Mamma, il coraggio di essere madre

di Giovanna Fronte
La prima domenica del mese di maggio è dedicata alla festa della mamma e, senza voler fare retorica, non si può non esprimere qualche riflessione non tanto sulla festa, ma proprio sul “personaggio”. In merito alla festa  vi è da sottolineare che spesso viene “demonizzata” e fortemente criticata per lo sfondo consumistico che le si attribuisce. In realtà c’è da chiedersi cosa non sia più consumismo? Veramente una rosa, un profumo, un elettrodomestico o semplicemente un pranzo o ancora meno un gelato possono ritenersi oggetti sfrenati di consumo utilizzati solo in questa ricorrenza. In realtà la festa della mamma, quella del papà, quella dei nonni, quella delle donne, dei lavoratori ed ogni altra ricorrenza simile, di fatto, consumismo o non consumismo, rappresentano un freno alla impazzante routine di tutti i giorni e impongono lo scambio di un bacio, di un augurio, di un abbraccio ovvero anche solo di una stretta di mano o di una telefonata. Gesti, questi, che si compiono sempre meno; gesti che sono e resteranno per sempre espressione  esteriore di un qualcosa che esiste e che resiste, nonostante tutto, qualcosa che assume i contorni di un valore, cioè vale nel tempo. Il valore della maternità! Di solito la festa della mamma viene raffigurata con l’immagine di una donna con il proprio piccolo in braccio, un neonato: belle immagini, serene, cariche di intimità e di sguardi amorosi. Spesso però la maternità è anche altro. Maternità è la sofferenza delle donne che non riescono ad avere figli o che li perdono senza avere la gioia di conoscere il loro volto. Maternità è l’estenuante lavoro che ogni donna compie ventiquattro ore al giorno, senza riposo settimanale né ferie, svolto per crescere ed educare il figlio. Maternità è il pianto di quelle mamme a cui la violenza e la brutalità dell’uomo ha sottratto i figli: i tanti Yara, Denise, Tommy, Sara e i tanti senza nome del Brasile, dell’Africa, del mondo intero e delle mamme che non hanno mai avuto un posto dove piangere i loro figli o hanno dovuto aspettare tanto tempo, un’eternità, prima di ricomporre le loro ossa. Maternità è la disperazione  di quelle mamme che vedono lentamente finire i loro figli inghiottiti dalla droga, dalle slot-machine, dall’alcol. Maternità è la rabbia di quelle donne che hanno scoperto  che i figli gli hanno sottratto tutto per il loro famelico bisogno di soldi per il gioco. Maternità è l’angoscia della madre che arranca tra la folla per riuscire a vedere solo per un secondo il proprio figlio in manette e dietro le sbarre mentre viene condotto al processo. Maternità è la pena della madre indigente e povera a cui un Tribunale ha tolto il figlio. Maternità è la lunga attesa della madre che  conta i giorni in cui potrà vedere il proprio figlio allontanato perché ha deciso di stare dalla parte della legge ed ha denunciato e perciò è stato allontanato. Maternità è la forza della madre che non si piega, che lotta, si risolleva e torna a cadere, che sa trasformare il dolore  in consolazione  in  un moto continuo fino a che le sue membra avranno vita, finché i suoi occhi avranno luce ed il più delle volte in totale solitudine senza l’appoggio dei propri compagni, mariti e non. Maternità è anche lo strazio della Madre ai piedi della Croce  dove è stato immolato il Figlio per il bene dell’Umanità.