Bossi sulla Libia caccia Berlusconi

Pasquale Patamia

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Se Silvio non cambia posizione sulla Libia allora può capitare di tutto”. Dura solo poche ore la frenata di Umberto Bossi sulle divisioni con il premier a proposito della crisi libica. Il Senatur aveva detto che non avrebbe fatto saltare il governo a causa della guerra e, pur non risparmiando frecciate e critiche al presidente del Consiglio soprattutto quando ha detto “meno male che c’è Tremonti”, il ministro delle Riforme aveva lasciato capire che la crisi sarebbe stata superata. “Troveremo la quadra”, aveva assicurato. Poi, a poche ora dal comizio in cui aveva fatto le sue aperture, ha ribadito la contrarietà all’intervento in Libia ed ha minacciato: “Non facciamo passi indietro, se non cambia la posizione del governo può succedere di tutto”. Il Senatur ha anche aperto un altro fronte con l’alleato. “A Milano – ha spiegato – corre Berlusconi, se perde perde Berlusconi”. Che i contrasti interni alla maggioranza non siano superati e neppure facilmente superabili è testimoniato anche dall’articolo pubblicato dalla Padania: “Il ministro Bossi è uomo di pace. La Lega è partito di pace. Ma essere contro la guerra non vuol dire subirla. Oltretutto una guerra subdola e mediatica, fatta di giornalini e giornalai che, guarda caso, fanno riferimento diretto al premier. Il quotidiano della Lega accusa Il Giornale, di proprietà della famiglia del Cavaliere, che ieri “alzava in volo la penna del direttore Alessandro Sallusti per colpire il ministro dell’Economia. In compenso – prosegue La Padania – non una parola sul silenzio disinvolto con il quale il premier aveva tenuto a debita distanza quello che si ostina a chiamare il suo principale e più fedele alleato. Così è sempre stato Umberto Bossi che qualche rospo di troppo in quest’alleanza lo ha buttato giù”.