La luna oltre la siepe

“ … sto commettendo lo stesso

errore di cui fin’ora ho incolpato

la mia stupida convinzione che l’amicizia

è il bene assoluto.

Mi sto compiacendo della mia delusione

e della sconfitta morale elaborata come

la cosa peggiore nel modo in cui i falsi

amici che detesto si compiacciono della loro

mediocrità. Stupidità è anche arrendersi

alla mediocrità. La fantasia che è generosità

per certi versi, oggi in questo mondo capovolto

e irrazionale è l’arma più micidiale, l’unico

spazio ove c’è la fuga dalle cose morte! “

Vincenzo Calafiore

 

 

Sto commettendo lo stesso errore di cui fin’ora ho incolpato la mia stupida convinzione che l’amicizia è il bene assoluto.

Mi sto compiacendo della mia delusione e della sconfitta morale elaborata come la cosa peggiore nel modo in cui i falsi amici che detesto si compiacciono della loro mediocrità. Stupidità è anche arrendersi alla mediocrità. La fantasia che è generosità per certi versi, oggi in questo mondo capovolto e irrazionale è l’arma più micidiale, l’unico spazio ove c’è la fuga dalle cose morte!

Più ci penso in questa notte illuminata da una luna gigante oltre la grande siepe della solitudine, e più mi convinco che un passato può tornare presente, rimettermi nelle esatte condizioni di spirito e di corpo che furono di un tempo.

Ci sono parole, silenzi e, gesti, voci che ritornano come se i tanti anni non mi dividessero

da quell’estate del ’73 !

Spensierata età, spensierata estate.

Jukebox ad alto volume e “ Sapore di sale “ ballato stretto stretto su una mattonella!

Mi colpiva la sua bellezza, un non so che di nitido, di primavera, ciò mi aveva meravigliato, sopraffatto.

L’ho sempre pensato che ci sono donne nate da particolari sortilegi della natura, che in stato di ebbrezza, si è divertita servendosi dei tratti e delle forme più belli per creare simile beltà.

In lei mi era sembrato prevalessero la disponibilità e la dolcezza; aveva una grazia che la rendeva particolare e allo stesso tempo sfuggente.

Di sera l’aspettavo seduto su una barca, pronta a prendere il largo … arrivava con il suo vestito indiano e si andava in un’ansa tra gli scogli a parlare ….. Erano dei bei “ vissuti indimenticabili momenti “ della piacevolezza e della beltà, insomma con lei mi trovavo serenamente a mio agio e provavo un gran benessere cose che solo certe rare donne sanno dare, non so perché ma mi trovavo con lei sempre mano nella mano o con una mano posata sulla sua spalla e mi piaceva questo mio gesto  che riusciva a darmi la bellissima sensazione di una lunghissima conoscenza reciproca.

Riuscivo a percepire il ritmo del suo respiro, il senso più intimo di un’esistenza destinata.

Per me era importante rendermi conto che stavo portando qualcuno per mano, con la voglia di essere amato, contraccambiato, oggi in questo mondo non capita quasi più, vi siamo disabituati.

Era così piacevole quel camminare insieme,ridendo e fermandoci a volte per darci un bacio.

Le mani non devono invecchiare mai! Devono rimanere adolescenti piene di desiderio del contatto, anche nel modo di amare.

La primavera era esplosa in mille fragranze e, noi continuammo a camminare, di strada in strada, respirando a fondo quei profumi che invadeva la città, sorridevo a vederla come una bambina a lasciarsi andare e a farsi cadere addosso quei profumi, quei fiocchi di futuro incerto.

Quando, guardandomi negli occhi mi disse: << Andiamo al mare, in barca. E facciamo l’amore?>>

Lo propose con la sua gioiosa consapevolezza, senza finzioni.

Essa era un mio intenso desiderio, che in una certa maniera prescindeva da me, cercava le sue provocazioni, i suoi spazi, senza che i buoni propositi della mente potessero farci nulla e ciò non rendeva volgare l’atto sessuale, al contrario.

Sapevo che accentando, mi sarei immerso in attese intemperanti e calde, una dimensione dove avrei potuto vivere altre mille vite…

La verità è che la “ Pegasus “ viaggiava in me attraverso meravigliosi spazi. Felice, felice anche di un nuovo mondo, un mondo in cui mettere piede!