Gli onorevoli si garantiscono i doppi incarichi

Una manovra scandalosa in tutti i sensi. Fa pagare ai poveri, fa salire i prezzi alle stesse, non rilancia l’economia e sicuramente fa indirizzare l’Italia verso il fallimento. E poi lo scandalo degli scanali. L’emendamento del governo che rafforza l’entità della manovra, con l’aumento dell’Iva, e la sua equità, con il contributo sui super-ricchi e l’anticipo della pensione a 65 anni delle donne, fa anche un bello sconto a ministri, deputati e senatori. In attesa del promesso disegno di legge costituzionale per il dimezzamento del numero dei parlamentari, che forse non arriverà neanche oggi sul tavolo di Palazzo Chigi, l’articolo 13 della manovra sui costi della politica è stato abbondantemente rivisitato. Con una bella riduzione del taglio delle indennità dei membri di Camera e Senato, almeno sei volte di meno rispetto a quanto previsto nel testo originario, e l’ammorbidimento dell’incompatibilità del loro mandato con gli altri incarichi pubblici. Il taglio delle retribuzioni o delle indennità di carica dei componenti degli organi costituzionali (il 10% per la parte eccedente i 90 mila euro, il 20% su quella che supera i 150 mila), non si applicherà più da domani e per sempre, ma solo per quest’anno, il prossimo, e il 2013. E dalla sforbiciata, grazie alla modifica approvata ieri con il voto di Palazzo Madama, vengono fatti salvi la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale. Se un deputato o un senatore fa anche un altro mestiere e incassa più di 9.847 euro netti, l’indennità di carica di 5.486 euro mensili netti (cui poi si sommano tra diaria e rimborsi spese altri 7.193 euro, che non vengono toccati), non sarà più tagliata del 50% come prevedeva il testo originario. La sforbiciata si farà sul totale annuo percepito a titolo di indennità, sarà pari al 20%, ma solo per la quota eccedente i 90 mila euro, e al 40% per quella che supera i 150 mila euro. Anche il regime dell’incompatibilità dei parlamentari, prima ferreo con l’impossibilità di ricoprire “qualsiasi altra carica elettiva pubblica”, viene notevolmente annacquato. Nella nuova versione del testo, infatti, l’incompatibilità è circoscritta alle altre cariche elettive “di natura monocratica” e relative ad “organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore ai 5 mila abitanti”. Traduzione: i parlamentari potranno continuare a fare i sindaci nei Comuni piccoli e medi. Ma potranno anche avere l’incarico di assessore in tutti i municipi, compresi quelli delle grandi città.