Post finale mondiali Qatar, osservazioni con gli occhi spaesati di Nike e Dike

Quest’anno nel presepe ci ritroviamo i protagonisti della finale dei campionati mondiali di calcio con i re Magi che portano oro per la vittoria dell’Argentina, incenso per la sconfitta della Francia, e mirra per i petroldollari del Qatargate  

La mutazione antropologica dello Sport diventato uno spot

È la prima volta nella storia che i campionati mondiali di calcio si giocano a dicembre. Una insolita edizione che resterà nella memoria anche per il Qatargate, lo scandalo che ha coinvolto l’Europarlamento, e non solo. A vincere la competizione l’Argentina che è riuscita a battere i campioni uscenti della Francia. Questo il dato sportivo. Ma a perdere è stato lo Sport con i suoi valori, che ormai è diventato uno spot.

La gara si è chiusa ai rigori. Un rigore che nel campo dell’UE dei diritti umani non è contemplato. Il Qatar, forte dei suoi “petroldollari”, ha aperto non solo le porte del calcio, ma anche quelle di Bruxelles. Una storia di corruzione che nel nostro Belpaese conosciamo già da decenni e che questa volta si è allargata nelle segrete stanze dell’Europarlamento.

Ma ritornando nel campo dello sport, ci soccorre Nike, la dea della vittoria. La invochiamo per illuminarci in un regno sotterraneo che ha tradito i tradizionali valori che dovrebbero contrassegnare le competizioni sportive. E riguardando con altri occhi la finale tra Argentina e Francia si possono trarre alcune osservazioni mettendo insieme sport, spettacolo, storia e antropologia. Possiamo immaginarla come un gioco di specchi dove si riflette una nuova dimensione dell’identità sportiva che coinvolge quella etnica, politica ed economica.

Ciò che è successo al Lusail Stadium scelto come teatro per l’ultimo atto del campionato (a circa 23 km a nord del centro dalla capitale del Qatar Doha), il 18 dicembre, può essere preso come modello per un osservatorio dove applicare il metodo semiotico-antropologico. Oltre ai gesti tecnici e alle dinamiche del gioco del calcio, la storia della finale tra Argentina e Francia mostra diversi volti e tanti risvolti che si possono estrarre dal linguaggio simbolico nei contenuti e nei significati dello “sport” più popolare e più diffuso nel mondo. La prima domanda che mette a dura prova la nostra intelligenza è cosa sia diventato il calcio. E’ evidente che non è stato immune dalla “mutazione antropologica” della società dei consumi, come aveva osservato Pier Paolo Pasolini nei anni del ’70 analizzando i comportamenti degli italiani (si veda in proposito “Gli scritti corsari” 1975). Quindi siamo di fronte ad una nuova fenomenologia sociale della società consumistica, non solo sportiva, in cui l’identità biografica locale o nazionale, è condizionata da altri fattori: siamo di fronte ad una sorta di ibridazione che ha generato altri legami per ragioni storico-politiche ma soprattutto grazie al potere chimico-atomico del denaro.

La storia coloniale della Francia e degli altre nazioni europee dietro il colore della pelle dei giocatori e dei soldi

Ritornando alla sfida, le due squadre in campo rappresentavano due polarità: il vecchio continente, la Francia, il nuovo, l’Argentina, geograficamente collocata nell’emisfero australe, dove adesso splende un sole estivo, che coincide con il nostro solstizio d’inverno (21 dicembre, il giorno più corto dell’anno). Al di là della geografia, quello che forse in molti hanno constatato, è il fattore fenotipico: la Francia ha schierato per la stragrande maggioranza giocatori di colore, e addirittura dopo gli ultimi cambi, solo il portiere aveva i tratti somatici tipici europei.

