Giornalisti, la riforma contestata dall’Ordine

Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, commenta a caldo il via libera della commissione Cultura della Camera dei deputati (con un solo astenuto) al progetto di riforma dell’ordine dei giornalisti e la boccia. La riforma prevede che i giornalisti professionisti debbano avere almeno una laurea triennale e gli aspiranti pubblicisti debbano superare un esame di cultura generale che attesti, tra l’altro, la conoscenza dei principi di deontologia professionale. Ecco in sintesi gli elementi innovativi della legge di riforma dell’organismo rappresentativo dei giornalisti, ora in attesa del via libera di palazzo Madama, che potrà recepirla in toto (in tal caso servirà soltanto la promulgazione del presidente della Repubblica) o parzialmente (e in tal caso, invece, dovrà tornare di nuovo alla Camera). Eppure – nonostante le prime vere novità relative all’accesso alla professione dopo 48 anni di vuoto normativo (la legge costitutiva dell’ordine è del 1963) – il massimo organismo della categoria mette in evidenza alcuni elementi di frizioni con il dettato legislativo, in distonia rispetto al documento presentato dal Consiglio nazionale dell’Ordine al Parlamento. Soprattutto il fatto che siano state cancellate dalla proposta la commissione deontologica nazionale (per volere dell’esecutivo) e il giurì per la correttezza dell’informazione (desiderata del ministero del Tesoro). “L’una e l’altro – dice Iacopino – avrebbero consentito di dare risposte in tempi più rapidi alle doglianze dei cittadini su comportamenti ritenuti scorretti di giornalisti”. Ma c’è maretta anche per l’introduzione di un rapporto di due a uno (negli organi di rappresentanza) tra professionisti e pubblicisti che “penalizza fortemente i secondi”. In una professione sbilanciata – almeno a livello numerico – sui pubblicisti (circa 78 mila, rispetto ai 28 mila professionisti), il cui status è praticare la professione non in via esclusiva. “Sono soddisfatto sia passata la riforma dell’Ordine dei giornalisti nella commissione cultura della Camera con un voto praticamente unanime visto che c’è stato soltanto un astenuto” è invece il commento di Giancarlo Mazzuca, deputato del PdL e relatore del provvedimento. “Molti colleghi mi hanno chiesto che senso ha portare avanti questa legge quando si parla di azzerare tutti gli ordini. Anch’io in realtà sono favorevole a un azzeramento, ma il rischio era che succedesse la stessa cosa capitata con l’abolizione delle province, tutti ne parlano ma non si fa niente. Non si poteva andare avanti con una legge vecchia di 50 anni, varata nel 1963. Questa riforma serve a snellire e modernizzare l’ordine a dargli più senso e efficienza, più regole nell’accesso alla professione” ha aggiunto. Giuseppe Giulietti, del gruppo Misto e membro della commissione Cultura, sottolinea invece la delusione per lo scorporo della parte della riforma sul giurì: “Ho votato comunque sì, perché è importante intervenire sull’Ordine regolato da una legge vecchia di 50 anni, ma non capisco lo scorporo della parte sul giurì, che avrebbe permesso di affrontare un tema come quello delle rettifiche e di agire per la difesa soprattutto dei senza reddito e dei senza potere. Ora la riforma andrà al Senato dove sicuramente verrà modificato qualcosa e poi tornerà qua”.