Oro: guerra in Ucraina e beni rifugio

Oro

Ormai è chiaro: ci troviamo in guerra. E, come in ogni tempo di guerra, i beni rifugio sono destinati ad acquisire una rilevanza sempre maggiore. È così che si può spiegare il costante aumento del prezzo dell’oro, che è sempre più vicino alla soglia – solo psicologica e simbolica, ma pur sempre importante – dei 2mila dollari all’oncia. Il conflitto bellico che è esploso alla fine di febbraio fa sì che si punti sempre di più su quegli investimenti che vengono ritenuti sicuri, e il motivo è facile da intuire: i mercati sono volatili, a maggior ragione in tempo di crisi. Ecco, quindi, che l’oro spicca fra tutti i safe haven, i cosiddetti beni rifugio, catturando l’attenzione dei trader e degli investitori.

Un fattore positivo

Ma questo aspetto dal punto di vista dei consumatori è positivo e negativo? Tutti sappiamo che negli ultimi mesi il costo della corrente elettrica e quello del gas sono aumentati a dismisura. Così, tante famiglie che si sono trovate in una situazione di difficoltà economica hanno pensato di vendere il proprio oro. Di conseguenza, se la quotazione dell’oro aumenta, per quelle famiglie il denaro che si ricaverà dalla vendita sarà maggiore. A chi rivolgersi? Per esempio a Orofirst.it, una realtà consolidata nel settore che offre un servizio di qualità e, soprattutto, all’insegna della massima trasparenza.

Perché si punta all’oro

Da qualche settimana, ormai, la crescita delle tensioni fra l’Ucraina e la Russia aveva innescato un rialzo delle quotazioni del metallo giallo, che ormai è ampiamente andato oltre i 1.900 dollari l’oncia. La barriera dei 2mila dollari è dietro l’angolo, anche se il primato assoluto in tal senso risale a poco meno di due anni fa, quando la quotazione dell’oro toccò i 2.070 dollari l’oncia. Non è difficile intuire il motivo per cui ciò succede: nel momento in cui il contesto economico e sociale appare in crisi (proprio come era accaduto nel 2020 a causa della pandemia da coronavirus), esiste una sola strada che si possa percorrere per mettere in salvo il capitale: investirlo nell’oro, vale a dire in un bene che è dotato di un valore intrinseco. Il metallo giallo, infatti, non corre il rischio di essere svalutato perché non è sensibile ai mutamenti dell’attualità o esposto alle conseguenze di quel che succede nel mondo.

L’oro come bene rifugio

L’oro va annoverato nella lista dei beni che si caratterizzano per un rendimento standard non troppo elevato, e che però rappresentano un investimento sicuro. Grazie al metallo giallo si può essere coperti da possibili ondate di volatilità, e al tempo stesso si è protetti dalle conseguenze dell’inflazione a cui vanno incontro i beni in una situazione di crisi. Ovviamente, sono tante le soluzioni a cui gli investitori possono ricorrere: possedere una cassetta di sicurezza piena di lingotti è solo una delle opzioni. Occorre citare, per esempio, gli etc garantiti da oro fisico, che sono disponibili anche a Piazza Affari e che sono studiati per riprodurre l’andamento del metallo prezioso. Non mancano, poi, i fondi di investimento che si basano sulle azioni correlate al settore delle miniere d’oro.

Le riserve auree

Le riserve auree vengono considerate una specie di garanzia rispetto alla stabilità di un Paese, dal punto di vista economico, nell’ipotesi in cui vi fosse un rischio di default. Se si analizza la storia si scopre che sono proprio i Paesi che hanno una riserva aurea più elevata quelli che si dimostrano più solidi e che sono in grado di uscire in tempi brevi da una crisi politica, da una flessione economica o da una situazione di recessione. In base ai numeri forniti dal World Gold Council, lo scorso anno in tutto il mondo la domanda di oro ha abbattuto la barriera dei 4 milioni di chili. Negli ultimi 3 mesi del 2021 una spinta significativa in tal senso è arrivata dalle banche centrali, dalla richiesta di lingotti e di monete e dalla gioielleria.

Il ruolo delle banche centrali

Le banche centrali, in particolare, hanno accumulato oro per circa 463mila chili, vale a dire oltre l’80% in più rispetto a ciò che era avvenuto nel 2020. Ecco perché le riserve auree hanno raggiunto vertici che non erano mai stati toccati nel corso degli ultimi tre decenni.