L’amore negli occhi

Vincenzo Calafiore

L’amore negli occhi

 

Vincenzo Calafiore

 

 

Quando penso all’amore il pensiero si scioglie agile nel raccontare delle proprie figure celate fra le reti del ragionamento, dei perché, dei ma; e quando le tematiche più fertili di sollecitazioni riescono a leggere misure narrative articolate, oscillanti fra dialoghi e cose mancate, confessioni, ecco la memoria aprirsi come un album fotografico sfogliato dal desiderio di rivedere, rivivere in forma di immagini e trattenerle in un sospeso gioco di riflessi e di rileggerle nel didascalico specchio di un contrappunto acceso di silenzi e di mancanze, di incompiute.

E la memoria torna in un intrecciato parlare di corpi e di fantasie, una sotterranea e persistente linea di continuo richiamo, come a non volerle perderle, custodirle senza alcun attrito, nonostante il denso dibattito dei pensieri.

Ma sono dei personaggi inventati dalla fertile fantasia di uno scrittore, proveniente dalla scuola dello sguardo ….. che continua a scrivere senza tuttavia premere il tasto dell’assoluta imparzialità, ma puntando sulle caratteristiche di quei personaggi sui quali preme la poetica visione o immaginazione, ma qui intesa  a trasformare  i personaggi in persone concrete animate di sogni e di passioni.

Succede di notte, le tende davanti le finestre piene di vento, si gonfiano come vele, è l’ora buona per navigare inventando vite e nomi, storie d’amore intrecciate tra le rive e i tramonti, le albe vissute.

Tutta questa coabitazione di dolcezza, è come la lentezza dell’uomo che s’inginocchia alla poesia scritta da un tramonto, piombata addosso nella notte, profumata dai gelsomini, è un profumo dolce e cruento allo stesso tempo.

Cominciano le visioni, nel buio una donna in piedi sospesa nell’aria, si sbraccia avvolta in una tunica dorata, nella calma piatta che nasconde uragani; sento che vado alla deriva nel mare dei ricordi.

Forse non c’è più tempo, nel mio orribile conto alla rovescia, o forse è il tempo di cominciare ad amare con la lentezza, la lentezza del mio moto.

Dopo una notte così non sono più lo stesso, le idee sul tempo e sulle distanze cambiano, la scrittura ha un’andatura a volte esasperante, a volte di grazia.

Ma lentamente la lentezza mi possiede, mi invade un immenso piacere, non sono più nessuno come individuo; sono una delle anime che a milioni sono passate da qui, uomini che hanno amato e scritto, immaginato, sognato.

Allora capisco che l’amore non ha tempo ne età, forma, l’amore è vita e la vita è semplicemente che un atto d’amore.

L’alba mi trova dove il mare di notte mi ha abbandonato, con tutte le cose, con l’uragano di cose che chi ama tiene in se, è come aver esplorato il proprio corpo, la propria anima, per riconsegnare tutto alla prossima notte, per combattere l’aridità, la disumanizzazione del mio tempo.

Sul foglio scorrono le sequenze dei dialoghi in un corso naturale che serve a custodirle senza alcun attrito, nonostante il denso andare e venire dei pensieri, si riaccendono spettacolari emozioni di visioni che ho fatto transitare in modo elastico, discorsivo, forse colto.

Le parole assumono una vita poetica, i singoli episodi hanno tutti lo stesso colore e profumo, si esalta così un inno di bellezza, alla bellezza della vita, alla gioia che imporporano il linguaggio, lo rendono dolce e pungente, cristallino e ardente nella concava voce degli innamorati della vita, della sua grande bellezza: l’amore negli occhi!