L’Universo e Pitagora

Nato a Samo nel572 a.C. Pitagora apparteneva a famiglia molto agiata e ciò, indubbiamente, gli favorì il cammino della vita. Ebbe come maestri: il musicista e poeta Ermodane, gli scienziati Talete ed Anassimandro, il filosofo moralista Biante di Priene ed il naturalista Ferecide di Siro.

Da tale scuola non poteva non uscire un poliedrico uomo di arte e di scienze come poi sarà.

Viaggiò molto, e al seguito dei suoi maestri, e da solo come rappresentante di commercio per conto del padre. In Egitto si acquistò la benevolenza dei sacerdoti che lo accolsero aprendogli i misteri della loro scienza: la lingua, la geometria, i pesi, le misure, il calcolo con l’abaco, la qualità dei minerali. Successivamente, dai viaggi in Siria, Fenicia, Babilonia e a Sparta acquisì la conoscenza dell’astronomia , della matematica, del diritto e del calendario. Nel 538 se ne tornò nella sua Samo e qui, ormai sicuro di sé, vi fondò una sua Scuola.

E però nemo profeta in patria.  Dopo breve tempo decise di trasferirsi a Crotone che aveva conosciuto dai resoconti dell’amico Democede immigrato a Samo.

Scegliere Crotone, per Pitagora non fu certamente casuale, sapeva, insomma, dove andava a finire.

Infatti la città di Miscello, al tempo, era una città abbastanza vivace in ambito culturale.

E Pitagora ne accrebbe il prestigio ed ansi per merito suo, “Crotone fu per un certo periodo il maggior centro di vita spirituale e di attività scientifica nel mondo occidentale”, per dirla con le parole di Pugliese Carratelli. Era la città, non solo dell’amico Democede, ma anche di Alcmeone, maestro della scuola medica crotoniate, pioniere della medicina sperimentale, che, attraverso lo studio dei cadaveri, scoprì gli organi di senso e le vie di conduzione nervosa periferica e centrale.

Certamente tra Pitagora ed Alcmeone dovettero intercorrere buoni rapporti professionali.

Con queste premesse certamente Crotone offriva il terreno fertile per l’apertura di una scuola.

E la sua scuola esigeva un tirocinio molto laborioso: dettagliato rapporto informativo sulla famiglia e sul carattere del discente; verifica della reale volontà di istruirsi; quinquennale frequentazione del Maestro, col quale andava condiviso un tenore di vita non certo facile: niente carne, vino, triglie o cefali, fave, niente matrimonio e quindi niente sesso e niente vestiti eleganti. Dopo otto anni di severe prove e, previo un esame di ammissione, l’allievo entrava finalmente nel cuore della scuola.

Il Maestro di Samo insegnava la dottrina orfica della trasmigrazione e della reincarnazione dell’anima, i numeri pari e dispari, i numeri primi e irrazionali, i cinque solidi perfetti, la sfericità della terra, la teoria dei rapporti e delle proporzioni, le grandezze incommensurabili, i principi geometrici e la misurabilità degli oggetti e dei fenomeni della natura.

Come detto prima, Pitagora ebbe il privilegio di viaggiare molto e questo bagaglio di conoscenze fu la fonte primaria perché si addentrasse nella scoperta dell’Universo. Ed è stato egli stesso la prima fonte alla quale attinsero gli studi e le ricerche attorno all’origine dell’Universo.

