La voce del Marmarico

di Giusy Staropoli Calafati

Era una e spoglia, erano mille e nude.

Un vortice era. Lamenti diffusi e alterati

Era una voce: il Marmarico parlava.

La sua voce, una danza di fusioni rapaci

Il risalire di un fremito tra le vene della terra,

un mormorio scrosciante infranto da un disperso boato.

Assordanti acque urlano senza fiato,

svegliano le vertigini sorde di chi ode

posando ogni goccia di purezza sulle calde tempia della montagna.

Il miracolo di un pittore su una bianca tela,

uno spillo di rugiada su un’umile foglia tesa,

il frastuono di un silenzio perso

tra la furia di una mistica quiete.

Cade perpendicolare quella voce pura, rotola lenta

Stende le sue braccia, tra le maestà divine delle rocce,

argute e audaci masse sospese.

Il ribollire di quei suoni, stretto nel sapor d’infinito

E’ perennemente regolare, a passo concordato,

l’incanto e il tintinnio delle lussureggianti acque

sfuma, poi si posa astratto nel vuoto acuto.

Le linee inquiete di quell’eco,

domano lo spirito d’essere tale dimensione

che pende dalle generose labbra delle altezze della terra,

che tali a furbe lingue, giocano tra i roghi d’acqua

che or che arde e or che dorme, apre la sua bocca.

E’ il Marmarico che per sempre parla.