Invece l’Argentina non schierava nessun giocatore di colore e chissà quanti calciatori hanno origini europei, mentre qualcuno dai tratti somatici tradiva caratteri indigeni. L’altra macroscopica caratteristica è che i sudamericani, dalle statistiche sulla statura media, fossero tra gli atleti più bassi del campionato, mentre i francesi tra le compagini più alte e più giovani. Altro elemento, il calciatore premiato come miglior giocatore al mondo è tra i più bassi, Messi, con alle spalle 35 anni. Ma sia Lionel Messi che il giovane Kylian Mbappé (la “stella” francese  di 23 anni e autore di tre goal nella finale), premiato come migliore marcatore del mondiale, fanno parte della stessa formazione, il Paris Sains-Germain, il cui proprietario è un emiro del Qatar, Nasser Al-Khelaïfi, attraverso il Qatar Sports Investments.

Leggere questo mondiale con altri occhi, ci racconta la storia colonialista della Francia, come delle altre nazioni del vecchio continente, ma soprattutto come si esprime il nuovo colonialismo-imperialismo con questi fondi di investimento.

In realtà in campo non c’era la Francia, ma da una parte l’Africa colonizzata, schiavizzata e depredata; dall’altra i petroldollari dei paesi arabi dove non esiste il rispetto dei diritti umani, alleati con le ex nazioni colonialiste che si battono ipocritamente, retoricamente e demagogicamente per il loro rispetto. È necessario ricordare quello che ha determinato la Conquista dell’America dopo la sua scoperta dall’ottobre del 1492, con la distruzione di quelle che vengono definite civiltà precolombiane, e di quali crimini siano stati capaci le nazioni civilizzate dell’Europa cristiana.  Da qui il discorso si allarga alle identità antropologiche che si colora di altri significati, non solo quello della pelle.

 I nuovi imperi coloniali e il controllo dei mass media

E’ sotto gli occhi di tutti che ormai il calcio, a questi livelli, non ha più niente di sportivo ma sia diventato un industria e un ignobile mercato. Ed è chiaro che il danaro che si muove dietro e dentro le viscere di questo mercimonio non è sudato onestamente, ma frutto avvelenato di crimini, violenze e di violazioni. Come è possibile che istituzioni democratiche possano permettere legalmente un simile commercio dove viene messa in vendita la dignità umana? Ecco cosa si nasconde dietro questo mondo dorato che seduce mente, corpo e anima. Allora è urgente fare una seria riflessione su queste profonde disuguaglianze che attraversano la società, generate da questo modello basato sulla spregiudicatezza dei mercati e delle speculazioni finanziarie, sull’ingiustizia sociale, sullo sfruttamento dell’umanità e sulla mancanza di un limite ai profitti incontrollati (giocatori, manager, speculatori finanziari, nuovi o vecchi capitalisti, corrotti, corruttori e criminali), che vengono compiuti sulla pelle e sulle spalle di onesti padri di famiglia che lottano ogni giorno per garantire la sopravvivenza ai loro figli. Sono ormai da diversi decenni che stiamo assistendo ad un crescente tasso di disuguaglianza e di povertà nella popolazione sia italiana che mondiale, che non dovrebbe essere consentita da chi ha la responsabilità delle istituzioni, dovendo rispettare i principi e i valori che sono sanciti nella Costituzione. Invece si omaggiano emiri, sultani, re e altri personaggi (oligarchia plutocratica) del nuovo colonialismo, che non riconoscono i fondamentali diritti umani.

 

 

Gli occhi sconcertati di Nike e di Dike

I campionati mondiali di calcio in Qatar hanno fatto emergere  che il re è nudo, mentre dall’Olimpo osservano sconcertate sia la dea della vittoria Nike che Dike, la dea della giustizia, meditando che sugli schermi o sui monitor in digitale e in alta definizione il grande sconfitto è lo sport, destinato ad uscire di scena per far posto allo spot e alla narcotizzazione delle coscienze, grazie al potere incontrollabile dei mass media in mano a questi novelli imperatori. Come Scuola, come comunità e umanità, siamo chiamati a difendere i valori sociali, etici, civili e del rispetto verso la Dignità umana che lo Sport deve incarnare, contro ogni forma di ingiustizia, di mercimonio e di violazione dei diritti umani.