Ubi tu gaius, ibi ego gaia

Vincenzo Calafiore

Vincenzo Calafiore

 

Ubi tu gaius, ibi ego gaia

“ Ovunque tu sarai, io sarò “

 

La mia età, come definirla?

E’ un tempo non tempo, un luogo non luogo, è , e non è, è un mucchio di tante cose belle o brutte messe assieme; ma potrebbe essere felicità, quella felicità vera, intima e preziosa, lontana da ogni cosa, è esistenza.

Alla mia età, 77 anni !, ho raggiunto una specie di saggezza che non mi fa avere pazienza.

Non ho voglia di capire, non ho più quel desiderio di “ piacere “ a nessuno, ma cerco ciò che più mi piace. Non ho più voglia di sorrisi falsi, di cortesie scontate o di quei rapporti di convenienza. Ho quella saggezza che mi fa dire “ Sai cosa c’è ora ? Ma vai al diavolo! “

Capita ormai regolarmente ad ogni mio risveglio, dura pochissimo, una manciata di secondi di eternità. Mi guardo attorno e realizzo che quello che stavo vivendo prima era un sogno con te ed era tanto bello, tanto armonioso che mi sembrava quasi vero. Poi socchiudo gli occhi e mi isolo, quasi a voler tornare lì, fuggire da tutti e da ogni cosa di questa realtà, ma soprattutto fuggire da quei pensieri che hanno in se tracce di umanità da dimenticare.

Tacito il cuore, sperando di non provare dolore e mi fingo immortale.

A sapere cosa voglia dire amare!

Amore sai cosa che non ho mai provato? Essere amato.

Sono stato quello che non ha mai abbandonato nessuno, quello che ha trovato una soluzione ai problemi, sono quello che rimane al fianco dopo ogni pugnalata ricevuta, sono io sempre io quello che ama disperatamente.

Ti amo disperatamente!

Sai perché ti amo? Ho iniziato a fare un discorso fra la tua bocca e la mia, e ho visto ad occhi chiusi il tuo viso, ho parlato con il tuo cuore, con la tua anima, poi sottovoce ti dissi; ti amo.

Te l’ho detto pianissimo confondendomi col tuo seno, le mie mani nei tuoi capelli confusi, le mie labbra che hanno provato le tue umide assaporandoti nella memoria, ho sentito la tua guancia morbida e profumata, ho sentito nel cuore l’ebbrezza di dolce poesia, riempiendomi la bocca di ogni tuo desiderio nell’aria satura del tuo profumo, poi solo voci e sapore di vita.

Fermarsi …. Appartenere.

Restare, rimanere, dimorare!

Penso a questa parola – dimora- e dico dimorare … una parola bellissima che nessuno usa più! La maggior parte dice; vivo lì, sto lì …. Ma dimorare è tutto un’altra cosa.

Ha in se la dolcezza e la poesia del rimanere, che è del rimanere. E’ un rimanere sì, ma è di più, è vivere. Perché dimorare è il luogo in cui piace vivere, anche quando non ci sono dentro, ed è un rimanere, è una maniera più grande di rimanere, io dimoro in te!

Appartenenza è una parola dolcissima che amo e adoro.

Appartenersi è meraviglioso, non prevede legami di forma, ma viene dal semplice riconoscersi e viversi, di due anime farne una.

Appartenersi per il piacere dello stare assieme, esserci l’uno per l’altra.

Appartenersi con amicizia e amore, nella distanza, nel tempo,con il piacere di viversi, gioia di ritrovarsi, di attendersi, certezza di esserci.

Ecco, amore, io ti appartengo! Dirlo senza paura, senza vergogna, perché l’amore vuole questo e l’amore a volerlo, pensare che essersi incontrati e di appartenersi sia il miracolo più prezioso, un miracolo di vita.

Perché il verbo amare come il verbo leggere, sognare non sopportano il modo imperativo.

L’amore come la lettura deve essere una forma di felicità intima e preziosa e non si può obbligare nessuno ad essere felice!

Se tu sapessi amore quante volte ho detto no ad altri occhi, pensando ai tuoi occhi!

Ti amo.