Melania, la foto che scagiona Parolisi

La foto, scattata a colle San Marco da un ragazzo alle ore 15:13 del 18 aprile, il giorno in cui fu uccisa Melania Rea, sarebbe per gli inquirenti una delle prove che incastrano il marito Salvatore Parolisi. Attualmente in carcere a Teramo per l’omicidio di sua moglie, il caporalmaggiore ha infatti sempre sostenuto che a quell’ora lui si trovava in quel posto e non nella pineta di Ripe di Civitella, dove fu trovato il corpo Melania. “L’immagine – scrive il pm nella richiesta di custodia cautelare in carcere – dimostra l’assenza della autovettura di Parolisi, la Mégane Scenic, lungo la strada sterrata dove avrebbe dovuto restare parcheggiata dalle ore 14:15 alle ore 15:30”. Ma ingrandendo quella macchia, come ha fatto un blogger anticipando la mossa della difesa, ci si accorge che qualcosa c’è, dietro la staccionata: una vettura scura. “Compatibile con le caratteristiche della macchina di Parolisi”, aggiunge Roberto Cusani, uno dei tre consulenti nominati dall’indagato. Come dire, la foto che doveva inchiodarlo è proprio quella che potrebbe scagionarlo, almeno secondo il collegio di difesa del militare. L’accusa, però, non ci sta. “È tutto da dimostrare il fatto che quell’auto sia proprio la Mégane Scenic di Parolisi”. In ogni caso, dicono gli inquirenti, gli indizi a suo carico sono molti e primo fra tutti il dna trovato nella bocca di Melania che dimostrerebbe come lui l’avesse baciata non molto tempo prima del delitto. Per l’avvocato Walter Biscotti, difensore del caporalmaggiore, non ci sono dubbi: “L’immagine rimette tutto in discussione e depone a favore dell’ipotesi che Parolisi non si trovava a Ripe all’ora del delitto”. A mettere le mani avanti sulla forza di questo elemento è lo stesso Cusani: “Purtroppo è impossibile una risoluzione superiore a quella che ci consente di stabilire una certa compatibilità. Non ci possono essere certezze”. Al di là della presenza o meno di una Mégane Scenic a colle San Marco, Biscotti vede “emergere comunque l’inattendibilità delle testimonianze dei ragazzi che avrebbero assicurato di non aver visto né auto né Parolisi sul pianoro”. L’autore della foto, Bruno A., aveva dichiarato di aver notato “solo due donne, una più giovane e una più anziana assieme a una bimba” e di non ricordare “la presenza di altri bambini nell’area dove sostava il gruppo, né la presenza di alcuno nei pressi delle altalene”. Cusani, docente di Telecomunicazioni all’Università La Sapienza di Roma, dovrà anche analizzare le celle telefoniche che per l’accusa costituiscono un altro indizio importante contro l’indagato. All’ora del delitto il cellulare di Parolisi risultava agganciato alla cella della pineta di Ripe di Civitella. Ebbene, il consulente ha già eseguito un primo esame, “dal quale emergono forti dubbi sul punto”. Nel frattempo si attende la decisione del gip di Teramo, Giovanni Cirillo, che si deve pronunciare sulla nuova richiesta di custodia cautelare in carcere per Parolisi.