Dal pur breve excursus emerge quanto sia stato rivoluzionario tutto il pensiero pitagorico ai fini delle ricerche realizzate dalla moderna astronomia. A Pitagora non interessarono le ipotesi fisiche di Talete e di Anassimene, per capire l’origine e la costituzione dell’Universo, e si diede subito, come Anassimandro, alla speculazione metafisica, forte della sua conoscenza sui numeri. E sui numeri si fonda il pensiero pitagorico. Insomma per Pitagora e i Pitagorici il numero è l’ “archè”, invece che l’acqua, l’aria o il fuoco. Già Aristotele aveva riassunto efficacemente il pensiero pitagorico che qui riporto. “ I Pitagorici per primi si applicarono alle matematiche e le fecero progredire e, nutrite delle medesime, credettero che i principi di queste fossero i principi di tutte le cose che sono. E, poiché nelle matematiche i numeri sono per loro natura i principi primi e appunto nei numeri essi ritenevano di vedere, più che nel fuoco, nella terra e nell’acqua molte somiglianze con le cose che sono e che si generano; e, inoltre, poiché vedevano che le note e gli accordi musicali consistevano nei numeri; e, infine, poiché tutte le altre cose, in tutta la realtà, parevano a loro che fossero fatte ad immagine dei numeri e che i numeri fossero ciò che è primo in tutta quanta la realtà, pensarono che gli elementi del numero fossero elementi di tutte le cose e che tutto quanto l’universo fosse armonia e numero”. Per arrivare al numero come “principio” dell’Universo, sarà stato fondamentale l’aver scoperto che i suoni e la musica in genere, alla quale i Pitagorici si dedicavano molto per via delle loro purificazioni e catarsi, si traducono in numeri, come l’ampiezza delle corde musicali o la varietà di peso che determinano diversità di suoni. Ancora più fondamentale sarà stata la scoperta dell’incidenza determinante del numero nei fenomeni dell’universo; sono, infatti, leggi numeriche che portano alle stagioni, ai mesi, ai giorni; sono ancora i numeri che regolano qualsiasi fenomeno della vita. Partendo da queste esperienze, Pitagora asseriva  che vi era una proporzione ed una misura, esprimibili in numeri, in ogni singola cosa ed in tutto il cosmo; il numero di ogni cosa veniva così ad essere la parte fondamentale, “divina”, della cosa stessa, la sua essenza.

E’ evidente l’itinerario seguito da Pitagora per determinare il numero come principio di tutte le cose. Del resto, era inevitabile perché fino ad Aristotele il numero era pensato come cosa reale e come tale il “principio”. Se il numero è “principio” e se tutto è costituito dal numero, “tutto è ordine. E poiché in greco ‘ordine’ si dice ‘kosmos’, i Pitagorici chiamarono l’universo ‘cosmo’, ossia ‘ordine’”E c’è di più.

La scuola di Pitagora non fu soltanto la scuola del pensiero matematico e razionale, anzi, sulla scorta della scoperta del numero e quindi dell’ordine, divenne anche “ ‘associazione religiosa e politica’ a carattere essenzialmente ‘esoterico ed iniziatico’, sulla traccia specialmente dell’Orfismo, da cui tanto trasse”. Nel pensiero pitagorico erano fuse insieme una componente mistico – religiosa ed una razionalistica; secondo la sua dottrina religiosa, tutti gli esseri di cui è composto il mondo fruivano di una affinità fondamentale, in quanto tutti contenevano un frammento dell’immortale e divino soffio universale che circonda e regge il mondo. Su questa base era fondata la dottrina della trasmigrazione delle anime: all’atto della morte, l’anima, cioè quella parte del soffio divino che ogni singolo ha in sé, esce dal corpo morente e si incarna in un altro essere, sia esso  uomo, animale o pianta. La vita del tutto era concepita quindi un moto continuo, un ciclo incessante di morti e reincarnazioni. Il fine del singolo era la liberazione da questo movimento e il ricongiungimento della sua anima individuale con quella universale e ciò poteva avvenire attraverso una progressiva purificazione.

Fin qui l’affinità con l’Orfismo; ma mentre per quest’ultima setta religiosa la purificazione si otteneva solo attraverso riti orgiastici, per Pitagora, invece, la conoscenza  dell’elemento divino e della sua natura  è fondamentale e poiché il divino regge il cosmo, conoscere la natura significava conoscere la legge che regola il mondo.

Ecco così che la speculazione pitagorica si saldava con la religiosità.

Quale sarà il futuro dell’universo? Viviamo in un universo illimitato ed in continua espansione e per tutti i tempi? Il destino è incerto.

Però non possiamo non apprezzare quanto ci è pervenuto da Pitagora e forse l’astronomia che verrà spiegherà qualcosa di più non senza la considerazione delle grandi intuizioni pitagoriche.

Per concludere, faccio mie le espressioni del ricercatore calabrese Domenico Teti.

“Noi dell’era atomica, a distanza di 25 secoli dalla Scuola Pitagorica, possiamo valutare a pieno la grande intuizione di Pitagora: noi che abbiamo assistito al dischiudersi di un mondo imprevisto di scoperte e di conquiste attraverso due chiavi matematiche: la miracolosa formula di Einstein (l’emiprodotto della massa per il quadrato della velocità) e quella ugualmente determinante della ‘costante di Plank’. Sono queste due formule ‘fatte di numeri’, come quelle di Pitagora, che ci hanno consentito di comprendere come “siano i numeri a governare tutti i fenomeni energetici, quei fenomeni da cui sono scaturite le più grandi conquiste della scienza”.