Bari, cade sotto i colpi dei killer Nicola Massari

Era nel cortile della sua abitazione, una struttura prefabbricata e circondata da una cancellata. Forse qualcuno lo ha chiamato, lo ha invitato ad affacciarsi sulla soglia del portone di ingresso e in quel momento una pioggia di proiettili lo ha investito in pieno. Il sicari (è probabile ma non certo che fossero almeno in due ma uno solo ha sparato) gli hanno vomitato addosso il caricatore di una calibro 9×21, facendolo crollare al suolo come un sacco vuoto. Nicola Massari, 55 anni, custode in cantieri edili, una pila di precedenti per furto è stato raggiunto da quattro proiettili che hanno avuto un effetto devastante, portandolo alla morte, nonostante il disperato tentativo dei medici di fermare l’emorraggia interna e riparare gli organi vitali lesionati. Un vicino di casa, uno che probabilmente lo conosceva e che ha attraversato via Giacomino Pugliese subito dopo i killer, lo ha caricato sulla sua Volkswagen Golf e lo ha portato di corsa in ospedale, al San Paolo. Lo ha lasciato lì, su una barella ed è andato via prima che qualcuno gli potesse chiedere “chi sei?”, “cosa è successo, cosa hai visto?”, “conoscevi quest’uomo?” e soprattutto “Chi gli ha sparato?”. Le condizioni di Massari sono apparse subito molto gravi ed i medici hanno deciso che solo un intervento chirurgico poteva arginare l’effetto terribile di quel ferro che si era fermato nella carne. Le porte della sala operatoria si sono aperte prima che gli investigatori della squadra mobile guidati da Fausto Lamparelli potessero rivolgere al povero Massari, che aveva perso conoscenza, una qualunque domanda. Sì, perché, come mille altre volte al San Paolo, la polizia non ha trovato nessuno dispoto a parlare. Nessuno ha visto, nessuno ha sentito, nessuno si è fatto avanti per aiutare i detective della sezione Omicidi (guidati dal vice questore aggiunto Pasquale Testini) che sulla scena del delitto, tra il cortile e la strada, hanno trovato 5 bossoli, macchie di sangue ma nessuno disposto ad aprire bocca. Di Massari si sa per certo che non era mai stato legato alla malavita organizzata. L’ipotesi che esecutori e mandanti di questa spietata esecuzione siano da cercare tra le famiglie di mafia che si contendono il controllo delle attività illecite nel quartiere è remota. Remota ma non azzardata, vista l’efferatezza del delitto e comunque i pochi elementi in mano agli investigatori sembrano portare altrove. L’indagine ha mosso i primi passi sotto la guida del sostituto procuratore Francesco Bretone, che ieri era il magistrato di turno. I detective della Omicidi sono portati a credere che la vittima fosse già all’interno del cortile di casa e che gli assassini lo abbiamo chiamato. Nicola Massari era sposato e aveva due figli già grandi – che non vivono più con lui – e la moglie. Da quello che si è saputo i familiari non sono stati in grado di fornire notizie utili agli investigatori. Da alcuni mesi era terminato il suo ultimo periodo di detenzione domiciliare durante il quale era autorizzato ad uscire di casa per andare a lavorare. Non si hanno notizie di coinvolgimenti recenti in attività illecite né di frequentazioni, per così dire, compromettenti. Non era uno che se la faceva con i mafiosi e a modo suo cercava di stare fuori dai guai. Deve averla combinata grossa, perché chi gli ha sparato lo ha fatto puntando l’arma ad altezza d’uomo per ucciderlo. Non vengono ipotizzati al momento collegamenti con altri agguati, altri fatti di sangue. L’ultima volta che al San Paolo si è sparato era il 13 dello scorso mese. L’ogiva di un proiettile calibro 7,65 ha mandato in frantumi il lunotto di una Fiat Punto parcheggiata in via Piemonte, mancato (si presume) il vero obiettivo, un pregiudicato che vive in quella strada e che come Massari apparterrebbe agli ambienti della criminalità comune.