Presentato nella Città Bruzia il Libro-Ricerca di Wanda Lombardi  “Castelli e Torri “- Patrimonio della Provincia di  Cosenza. Guida ad un autentico Giacimento storico-architettonico-monumentale da valorizzare

Fiume Crati copertina

(Secondo il Prof. Bufalo dell’ UNICAL rivisitare questi luoghi ha un senso solo se non siano considerati alla stregua di reperti fossili o resti archeologici, da osservare con distacco, da spolverare e da riporre poi in una teca o in un museo…).

La locandina della presentazione del Libro-Ricerca di W. Lombardi a Cosenza

La locandina della presentazione del Libro-Ricerca di W. Lombardi a Cosenza

Presso la Sala degli Stemmi della Provincia di Cosenza, che ha assicurato il patrocinio, ha avuto positivo riscontro di pubblico e la giusta eco la presentazione del Libro-Ricerca di Wanda Lombardi   (autrice della pubblicazione e Vice Presidente dell’ANDE – Cosenza ), dal titolo: “ Castelli e Torri”- Patrimonio della Prov. di Cosenza. Il prodotto editoriale s’è avvalso del coordinamento della stessa ANDE – Associazione Nazionale Donne Elettrici di Cosenza, che ha in Giulia Giovanna Bergantin, Giornalista, la massima espressione, in qualità di Presidente, che ha moderato l’incontro ed ha firmato la presentazione della pubblicazione, illustrando anche le finalità della stessa ed il clima solidaristico in cui la stessa è stata concepita.

Al tavolo, inoltre, presente l’autrice e il Prof. Romeo Salvatore Bufalo dell’UNICAL, quale relatore principale dell’Evento.
Il Tavolo della Presentazione del Libro-Ricerca Castelli e Torri . Da sin. Giovanna Giulia Bergantin (moderatrice); l’autrice, Wanda Lombardi; il relatore, Romeo Salvatore Bufalo

Il Tavolo della Presentazione del Libro-Ricerca Castelli e Torri. Da sin. Giovanna Giulia Bergantin (moderatrice); l’autrice, Wanda Lombardi; il relatore, Romeo Salvatore Bufalo

L’originale ed appassionato lavoro di Wanda Lombardi, di oltre 100 pagine, con copiose, specchianti e selezionatissime  immagini, descrizioni accurate e fluide, ha sortito  la collaborazione di Francesca Geremia, per il corredo delle foto, l’impaginazione e grafica a cura di Franco Benvenuto e, in copertina, appare  un magnifico disegno del Castello Svevo-Normanno di Cosenza. Dopo aver presentato i protagonisti del Tavolo dei lavori ed una breve e saliente introduzione al tema in evidenza, la moderatrice ha annunciato l’intervento del Prof.Bufalo che, alla conclusione, ha suscitato un interessante dibattito.

La Copertina del Libro Ricerca Castelli e Torri di Wanda Lombardi

La Copertina del Libro Ricerca Castelli e Torri di Wanda Lombardi

Della corposa relazione del relatore abbiamo selezionato passaggi salienti in cui le osservazioni e notazioni ben introducono non solo alla struttura complessiva del Libro-Ricerca ma ne colgono la vera essenza e portata, in termini di valenza e pregio descrittivo di un incommensurabile patrimonio di Beni Storico-artistici in cui nel volume, unitamente alla localizzazione di ogni contesto, si  accompagnano le relative  e suggestive immagini.

Perché questi Luoghi ci fanno conoscere un pezzo della nostra memoria storica?

Il Prof.di Filosofia ed Estetica dell’UNICAL, Romeo Salvatore Bufalo, esordisce subito affermando che il libro di Wanda Lombardi è un utilissimo lavoro fatto con l’intelligenza e la passione di chi è legato al proprio territorio col cuore ma anche con l’intelletto (dall’impasto di intelletto e cuore si genera la memoria, che è la facoltà umana più specificamente chiamata in causa da queste pagine in cui parole e immagini si fondono in una relazione efficace).

