Italia Nostra apre un dialogo con le scuole

Zanotti

La sezione di Vibo Valentia, insieme al Liceo Statale “V. Capialbi” e la collaborazione del Sistema Bibliotecario Vibonese, hanno organizzato un incontro formativo dal titolo “Italia Nostra per il territorio e le nuove generazioni”, nell’ambito del quale verrà presentato anche una proposta progettuale. L’evento si terrà nell’Aula Magna della scuola martedì 5 dicembre, alle ore 11.30.

Il programma prevede la presentazione dell’associazione (nata nel 1955), tra gli enti no profit ambientaliste e di promozione dei beni culturali più importanti a livello nazionale. Figura eminente che ha segnato la storia dell’associazione con la sua indiscussa autorevolezza umana, morale, etica e culturale, Umberto Zanotti Bianco (primo presidente di Italia Nostra, senatore a vita, filantropo, meridionalista, archeologo, scrittore). Si è dedicato al riscatto materiale e culturale della Calabria (ancora studente è accorso per aiutare la popolazione dopo il disastroso terremoto del 27 dicembre del 1908 che ha distrutto Messina e Reggio e diverse località dell’Aspromonte), per tutta la sua vita (morto il 29 agosto del 1963) cercando di restituire dignità alle classi sociali più emarginate e diseredate, facendosi interprete dei bisogni e dei sogni di una terra che ha delle radici culturali profonde ma che devono essere conosciute, scoperte, curate e amate. E il dialogo con le nuove generazioni è fondamentale.

Per queste ragioni la sezione Vibonese di Italia Nostra presenterà una proposta progettuale per far vivere agli studenti l’esperienza di un percorso didattico-formativo che avrà come principale obiettivo la conoscenza del territorio attraverso la sua storia e la sua memoria, con uno sguardo rivolto alla vocazioni e identità del suo paesaggio naturale e rurale.

Momento particolare dell’incontro la commemorazione dello storico presidente della sezione Gaetano Luciano (scomparso il 20 novembre del 2017), che ha guidato con impegno, responsabilità e passione l’associazione ininterrottamente per quasi vent’anni.

Nel 2022 Luciano è stato designato come “socio meritevole ad memoriam di Italia Nostra” in quanto con la sua testimonianza è stato protagonista di una importante battaglia sociale, culturale e politica, che ha profuso con coerenza nella sua vita e in Italia Nostra. Di particolare valore la sua produzione saggistica come testimone del suo tempo in cui si coglie una vena di scrittore sensibile alla condizione storico-sociale e alla memoria storica. La sua esemplare figura va ricordata affinché le future generazioni possano seguirne l’insegnamento per trarre luce e ispirazione nella costruzione di una esperienza umana capace di trasmettere valori e sentimenti collettivi per una crescita della consapevolezza dell’importanza dell’identità, della dignità, della libertà e dell’onestà intellettuale, che ogni persona deve conquistare ed esprimere per realizzare i principi fondamentali sanciti nella Costituzione italiana e quelli dettati dalla propria coscienza.

Gaetano Luciano

A contrassegnare la commemorazione un omaggio musicale dello studente del Liceo Musicale “Capialbi” Andrea Gugliotta con un Notturno di Chopin (op.27, N. 1, in Do diesis minore”).

Nel corso della manifestazione interverranno Antonello Scalamandrè (Dirigente scolastico Liceo Statale “Capialbi”); Nicola Rombolà (Presidente Italia Nostra Vibo Valentia); Alessandro Caruso Frezza (Vicepresidente Italia Nostra Vibo Valentia); Caterina Calabrese (Segretaria Italia Nostra Vibo Valentia); Pia Periti (Responsabile percorsi educativi Italia Nostra Vibo Valentia). Oltre agli studenti del Liceo “Capilabi”, parteciperanno quelli del Liceo Classico “Morelli”, del Liceo Artistico “Colao”, del Liceo Scientifico “Berto”, dell’ITG-ITI e dell’Ipseoa “Gagliardi”.

