Fra echi espressionisti rivive “Il lago d’argento” di Weill all’Opera di Nancy

Domenica pomeriggio, l’Opera di Nancy è stata teatro di una rimarchevole rappresentazione de “Il lago d’argento” di Kurt Weill, un’opera affascinante e raramente rappresentata.

Storicamente, “Il lago d’argento” si colloca in un periodo critico che riflette le tensioni e le preoccupazioni sociali del suo tempo. Capolavoro poco noto degli anni Trenta del XX secolo, è profondamente radicato nel tumulto incandescente, trasgressivo e decadente, della Germania di Weimar. L’influenza dell’espressionismo tedesco è evidente nel modo in cui il dramma si svolge, dipingendo un quadro assurdo, al contempo cupo e satirico, ma in definitiva realistico della cupa angoscia del tempo.

Questa messa in scena di Nancy è riuscita a catturare lo spirito di una società che già porta in sé le metastasi del nazismo -, integrando elementi visivi che ricordano la satira tagliente delle opere di Otto Dix.  Kurt Weill, noto per la sua innovativa fusione di stili musicali, ha creato un’opera che spazia musicalmente dal cabaret al jazz, con armonie dissonanti e ritmi sincopati che sottolineano la tensione e la drammaticità della vicenda, ben resa dalla direzione musicale del maestro Gaetano Lo Coco. Le melodie complesse ma orecchiabili di Weill si intrecciano con testi poetici da teatro dell’assurdo: questo equilibrio tra musicalità accattivante e profondità emotiva affascina e le sue melodie catturano l’essenza dei personaggi e delle loro storie.

Memorabili i due ruoli principali maschili, Severin e Olim, interpretati con maestria notevole da Joël Terrin e Benny Claessens, che hanno catturato l’essenza complessa, contraddittoria e molto umana, dei loro personaggi, animando il racconto struggente di Weill con performance vocali e intensità drammatica notevoli. Sebbene Claessens possa essere sembrato forse un po’ troppo sopra le righe nella prima parte, si è rivelato capace di grande finezza interpretativa nello struggente finale. In ogni caso, la loro alchimia sul palco è tangibile, rendendo ogni scena insieme elettrizzante e autentica. Il finale dell’opera, di una delicatezza e di un’emozione mozzafiato, ha toccato il cuore. Questa conclusione commovente è una magnifica illustrazione del genio di Weill nel catturare la fragilità umana e la complessità delle emozioni, lasciando il pubblico sia incantato che emotivamente coinvolto.

Giovanni Chiaramonte

 

Foto di Jean-Louis Fernandez