Vorrei partire da una domanda che, indirettamente, pone la stessa Wanda Lombardi nella prefazione al volume, ovvero: perché dovremmo accogliere l’invito che lei ci fa a visitare i castelli e le torri che si trovano sulle coste e nell’entroterra della provincia cosentina? In parte è lei stessa a darcene la risposta: Fare esperienza di questi ‘residui’ del passato riguarda non solo la natura, cioè il territorio nella sua fisicità, l’aspetto puramente architettonico, nella linea di una semplice descrittiva e catalogazione tecnico-formale. Fare esperienza di questi luoghi ha a che fare anche con la storia e con lo spirito, vale a dire con la cultura; perché testimoniano della presenza dell’uomo e delle sue forme storiche di vivere e di pensare”.

Il Prof. Romeo S. Bufalo -Docente UNICAL.

Il Prof. Romeo Salvatore Bufalo-Docente UNICAL.

Ecco, io vorrei provare a sviluppare questo aspetto semplicemente accennato dall’Autrice nella premessa.

Attraverso i castelli, le torri, ma anche le abbazie, le chiese, i conventi si consumava una parte considerevole della vita, individuale e sociale, del territorio circostante. Prendete il castello di Cosenza (dato che siamo proprio a Cosenza). Esso ha un’importanza storica notevole. Perché nel 1585 il Collaterale, ossia il Consiglio supremo del Regno, istituito nel 1516, rilevatane l’inutilità, decide di sospendere l’assegno al castellano e ne destina la struttura a carcere e sede dell’Udienza provinciale. L’atto relativo segna la fine dell’incastellamento in Calabria.

Questi ‘resti’ del passato sono importanti per noi (ai fini di una memoria storica ed antropologica  del territorio) perché la loro struttura, i siti su cui sorgono, le particolari forme architettoniche e la dislocazione degli spazi sono una testimonianza del modo in cui gli uomini che vi vivevano hanno plasmato il territorio in funzione delle loro esigenze di vita singola e collettiva trasformandolo, con questa loro opera, da natura a cultura, da territorio fisico-geografico a paesaggio estetico, i cui risvolti sono, fondamentalmente, civili, o etico-civili.

Guardando le immagini di questi luoghi (ma l’ideale sarebbe farne esperienza dal vivo! Ed è questo, credo, il significato anche pedagogico di questo volume) ci passano davanti agli occhi i castelli di Cosenza, di Amendolara, di Oriolo, di Roseto, di Altomonte; le torri di Acri, di Albidona, di Cerchiara e di Cetraro (incantevole la Torre dei Monaci di Albidona, costruita, su un insediamento di monaci basiliani,  dal Viceré spagnolo Don Pedro Toledo, in seguito adibita a Ordinamento doganale.

La Giornalista, Giovanna Giulia Bergantin, moderatrice dell’Evento e Presidente dell’ANDE -Cosenza.

Ripropongo la domanda: perché questi luoghi ci fanno conoscere un pezzo della nostra memoria storica?

Per rispondere bisogna osservare che il sistema castellare svevo-angioino ed aragonese (e questi castelli e torri ci raccontano anche le alterne fortune di questi casati europei, cioè di Svevi, Angioini ed Aragonesi), era fortemente intrecciato al sistema politico-amministrativo. Dunque questi luoghi ci dicono qualcosa su come si viveva e su come erano organizzati i gruppi sociali gravitanti intorno al castello. Un altro aspetto importante è costituito poi dai materiali e dalle tecniche di costruzione. Ad esempio si nota un legame molto evidente, nel disegno architettonico, nella scelta dei siti, prevalentemente collinari, con le altre fortificazioni diffuse in Sicilia.

Molto spesso erano le stesse maestranze ad operare al di là ed al di qua dello Stretto, dando alle costruzioni una configurazione stilisticamente omogenea attraverso l’impiego dello stesso tipo di pietra di natura calcarea, attraverso lo stesso tipo di merlatura e lo stesso tipo di esposizione; dalla vicinanza al mare, ecc. Tutti fattori che favorivano molto gli scambi commerciali e, soprattutto, culturali. Tutto questo fa parlare di ‘mediterraneità’, di volto mediterraneo di queste costruzioni fondamentali del periodo medievale.

