Il cancro d’Irlanda,13.800 vittime in 50 anni di abusi della Chiesa cattolica

Con un intervento in parlamento che è già nella storia, il Premier irlandese Enda Kenny ha attaccato aspramente il Vaticano accusandolo di non aver agito per fermare i casi di abusi sessuali sui minori commessi dai preti cattolici. È la prima volta che un primo ministro prende una posizione così netta nei confronti della Santa Sede, ed è ancora più significativo che lo faccia il premier cattolico della cattolicissima Irlanda. “I casi di stupro e tortura di bambini venivano minimizzati o gestiti all’interno delle diocesi – ha denunciato Kenny (in foto) – per salvaguardare il potere della Chiesa, la sua posizione e la sua reputazione. Il rapporto tra lo Stato irlandese e il Vaticano non potrà essere più lo stesso. A provocare l’intervento del Taoiseach (con questa parola gaelica gli irlandesi chiamano il primo ministro) è stata la pubblicazione di un rapporto sugli abusi avvenuti nella diocesi di Cloyne, nel sud ovest del Paese. Tra il 1996 e il 2009, 19 preti di questa comunità ecclesiastica di antica tradizione sono stati oggetto di indagini interne perché ritenuti responsabili di abusi sessuali su 40 minorenni. Uno scandalo epocale ha travolto, infatti, l’Irlanda. L’ex vescovo della diocesi irlandese di Cloyne John Magee, si è dimesso nel marzo 2010, dopo le pressioni dell’opinione pubblica su due casi accertati di preti pedofili avvenuti nella sua diocesi. Il rapporto ha rivelato che il vescovo John Magee, che dal 1987 guidava la diocesi di Cloyne, non aveva adottato adeguate misure per incastrare i responsabili e consegnarli alla giustizia, mettendo così i bambini a rischio di nuove violenze. Nessuno di quei 19 sacerdoti era stato rimosso dal suo ufficio. Eppure Magee, con una diligenza di stampo militare, si era semplicemente attenuto alle direttive del Vaticano, che nel 1997, con una lettera ad hoc, aveva chiesto ai vescovi del Paese del trifoglio di gestire internamente i casi di pedofilia senza denunciarli alla polizia. Le decisioni su sanzioni o espulsioni contro eventuali colpevoli sarebbero state prese tra le sacre mura. Monsignor Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, si è difeso dicendo che l’obiettivo di quella lettera era riportare l’attenzione dei sacerdoti irlandesi sui loro doveri canonici e ha definito “esagerate” le critiche rivolte alla Chiesa in seguito alla diffusione delle 400 pagine del rapporto Cloyne. Il coinvolgimento di membri della Chiesa irlandese in casi di abusi sessuali su minori è uno degli indiscussi cancri del Paese ed è vecchio quasi quanto la sua storia (l’indipendenza dal Regno Unito è del 1921). Un complesso sistema di controllo sociale e di illeciti dei prelati che affonda le sue radici sul finire degli anni ’30, quando i primi bambini – orfani, ragazze madri, trovatelli – cominciarono ad affollare i 250 istituti per minori gestiti dalla Chiesa. Tra gli anni ’30 e gli ’80 del secolo scorso circa 35 mila bambini ebbero preti e suore come patrigni e matrigne. Secondo le stime della Commissione d’inchiesta sugli abusi presieduta dal giudice della corte suprema Sean Ryan, 13.800 di loro subirono violenze. Soprusi “sistemici ed endemici”, un “incubo” che rovinò l’esistenza delle generazioni più deboli del popolo irlandese. Privi degli affetti più cari e di qualsiasi controllo familiare, bambini e ragazzi divennero oggetto di angherie, oltre che fisiche, anche psicologiche, che in alcuni casi si trasformarono in vere e proprie torture. Un sistema di terrore in cui i piccoli ospiti di scuole e conventi erano costretti, per esempio, a passare giorni in isolamento forzato, semidigiuni, per aver sbagliato un esercizio; o a rimanere nudi per ore, in piedi, in stanze fredde e buie, prima di subire la violenza del prelato di turno, solo per non aver riverito correttamente il priore. Documentari come Sex in a cold climate di Steve Humpries, o film come Magdalene sisters di Peter Mullan descrivono perfettamente l’orrore dei Magdalene asylums, le case-lavanderia cattoliche dove, oltre alle orfane, venivano rinchiuse le ragazze rinnegate dalle famiglie perché si erano macchiate di peccati come la lussuria o la gravidanza fuori dal matrimonio. “La Chiesa riuscì a trasformare l’Irlanda in un campo di concentramento in cui avrebbe potuto controllare tutto”, ha raccontato al New York Times Mark Patrick Hederman, abate in un monastero benedettino nella contea di Limerick,”«e il perno di questo controllo era proprio il sesso”. Solo agli inizi degli Anni ’90, sulla scia di una serie di inchieste giornalistiche televisive, sono arrivate le prime denunce di abusi che, in molti casi, risalivano a 20, 30 anni prima. Tra le vittime c’è chi ha avuto un indennizzo economico, altri attendono le sentenze del tribunale, altri ancora hanno perso il senno e non sono più in grado di chiedere giustizia. I vescovi irlandesi, intanto, hanno chiesto scusa. In una dichiarazione congiunta, la conferenza episcopale irlandese ha definito il rapporto del giudice Ryan – pubblicato nel 2009 – “l’atto d’accusa più inquietante a una cultura che per troppo tempo è stata prevalente nella Chiesa cattolica in Irlanda. Orrendi crimini e vili atti sono stati perpetrati contro i più innocenti e vulnerabili con il pretesto della missione di Gesù Cristo”.