 

La parabola esistenziale e simbolica di Umberto Zanotti Bianco

C’è un valore etico-culturale e simbolico nelle esperienze degli uomini grandi, che si elevano con l’opera e gli ideali e questa grandezza la possiamo cogliere nella parabola esistenziale di Umberto Zanotti Bianco. Nato in quell’isola dove nasce il mito del labirinto e del Minotauro, della razionalità, del filo dell’amore che riesce a dominare e a sconfiggere la barbarie, la mostruosità dell’uomo chiuso in se stesso che partorisce violenza e spietatezza. Ed è questo, più di ogni altro significato, che dobbiamo cogliere nella vita di quest’uomo che comincia il suo viaggio da quell’isola dove sono piantate le radici del mito, per far ritorno nella sua patria spirituale, nella Magna Grecia, in una sorta di Nostòs.

Sono i segni che raccontano e che forse parlano un idioma più profondo e ci spiegano più di ogni altro documento o monumento del passato, il valore di un’esperienza e l’eredità che noi, testimoni del presente, dobbiamo raccogliere per farla rifiorire nell’humus dell’impegno, dell’onestà intellettuale e nell’esemplarità dei nostri comportamenti, consapevoli di avere una grande responsabilità nei confronti delle generazioni future, affinché anche in loro possa scaturire l’amore, il sentimento, l’entusiasmo, il desiderio, l’impegno che si prova quando la vita si apre al dono della conoscenza, della solidarietà umana e abita la storia di una terra dove hanno sperato, hanno sofferto, hanno gettato la loro anima, il loro sapere e i loro sentimenti, i nostri padri, per trarre ispirazione, così come ha fatto e come ci ha insegnato Umberto Zanotti Bianco nella sua indefessa lotta per riscattare questa terra dalla atavica sofferenza, attraverso l’amore e scavandola, come i contadini hanno fatto per millenni.

Umberto Zanotti Bianco nasce a Canea nella mitica isola di Minos a Creta – il 22 gennaio 1889, poi con la famiglia si trasferisce a Torino.

Appena terminati gli studi al Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, si interessa con pochi altri giovani appassionati delle condizioni della Calabria dopo il disastroso terremoto del 28 dicembre 1908, su esortazione di Antonio Fogazzaro, il romanziere autore di Piccolo mondo antico. Con il vicentino Giovanni Malvezzi conduce un’esemplare inchiesta sui problemi scolastici, igienici, religiosi, socio-economici ed agricoli di 38 comuni dell’Aspromonte e nel 1910 fonda l’Associazione nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno.

Affrontando il problema della scuola in Calabria così scrive:

Fu nel 1909 – ancora studente – ch’io per la prima volta scesi nel Mezzogiorno d’Italia, raccogliendo con un amico notizie sulle condizioni dei paesi dell’Aspromonte occidentale colpiti dal terremoto del 28 dicembre 1908.

Quella inchiesta lasciò nei nostri animi un così vivo senso di dolore patrio, di smarrimento per la vitalità dei mali intravveduti, che non avemmo più pace fino a che non riuscimmo a creare quella Associazione per gli interessi del Mezzogiorno a cui ho dedicato tanta parte della mia vita.

A queste sue parole cariche di umanità fa da contrappunto il ricordo di Alba Medea sull’amore e dedizione che Zanotti Bianco profuse per riscattare la miseria che attanagliava la gente di Calabria:

“Quella sua parola rapida, sommessa, quasi soffocata dall’irrompere delle troppe cose che tutte voleva comunicare, descriveva luoghi, persone, situazioni ed ecco i paesi sperduti, senza strade, senz’acqua, le scuole sistemate al meglio in tuguri, quelle scuole che avrei più tardi imparato a conoscere dal suo volume Il martirio della scuola in Calabria, i villaggi senza asili coi bimbi abbandonati nelle strade mentre le madri erano lontano, impegnate alla raccolta delle olive o in altri lavori agricoli. Ecco i malarici, i bambini deformi, i giovani precocemente invecchiati e insieme i personaggi romantici, che popolano certe pagine della sua raccolta di ricordi intitolata Tra la perduta gente, come la vecchia pazza per amore e i luoghi infinitamente belli, i paesi arrampicati sulle rupi, gli immensi orizzonti, i vasti uliveti di Palmi, l’arida costa ionica, la poesia insomma di quell’estremo lembo d’Italia. Tale era la forza persuasiva del suo dire, il potere trascinante del suo esempio che, subito, sognai di scendere anch’io a lavorare laggiù e mi vidi maestra in un asilo sperduto o infermiera in qualche ambulatorio dell’Associazione”.