Per ritornare al Castello di Cosenza, pensate a quanta storia e memoria è racchiusa tra quelle mura. Oltre ad essere testimone delle lotte tra Angioini e Aragonesi, e centro intorno a cui ruotava la vita della comunità cosentina, esso fu anche sede di una zecca, poi deposito di armi, carcere. Dopo il terremoto del 1638 decadde per rinascere a fine ‘700, quando venne concesso all’Arcivescovo di Cosenza Michele Capece che lo trasformò in seminario, per essere acquistato, nel 1870, dal Comune. Oppure, si prenda la Torre civica di Acri, che sorge sulle rovine dell’antico castello (di cui non c’è quasi traccia, distrutto durante la guerra di successione tra Angioini ed Aragonesi. Anch’essa ci racconta molto di quella comunità storica in cui era radicata.

Più in generale, si può dire che questi castelli e queste torri, con le loro colline ed i relativi borghi che sorgevano a ridosso testimoniano di battaglie sanguinose e di attività operose; di insediamenti e di trasformazioni sociali; di sofferenze (molte) e di gioie (pochissime); in una parola: di forme di vita quotidiana e di trasformazioni storiche dei territori su cui castelli e torri sono ‘vissuti’ (perché anche i luoghi hanno un’anima, e dunque vivono).  È per questo che la loro esperienza (diretta o indiretta) non è riducibile ad una delle tante forme di ‘turismo postmoderno’, ma ha a che fare con la dimensione più profonda dell’animo di coloro che, in qualche modo, si sentono eredi di questi luoghi e di coloro che li hanno abitati. Perché favorisce la formazione e lo sviluppo di una memoria e di una identità collettiva che è ciò che ho chiamato ‘identità estetica dei luoghi’.

Rivisitare questi luoghi, insomma, ha un senso solo se non siano considerati alla stregua di reperti fossili o resti archeologici, da osservare con distacco, da spolverare e da riporre poi in una teca o in un museo.

Solo se essi sono all’origine di un’esperienza estetica dei luoghi, centrata sulla memoria storica (individuale e collettiva) che ha come scopo quello di stimolare e rafforzare quel sentimento di comunità che è in ciascuno di noi e che secondo Kant sta alla base della coesione sociale e dell’identità storica di ogni comunità politica.

Il discorso su castelli e torri non può, però, come si è accennato, essere scorporato da quello sugli antichi borghi, che alla vita del castello davano linfa e, quasi, ragion d’essere. È il complesso formato dal castello e dal relativo borgo che ci ha fatto parlare di Paesaggio. Il Paesaggio non è il semplice spazio fisico che delimita un territorio; non è solo natura, ma anche cultura; non è solo geografia, ma anche storia, ossia temporalità vissuta di cui quei luoghi sono carichi.

Riguardando questi luoghi che ci hanno visti crescere (per cui spesso si dice: ah, se potessero parlare queste mura! Ah, quante ne ha viste questa fiumara o questo vecchio albero sotto il quale ci si riuniva a chiacchierare, o questa fontana o quel vecchio mulino, ecc.) siamo come assaliti da attacchi di quella che M. Proust chiamava memoria involontaria: che non regressione nostalgica (e decadente) verso un passato da rimpiangere, ecc., ma improvvisa irruzione del passato nel presente storico che ci dice che noi siamo come siamo anche perché siamo cresciuti fruendo di quegli stessi luoghi in cui hanno abitato e sono vissuti i nostri padri, i nostri nonni, ed i nonni dei nostri nonni, ecc.

Questi borghi sono oggi desolatamente abbandonati e stanno morendo (anche i luoghi muoiono se non sono alimentati dalla memoria collettiva).
          La domanda qui è: si può invertire la tendenza?

Il Castello Svevo-Normanno di Cosenza (XIII Sec.).

