Mike Bongiorno, la salma ed i testamenti

Al giallo del rapimento della bara del Grande Mike, trafugata dal cimitero di Dagnente il 24 gennaio scorso, si aggiunge ora un altro mistero, emerso da una denuncia presentata alla Questura di Milano nel settembre del 2009 da Livio Strazzera. E’ un commercialista legato da grande amicizia al celebre presentatore televisivo, scomparso l’8 settembre del 2009. Il 16 settembre, otto giorni dopo il decesso di Mike Bongiorno, Livio Strazzera aveva incontrato la vedova, Daniela Zuccoli, e le aveva rivelato che “Un anno e mezzo fa, non ricordo bene il giorno, Mike ha redatto un testamento e me lo ha affidato. Da allora lo custodisco nella cassaforte del mio studio. Mike mi ha dato disposizioni affinché voi possiate leggerlo”. Secondo il commercialista milanese nello scritto affidatogli dal celebre amico tutti i beni cumulati nella lunga e fruttuosa carriera televisiva erano equamente divisi tra gli eredi: alla moglie Daniela Zuccoli andava il 50 per cento di tutto e ai tre figli Michele, Nicolò e Leo il restante 50 per cento. Daniela Zuccoli però aveva reagito alla rivelazione del commercialista con sorpresa spiegando che “il 28 settembre del 2008 mio marito aveva depositato un testamento ufficiale presso il notaio Iannello di Milano secondo il quale a me spettava il 51 per cento delle sue sostanze e ai miei tre figli il 49 per cento”. Il commercialista però non aveva avuto il tempo di riflettere sulla strana circostanza di un doppio testamento vergato quasi contemporaneamente ma con disposizioni diverse. La stessa notte del 16 settembre il suo ufficio era stato visitato dai ladri che, dopo aver lavorato duro di fiamma ossidrica e piede di porco, si erano portati via la cassaforte che custodiva le ultime volontà del presentatore. Sorpreso dalla concomitanza Livio Strazzera aveva presentato regolare denuncia alla Questura di Milano il giorno dopo. Nei giorni scorsi il commercialista è stato ascoltato dai carabinieri del Reparto Operativo di Novara che indagano sul rapimento della bara di Mike Bongiorno, secondo i quali nella storia del doppio testamento potrebbe nascondersi la soluzione del mistero del furto al cimitero di Dagnente. Gli investigatori, infatti, cominciano a dubitare che dietro il ratto delle spoglie del presentatore di “Lascia o Raddoppia” e del “Rischiatutto” ci sia una banda di ricattatori. “Tutte le richieste di riscatto arrivate sinora alla famiglia Bongiorno sono risultate false, opera di truffatori senza scrupoli o di burloni impietosi. Nessuno dei quali in grado di fornire una prova di essere in possesso della bara” ammettono alla Procura di Verbania. Il 16 febbraio infatti, dopo aver ricevuto otto sms con cui per la restituzione della bara di Mike venivano chiesti 30 mila euro, don Mauro Pozzi, parroco di Dagnente, era finito alla stazione di Torino Stura per ritrovarsi tra la mani un messaggio grottesco (“Istruzioni antiscemo” era l’incipit) e l’ordine di dividersi in tre per salire su un treno da cui gettare il denaro del riscatto. E dieci giorni dopo allo stesso parroco era arrivata la telefonata di Pasquale Cianci e Luigi Spezia, due “balordi” lombardi che giuravano di essere in possesso dei resti di Mike. I due avevano richiamato il prete il 28 febbraio e il 1° marzo avevano telefonato direttamente a Nicolò Bongiorno. E avrebbero continuato se la sera del 2 marzo i carabinieri di Novara non li avessero sorpresi in una cabina telefonica di Milano mentre stavano chiamando la famiglia Bongiorno. Pasquale Cianci e Luigi Spezia sono tutt’ora in carcere ma secondo gli investigatori si tratta solo di due truffatori che hanno tentato di spillare soldi alla famiglia di Mike approfittando della situazione. Ora però si inizia a sospettare che il furto della bara dal cimitero di Dagnente sia stato originato da altre ragioni: non ultima quella di alimentare il mito di Mike.