Per anni Zanotti Bianco percorre instancabilmente la Calabria istituendo centinaia di asili, scuole, cooperative di lavoro, biblioteche itineranti, ambulatori, colonie montane. Così scrive:

Il ricordo della grande civiltà fiorita – quando ancora Roma non era che un aggregato di villaggi di pastori – sulle feraci sponde dell’attuale Calabria, e con tale intensità che gli stessi greci chiamarono quelle loro colonie la Grande Grecia (megale hellas) ha nutrito per secoli la fantasia delle genti calabresi sempre in attesa della riapparizione delle testimonianze del loro luminoso passato.

Percorrendo la bella e severa regione, non è raro trovare nei villaggi chi vi mostri nelle vaghe lontananze, presso le distruttrici fiumare o nelle località più impensate il luogo ove sarebbe sepolta una delle antiche città dal nome glorioso o qualche favoloso tesoro. E il sentir parlare di queste antiche meraviglie, colorate dai sogni, da umile gente tra il fumido odore dei loro miseri abituri e le tristi stigmate di una povertà secolare, ha una poesia che non è possibile dimenticare.

Volontario nella prima guerra mondiale, difende anche con gli scritti la causa delle nazionalità oppresse.

Nel 1922  soccorre le popolazioni affamate della Russia.

Dopo il delitto Matteotti, come si ricorderà, avvenuto nel 1924, il primo gennaio 1925 restituisce al ministro della guerra la Medaglia d’argento al valor militare guadagnata sul San Michele e al ministro dell’istruzione pubblica la Medaglia d’oro di benemerito della cultura “per esprimerle il profondo dolore, la indicibile vergogna che provo in quest’ora in cui gli uomini del governo sono sì incerti e tardi nel difendere l’onore del Paese.”

Nel 1920 istituisce con l’archeologo trentino Paolo Orsi la Società Magna Grecia, per ricerche archeologiche nel meridione – i due si incontrano nel 1911 sullo Stretto, mentre Orsi torna alla sua soprintendenza siciliana da una visita in Calabria.

Nel 1924 crea la Collezione Meridionale, raccolta dei più significativi testi dei meridionalisti; nel 1931 fonda l’Archivio storico della Calabria e della Lucania. Quando fu costretto dal regime fascista a rinunciare alla sua attività sociale, si dedica agli scavi archeologici conseguendo straordinari risultati.

Nel 1932 individua il sito dell’antica Sibari; nel 1934, insieme all’archeologa Paola Zancani Montuoro, scopre l’Heraion alla foce del Sele, definito come il più importante complesso scultoreo della Magna Grecia, con i cui ritrovamenti crea in seguito il museo di Paestum.

Arrestato per antifascismo nel gennaio 1941, viene carcerato a Regina Coeli a Roma e quindi inviato al confino, prima a Paestum e poi a S. Agnello di Sorrento. Nel 1944 riprende la sua attività interrotta riorganizzando la Croce Rossa Italiana come presidente ed assumendo nel 1951 anche la presidenza dell’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno.

Nel 1952, per i suoi altissimi meriti, viene nominato senatore a vita.

Nel 1955 insieme ad altri importanti nomi del mondo della cultura fonda l’associazione nazionale Italia Nostra e assume la presidenza fino alla fine de suoi giorni, il 28 agosto 1963.

