Andria, la città più povera d’Italia

A vedere com’è ridotto il castello di Cusago non si direbbe di trovarsi in uno dei comuni più ricchi d’Italia, almeno se si deve giudicare dalle tasse che pagano i suoi residenti. Il trecentesco maniero costruito da Bernabò Visconti sui resti (pare) di una fortificazione longobarda avrebbe bisogno di una bella cura ricostituente. E non soltanto per dimenticare la sua storia rocambolesca: soprattutto per rispetto e decenza. Era uno dei pezzi forti dell’eredità della marchesina Casati Stampa, finita con molti ettari circostanti a Silvio Berlusconi insieme alla famosa residenza di Arcore. Quel gioiello, dove era solito soggiornare anche Ludovico il Moro, venne ceduto poi a una società che fa capo all’imprenditore Fabio Rappo, e alla quale partecipa anche Marco Cairati, cugino dell’ex sindaco di Cusago Luigi Cairati. E ora, dopo che nel 2008 è saltato un nuovo passaggio di proprietà, versa in uno stato di pietoso degrado. Pur essendo l’origine delle fortune cusaghesi. Tutto è cominciato quando la Edilnord dei Berlusconi, ha raccontato Simona Borgatti su Tellusfolio.it, «riuscì a far costruire sui terreni del nobile lascito un quartiere residenziale “Milano Visconti”, fotocopia ridotta di Milano 2 e Milano 3 che dà rifugio ai paperoni d’Italia. Sporting privato, servizio di vigilanza, giardini curatissimi e tanto verde». Ecco il segreto che ha spinto la piccola Cusago ai vertici dei Comuni italiani i cui residenti pagano più tasse: 7.967 euro ciascuno, calcolando naturalmente vecchi e neonati. Nella classifica che si ricava dai dati elaborati dall’Ifel, il centro studi dell’Anci, sull’Irpef pagata allo Stato dagli abitanti degli 8.094 comuni italiani, i cusaghesi occupano la terza piazza assoluta. Davanti, al secondo posto, c’è con 9.686 euro pro capite, Campione d’Italia, sede di un casinò. Mentre in testa alla graduatoria, inarrivabile, figura un altro comune della provincia di Milano, Basiglio. Il quale, alla pari di Cusago, deve quella posizione al Cavaliere. Perché molti dei suoi 8 mila concittadini (un numero decuplicato fra il 1981 e il 2001) abitano a Milano 3, quartiere costruito anch’esso da Berlusconi. E non è un caso che Il Sole 24 Ore lo abbia classificato, sulla base dei dati delle Finanze sulle addizionali locali, come il Comune più ricco d’Italia, con 51.803 euro l’anno. Roba da Lussemburgo… Mica male per un Paese nel quale l’attività economica principale resta la coltivazione del riso. Ma sono i numeri sull’Irpef statale pagata nei capoluoghi di provincia a rivelare molte sorprese. Nella classifica ottenuta con i dati Ifel, Milano è al dodicesimo posto assoluto fra tutti i comuni italiani. Prima dei capoluoghi, con 6.357 euro pro capite. E precede altre tre città lombarde: Bergamo (5.202), Monza (5.172) e Pavia (5.065). Ma poco più indietro c’è Roma, con 4.350 euro a residente. Ogni romano paga allo Stato il 68,5% dell’Irpef versata da ciascun milanese: 2.007 euro in meno. Però è una cifra analoga a quella che pagano gli abitanti di Varese, città ad elevatissima concentrazione leghista. Superiore anche al dato di Bolzano (4.263 euro). E, ancora più nettamente, a quello di Gallarate, quartier generale del Carroccio (3.943). Meno Irpef statale rispetto agli abitanti della capitale viene pagata anche in altri capoluoghi del Nord produttivo. Per esempio Mantova (4.262), Lecco (4.235), Lodi (4.223). Ma anche Modena (4.176), Brescia (4.131), Como (4.003), Piacenza (3.862), Sondrio (3.842), Verona (3.810) oppure Cremona (3.764). In questa graduatoria la prima città non appartenente al Centro Nord si incontra alla casella numero 29: è Cagliari, con 3.738 euro. Interessante notare che in capoluoghi come Alessandria, Forlì o Ravenna, l’Irpef pro capite pagata allo Stato è metà di quella di Milano. Più o meno come a Caserta, che con 3.100 euro è il grosso centro del Mezzogiorno continentale i cui cittadini versano più tasse. Anche se nella Provincia casertana, dove lavorano in nero nell’agricoltura e nell’edilizia decine di migliaia di immigrati, la situazione è completamente diversa. Qualche esempio? A Marcianise l’Irpef procapite è di 1.295 euro. A Castel Volturno, 958. A Villa Literno, appena 706. Per non parlare di Casal di Principe, paese della sanguinaria cosca camorrista dei casalesi, dove orribili palazzine spuntano come i funghi e ogni abitante paga ancor meno: 688 euro. Quasi un decimo di Milano. C’è da dire che ci sono capoluoghi di provincia non molto distanti da quei livelli. Colpiscono i dati della Bat, acronimo che sta per Barletta, Andria e Trani. Tre città di una Provincia nuova di zecca, nessuna delle quali ha voluto cedere alle sue concorrenti nemmeno la sigla. Nonostante il territorio provinciale inventato di sana pianta non conti in tutto che dieci Comuni. Ebbene, Andria è fra i capoluoghi di Provincia italiani quello che versa allo Stato l’Irpef procapite più modesta in assoluto: 1.081 euro, contro i 1.268 di Barletta e i 1.671 di Trani. Al di sotto anche delle più «povere« città della Sardegna elette recentemente a Provincia, come Tortolì, Lanusei e Iglesias. E tre volte meno del Comune meridionale con l’Irpef statale più elevata. È San Gregorio di Catania, centro che al pari di Basiglio ha registrato una crescita demografica pazzesca (fra il 1971 e il 2001 è passato da 3.860 a 10.386 residenti) i cui abitanti pagano ciascuno 3.567 euro. Paese, lo definisce l’enciclopedia online Wikipedia, “ricco di attività commerciali e professionali”. Al punto da collocarlo nella graduatoria delle tasse statali sulle persone fisiche, nettamente davanti al suo capoluogo Catania (2.116 euro), un tempo battezzata “Milano del sud”. Com’era prevedibile, la classifica degli 8.094 comuni è divisa a metà: quella superiore è dominata dal Nord, quella inferiore dal Sud. Se fosse necessaria una dimostrazione ulteriore di come il Paese sia economicamente spaccato in due (gli ultimi dati dell’Istat dicono che nel 2010 il Mezzogiorno è rimasto praticamente fermo, mentre il Nord Est cresceva a un ritmo superiore al 2%), eccola. Anche se le ultime due posizioni sono paradossalmente occupate da due paesini della Provincia di Como. Si tratta di Val Rezzo, dove nel 2009 si sono pagati soltanto 190 euro procapite di Irpef statale, e Cavargna: 329 euro.