In nome dell’amore

2098306065_110a7d215d In nome dell’amore Di Vincenzo Calafiore Crediamo di conoscere l’amore dopo le prime esperienze che tutti prima o poi facciamo e quanto si fa in nome dell’Amore, quante le sofferenze i dispiaceri, le notti bianche, a causa sua. Amare è il verbo che più coniughiamo in tutte le sue sfumature, Amore è la parola che più usiamo e il più delle volte con diverse accezioni anche contraddittorie. Ma cosa vuole dire esattamente: Amare, Amore? Forse significherà l’essere disposti al sacrificio di se stessi per amore o per amare una persona per la quale si nutre rispetto, dignità, onestà, lealtà! E’ sempre così? No in questo medioevo oscuro rivolto drammaticamente al femminicidio, che stiamo vivendo!, e pare che sia anche “ amore “ farle del male, vendicarsi e in fine ucciderla!, per gelosia, per l’onore, per incompatibilità di carattere. La cronaca riferisce quotidianamente casi terribili di persone che compiono gesti disumani “per amore”, contribuendo così ad alimentare una confusione di idee, molto pericolosa. Noi ascoltiamo queste notizie con malcelato gusto scandalistico, senza chiederci come possa l’amore portare a tanto e se abbia un senso parlare di amore in casi del genere: insomma senza porci alcun problema, quasi la cosa fosse normale e scontata. Ma si tratta di donne, di vite spezzate, di Amore mai nato. In una società come questa, vuota e sconsacrata, dove è di “primaria importanza il dovere dell’apparire ad ogni costo” dove è imperativo assoluto: la chiacchiera, il pettegolezzo, il gossip, il divertimento coatto, il riempimento della vita di inutile mercanzia, il prostituirsi al maschile e femminile per il raggiungimento di un obiettivo o per mestiere; è chiaro che gli atteggiamenti verso i grandi problemi esistenziali diventino di giorno in giorno più acritici. Un banale esempio: le trasmissioni che “fanno più audience” sono proprio quelle che hanno per oggetto triviali esibizioni di sentimenti elementari e becere chiacchiere di gente che non sa esattamente che cosa dice, ma si esprime per luoghi comuni e per “sentito dire”. Che dire di quegli amori o meglio di quei grandi amori naufragati alla prima tempesta? E di quelli che hanno resistito alle grandi tempeste? E di quelli che sono stati bruciati dalle guerre, dagli eccidi di massa, dalle Foibe, dai campi di concentramento, dai campi di sterminio? Per ricordare questi amori mai sbocciati o interrotti, spesso mi reco alla Risiera di Sa Saba (TS) penso e mi ritengo un fortunato, un miracolato. E mi commuovono quei Lui e Lei in età avanzata che vanno via assieme ancora tenendosi per mano, che spesso incontro nei parchi o per le vie della città. Allora sorge spontanea una domanda: perché loro sono ancora assieme e cos’è che li lega ancora se non l’ Amore…… quello che oggi purtroppo manca, poiché viene confuso con il possesso della sessualità! I Greci, per distinguere i vari sentimenti che noi definiamo genericamente “amore”, usavano addirittura quattro vocaboli diversi, e non certo per pignoleria: alcuni di questi sentimenti sono infatti profondamente positivi, altri invece sono nefasti e distruttivi e bisognerebbe imparare a guardarsene. Bisognerebbe leggere Marco Fabio Quintiliano. In questo senso può esserci di aiuto Platone, il filosofo che proprio all’amore ha riservato un ruolo centrale all’interno del suo sistema filosofico. Due sono i dialoghi da lui dedicati specificamente all’amore: il Simposio per intero e la prima parte del Fedro. La necessaria premessa per la comprensione del discorso è il Fedone, dedicato alla natura dell’anima umana: se infatti non si comprende quest’ultima, non è possibile neppure comprendere che cosa sia l’amore, che per Platone è per l’appunto un’affezione dell’anima. Ci vorrebbe un Socrate per illuminare questo nostro medioevo oscuro!