Aria d’oriente

 

 

 

Aria d’Oriente

 

Vincenzo Calafiore

 

“ … dedicato a quelle  -donne – che

conoscono il mare che abbiamo negli occhi.

A quelle donne che nonostante tutto ancora

sanno e continuano a sognare.

Che non si arrendono davanti a niente e continuano

Comunque a credere che un giorno, che ci sarà un giorno

in cui al risveglio troveranno il loro sogno:

la felicità di essere, di amare, di esistere nel cuore e nell’anima di un altro.

Quelle che con un sì riempiono la vita, e sono lì

nel cuore, nell’anima … sono lì con un altro sì! “

                                     Vincenzo Calafiore

Succede spesso di notte, in mare aperto, a Sud di Orione. La “ Pegasus “ ha un brivido, arriva uno strattone al boma e alla barra, non è solo un cambio di vento, è molto di più.

Una trasfigurazione. Le stelle improvvisamente ardono, la temperatura aumenta di dieci gradi, il << mare >> diventa bastardo la “ Pegasus” sbanda come un’ubriaca, l’aria diventa familiare, la stessa di tanti anni fa.

Stavo iniziando a scrivere un nuovo romanzo e come sempre, me ne andai sulla stessa spiaggia di allora, quando incontrai lei…. ricordo ancora le sue parole:

“ Come fai a rimanere ancora qui, in questo paese ? “

Mi chiedi come faccio a vivere in questo paese … che si dice in questo paese …. Cosa fate in questo paese … le risposi che – Il paese non esiste – lei mi guardò con i suoi occhi neri e sfuggenti, bella, la donna con cui avrei voluto avere una storia.

No, continuai, con aria un po’ distante e un po’ malinconica, volevo dire che oggi non sono in grado di farmi capire, scusami … il paese non esiste come non esiste il mondo, come non esistiamo noi.

Sentivo che parlando con lei, tiravo fuori antichi malesseri, forse vecchi risentimenti, tracce di antiche battaglie di una lunga guerra ormai persa; parlavo con quella mia aria persa e malinconica.

Guardavo con tristezza il sole che sfiorava le cime degli alberi e tra un po’ si sarebbe tuffato in mare … Guardo lo spettacolo fuori, vedo il sole che si sta abbassando, tra poco sarà all’orizzonte, taglierà il cielo, le nuvole si confonderà con esse e poi andrà a cadere nel mare.

Certi pomeriggi, quando mi alzo dalla scrivania, le fisso con intensità, con ansia come quando si aspetta una persona amata. Viene voglia di accarezzarle con la mano, prenderle e metterle in tasca, tanto sono vicine e basse. A volte avrei voluto stenderle a terra, riempire di nuvole le strade vuote, le case abbandonate; altre volte le ho prese, le ho alzate sopra le case, le ho portate in alto come per costruire cattedrali e chiese da riempire di gente, di bambini.

Ho pensato più volte che il mondo sta diventando tutto uguale, che finalmente tutto il mondo era tutto un paese e il paese diventava nonostante tutto, un po’ mondo e chi rimane come chi parte, ha bisogno di raccontarsi favole e che il mondo non è affatto uguale.

I luoghi dove abitiamo hanno una loro anima che forma la nostra, qualcosa rimane, non è tutto finito.

Vorrei abbracciarla come per confermarsi che non eravamo scomparsi, dal balcone vorrei acciuffare il sole  che era scomparso, ormai però mi sento un ex, un ex di tutto, perfino della vita, non esistono vittorie o rivincite alle partite perse o pareggiate, giocate male …. Si gioca sempre una nuova partita che non cancellerà mai  il risultato delle precedenti!

Torno alla scrivania  come tornando da un mondo misterioso.

Quel pensiero si trasforma in una dolce serenata d’amore, ricordando quegli occhi che raccontavano malinconie, le nostalgie, la voglia di fuggire da un’altra parte. E’ diventata la colonna sonora delle mie notti sfrangiate e senza senso, di un letto vuoto, di rughe chiuse e desolate di un bisogno di vita, di amore.

Non ha molto senso ormai, non siamo più quelli di prima non sono andati così bene insieme.

Ho voglia di non pensare, di andare lontano, salire da piccolo uomo che sono col mio cavalluccio marino sopra quel manto di nuvole bianche che insegue il sole e vuole raggiungerlo, in vicinanza del mare, prima che si nasconda nell’acqua e faccia buio!