C’è un modo per rivitalizzare antichi  borghi, antiche rovine, vecchi centri storici, ecc.? Prima di rispondere a questa domanda bisogna chiedersi perché quei luoghi si siano spopolati. La risposta ce la dà lo storico e meridionalista Piero Bevilacqua. Il quale ci informa che l’economia su cui si reggevano i vecchi borghi ed i territori circostanti è stata consapevolmente distrutta dalle nuove ragioni economiche europee. In tutta l’area del Mediterraneo, infatti, il prevalere di un’agricoltura industriale massiva ha fatto fallire milioni di piccole e piccolissime proprietà contadine ed artigianali. Le attività produttive si sono concentrate in pianura puntando sulle grandi aziende a monocultura. Solo tra la fine del ‘900 ed i primi decenni di questo secolo è scomparso il 48% delle piccole imprese agricole e sono stati abbandonati oltre 4.000.000 di ettari di suolo agricolo.

Come invertire questa tendenza che intasa le pianure ed inquina i suoli con i massicci interventi chimici e crea il deserto nelle zone interne (dove prevalentemente sorgevano i borghi)? Occorrerebbe far rivivere far rivivere le nostre aree di collina e di montagna con l’agricoltura biologica e di qualità, rendendo remunerative le piccole o piccolissime economie locali, sostenendole e proteggendole dalle tendenze del mercato. Bisognerebbe prevedere un Reddito di Presidio Ambientale (RPA) per tutti i piccoli coltivatori collocati in collina e nelle zone fortemente disagiate… Questo senso identitario-comunitario si può costruire (o ricostruire) favorendo e stimolando non già iniziative generiche e ripetitive (le solite sagre del formaggio o della castagna, ecc.), ma una serie di attività (come il recupero, memoriale oltre che architettonico, di piazze, quartieri, monumenti, ruderi, squarci paesaggistici, ecc.) che favoriscono un’esperienza dei luoghi e dei paesaggi come momenti attraverso i quali si delinea l’identità di una comunità.

Oggi le piazze, i quartieri, i monumenti (e, su un altro piano, le tradizioni culturali e le pratiche simboliche che a quei luoghi sono strettamente legate) vivono in uno stato di desolazione e, soprattutto, di smemoratezza.

Occorre ripristinare il flusso degli interessi storico-culturali nelle nuove generazioni.

E’ come se uno stato di crescente torpore critico si sia installato nelle coscienze dei singoli, soprattutto dei giovani, generando un effetto anestetico che spegne la ‘sensibilità’ e l’interesse critico-conoscitivo di ciascuno portandolo a rinchiudersi nel proprio guscio di solitudine e di incomunicabilità.

L’estetica dei luoghi si propone di riattivare le capacità ‘sensibili’ di ciascuno in vista di un’esperienza che ampli la vita immaginativa e conoscitiva di ciascuno e, in definitiva, accresca la sua capacità di pensare criticamente il proprio passato per raccordarlo al proprio presente storico. Rivisitare una piazza, contemplare un rudere o uno squarcio paesaggistico, rivedere immagini o riascoltare suoni depositati nella memoria collettiva, non è infatti solo un effimero fatto psicologico, ma un’esperienza che si innesta nella trama logico-emotiva di cui sono fatte le concrete forme di vita di una comunità.

Il Castello Ducale di Corigliano Calabro – Cosenza.

Per concludere: quello che abbiamo detto fin qui non significa attardarsi (quasi compiacendosene narcisisticamente) sulla vecchia retorica del piccolo-borghismo, ma vuol dire elaborare e sperimentare nuovi modi di vivere, di produrre e di consumare. In alcune zone d’Italia, per es., sono già state avviate forme di rinascita territoriale attraverso l’avvio di pratiche di agricoltura biologica, attraverso forme di allevamento non intensivo, mediante l’avvio di un artigianato a filiera corta con micro-imprese cooperative. Che hanno bisogno, ovviamente, di essere sostenute da politiche differenziate sul piano fiscale e dei servizi (scuola, sanità, trasporti soprattutto). Ripensare una sanità territoriale e capillare, sistemare strade impercorribili, aprire musei e biblioteche anche nei piccoli centri; salvare le grandi e piccole rovine del passato (come castelli, torri, conventi, borghi), significa anche curare la memoria collettiva di cui si parlava prima. Significa, cioè preservare quei beni immateriali che sono in grado di restituire una nuova anima ai luoghi e favoriscono quella che lui chiama la restanza.-

Cosenza,08.10.2023