Tra le tante testimonianze mi è sembrata significativa quella di Giorgio Bassani, anche lui artefice di Italia Nostra,  poeta e scrittore morto nel 2000, autore del romanzo Il giardini dei Finzi-Contini da cui è stato tratto come molti ricorderanno, il celebre film di Vittorio De Sica.

“Tutti sanno chi è stato Zanotti Bianco. Il suo nome è connesso indissolubilmente alle stupende metope d’arte greca da lui ritrovate durante il periodo di confino inflittogli dal fascismo alle foci del Sele, presso Paestum. Ma badiamo un momento al carattere dell’uomo. Impetuoso, appassionato, estremamente romantico, a conoscerlo superficialmente poteva magari apparire, nella sua rigidezza anche fisica, nella sua asciutta grazia ascetica, nella strana autorità del suo dandismo, un uomo d’altri tempi. Senonché, a conoscerlo da vicino, ci si accorgeva ben presto di quanta attenzione fosse sottesa la sua distrazione di aristocratico, di quanta vera forza la sua delicatezza quasi femminea, di quanta concretezza il suo idealismo, di quanto senso storico il suo estetismo. Non era forse, quel che si dice, un organizzatore. Concepiva Italia Nostra come una emanazione quasi diretta della sua personalità e della sua fede. Ma la nostra associazione, ai suoi inizi, aveva bisogno appunto di questo: che intervenisse qualcuno capace di appropriarsene, di marcarla nella sua impronta. Il nostro donchisciottismo, che ancora oggi fa sorridere di compatimento qualche ben pensante, ma che rappresenta tutto sommato, la nostra forza più autentica, è stato Umberto Zanotti Bianco a lasciarcelo in retaggio.

Il mondo nel quale oggi viviamo non pensa che a catalogare, a distinguere: gli uomini come le cose. Ci circondano da ogni parte tetri filologi, noiosissimi specialisti. Ma Zanotti Bianco no, era un uomo intero, un filologo, un archeologo, e, al tempo stesso, un patriota. Il volto che fin dall’inizio Italia Nostra ha assunto viene senza dubbio da lui, dal suo esempio.

Un’altra importante testimonianza è quella di Desideria Pasolini dell’Onda, anche lei artefice della nascita di Italia Nostra:

Per Zanotti Bianco la cultura doveva appartenere a tutti e perciò bisognava creare una nuova coscienza morale e civica e una nuova sensibilità della conoscenza e di rispetto verso la cultura locale e nazionale. Si riallacciava ai motivi della sua gioventù e a quell’opera educativa e sociale che aveva sviluppato negli anni nè mai abbandonato neanche quando era presidente di Italia Nostra: la creazione in Calabria di scuole, asili e biblioteche per la lotta contro l’analfabetismo.

Profonda era la sua antica determinazione che la conoscenza, nel senso più alto della parola, di quelle regioni doveva agevolare a chi vi si dedicava, a rendere quelle popolazioni consce e orgogliose delle proprie radici, della propria cultura, dei loro diritti e dei loro doveri. Occorreva perciò suscitare in loro, e non imporre, il desiderio profondo di partecipare alla democrazia nazionale e a quella europea.

Ed infine significativa anche questa breve notazione di Elena Croce, che partecipa attivamente alla nascita dell’associazione, il cui nome “Italia Nostra” si deve a Pietro Paolo Trompeo, come ricorda la stessa figlia di Benedetto Croce:

Il nome del patrono  della nascente associazione non poteva infatti essere se non quello del quasi leggendario monaco-laico delle imprese umanitarie e sociali che il fascismo , ad un certo punto, con provvidenzialismo involontario, aveva fatto diventare archeologo.

E mi piace chiudere, dopo questa breve ma intensa parabola esistenziale e per certi versi, spirituale, che ci ha fatto vivere Zanotti Bianco, con le parole della stessa Elena Croce, che devono essere oltre che rappresentare, la via maestra per ognuno di noi, che viviamo le sorti di questa terra.

Noi tutti che abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo, di dividerne il pensiero, di subirne l’influenza, e di ammirare la stupenda integrità, siamo in un certo senso i testimoni e gli esecutori della sua eredità spirituale.