Il Porto di Gioia Tauro schiacciato dalle lobby del Nord

Il Piano Operativo Territoriale 2012-2014 di Gioia Tauro nel Reggino opera soprattutto sui collegamenti tra banchina e territorio circostante, con una particolare attenzione all’intermodalità. Il fine è uscire dalla “monocultura” del transhipment, peraltro oggi in forte crisi, per sviluppare attività logistiche e gateway. Tra le principali opere previste dal Pot c’è un nuovo terminal intermodale, che sarà connesso alla rete ferroviaria nazionale. Sarà dedicato ai container, ma anche al traffico d’autoveicoli nuovi. Sarà finanziato dal pubblico (con venti milioni di euro) e da privati. Altri interventi riguardano il miglioramento della capacità della banchina, del piazzale e dell’accesso allo scalo. Per quanto riguarda la parte logistica, il Piano prevede la costruzione di un capannone nella zona franca, all’interno dell’area ex Isotta Fraschini, che sarà destinato ad attività industriali, di deposito e di movimentazione delle merci.

Però, una parte dei lavoratori non è d’accordo con il ridimensionamentodel transhipment ed il Sul ha indetto una manifestazione per il 23 novembre 2011, in occasione della prossima riunione del Comitato Portuale. “Non è possibile restare immobili a guardare mentre il nostro porto si sta spegnendo lentamente, per rispondere alle lobby del nord, vengono stanziati ingenti finanziamenti per la costruzione di altre megastrutture portuali (Vado Ligure e Trieste). Non si può digerire che qualcuno possa aver deciso che il sud dell’Italia e con esso Gioia Tauro debbano sparire dalla cartina geografica del commercio e dell’economia”, scrive il Coordinamento Portuali di Gioia Tauro. Il comunicato conclude affermando che “Non è possibile che si continui a discutere di logistica, intermodalità, sviluppo del retroporto, mentre i 450 milioni di euro dell’Accordo di Programma Quadro, stanziati da oltre un anno, sono ancora fermi e non s’intravede ancora l’attuazione dei progetti previsti per un pronto rilancio di tutta la struttura portuale”.