coincideva con la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno, per cui i colori dominanti dell’evento erano l’arancio (la mietitura), ecco spiegata la zucca di questo colore a Serra, e il nero (l’imminente buio dell’inverno).

I Celti credevano che nella notte del 31 ottobre tutte le leggi fisiche che regolano lo spazio ed il tempo venissero sospese, rendendo possibile la fusione del mondo reale e dell’aldilà. Ovviamente i vivi non volevano essere posseduti e così quei contadini spegnevano il fuoco dei loro camini e mascherandosi da mostro gironzolavano per la casa per far scappare dalla paura tutti gli spiriti che si incontravano. I Romani, poi, fecero loro le pratiche celtiche e solo nel 1840 la festa di Halloween  dagli emigrati irlandesi venne portata negli USA. E qui cominciò a circolare la zucca color arancio intagliata con una lanterna accesa all’interno detta “jach-o-lantern” che ricorda una vecchia leggenda.

Da questo po’ di storia si può dedurre che la zucca a mò di teschio a Serra San Bruno vi fu importata, con ogni probabilità, da monaci certosini provenienti dal nord Europa di cultura celtica che venivano a vivere nella millenaria Certosa fondata dal tedesco san Bruno che ha visto, nei secoli, la presenza di religiosi provenienti da ogni parte d’Europa e portatori di tante culture come quella dei Templari e dei Celtici, appunto, e di altri Ordini religiosi. Qui, nella Certosa, ancora oggi sono ben visibili simboli della cultura celtica come la Croce nel cimitero interno.