Se in questi oscuri tempi il Sommo Poeta tornasse… a riveder le stelle

 

Sette secoli sono trascorsi dalla fine del viaggio terreno del Sommo Poeta. Ma il suo itinerario ultraterreno impresso nei versi della Commedia, come un canto che dissolve il tempo, scioglie il suo respiro segreto e profetico nelle tese corde della storia interiore ed esteriore di ogni creatura umana che sperimenta la condizione esistenziale di pellegrino sulla terra, come esule in un mondo che ha smarrito il ben dell’intelletto.

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. (Primo Levi, Se questo è un uomo)

14  settembre 2021. In queste prime ore della giornata il sole va e viene, la luce è offuscata, le nuvole screziano il cielo mentre il vento spira a piccole folate tra le piante. Il pensiero si lascia trasportare ed emette anch’esso dei versi che diventano arcane corrispondenze. E si perdono nelle regioni ignote del Creato, profuse dalle sue caste creature. Intanto fiumi di parole, montagne di libri sono stati concepiti e dati alle stampe; o una mano occulta, come la Sibilla Cumana, ha tradotto gli oracoli sulle foglie che il vento disperde. L’intero ecumene, nei due emisferi, ha ascoltato i suoi canti nelle diverse favelle, belle e men belle. Anche le tribù primitive, quelle che per loro fortuna si sono salvati dalla catastrofe a cui siamo destinati noi figli di Prometeo e di Dedalo, ormai intrappolati come topi in questi nuovi labirinti che sprigionano disumane fiamme, hanno sentito la passione di Paolo e Francesca e vissuto la compassione di Dante caduto “come corpo morto cade” dopo aver ascoltato “al tempo dei dolci sospiri” e dei “dubbiosi desiri” il “galeotto libro”;  o la visione di Virgilio e Beatrice, di “Caron dimonio con occhi di bragia”, di Minosse, di Catone Uticense, di Farinata degli Uberti, di Cacciaguida, o di Piccarda Donati; forse avranno inteso anche le terribili parole scolpite sulla porta di Dite, l’apostrofe contro Firenze, la profezia dell’Italia “di dolore ostello”, il  Cocito dove è confitto Lucifero, le Colonne d’Ercole, il folle viaggio di Ulisse. E tanti altri personaggi e le loro incredibili storie.

Ma in questo giorno rievochiamo le stelle che illuminano l’alba sulla riva dell’emisfero australe, e via via su per la montagna fino al paradiso alla ricerca della libertà, dove Beatrice ha ispirato l’amore che move il sole e l’altre stelle.  Ogni uomo che ha scavato in profondità la propria esperienza ha compreso che il viaggio di Dante racconta l’abisso e la luce, il dolore indicibile e l’espiazione, l’errare e l’errore, l’amore salvifico che scopre chi guarda senza tema l’angoscia esistenziale in cui sprofonda la propria anima quando è smarrita ed è senza una guida.

È proprio vero che il tempo esiste in quanto il rapporto tra passato e futuro non è nelle leggi elementari del moto, non è nella grammatica profonda della natura, ma che “la differenza fra passato e futuro si riferisce alla nostra visione sfocata del mondo”, come spiega il fisico Carlo Rovelli nel suo testo L’ordine del tempo, a proposito dell’equazione di Ludwig Boltzmann “Delta S è sempre maggiore o uguale a zero”. 

Tutto questo tempo, caro Dante, è passato solo perché il nostro sguardo è rimasto in superficie, non è riuscito a scavare in profondità, e come ci rivela sempre Rovelli, “la radice profonda della scienza è la poesia: saper vedere al di là del visibile”. In un tempo ancora più remoto il poeta-filosofo Eraclito, in uno dei suoi frammenti, aveva profetizzato che “i confini dell’anima non li potrai trovare, per quanto tu percorra le sue vie, così profondo è il suo logos”. Eper logica, possiamo desumere che Tu, Sommo Sapiente, hai anticipato le leggi della Fisica dei Quanti, guardando l’invisibile: hai potuto cioè, osservare il salto quantico della particella elementare, dall’Inferno al Paradiso, in una sola settimana. Quell’Amore, così potente da aprire le porte delle tenebre forse sfugge al nostro sguardo, perché non sappiamo coniugare il passato al presente?

 Ne “Gli enigmi del tempo” il genetista Edoardo Boncinelli ci riassume la storia del tempo, e di questi sette secoli:

“Il concetto di tempo contiene in sé almeno due enigmi che non hanno ancora trovato risposta. Il primo riguarda il rapporto fra il tempo e gli avvenimenti che vi accadono: il tempo è un orizzonte vuoto nel quale si scaglionano gli accadimenti come se fosse uno spazio oppure è tutt’uno con il succedersi degli eventi? Il secondo enigma riguarda la dicotomia tra la visione lineare e quella circolare del tempo. Il pensiero antico ha sempre sostenuto la ciclicità (Aion), perché l’uomo percepisce il trascorrere del tempo tramite eventi ciclici come le stagioni dell’anno o l’alternarsi del giorno e della notte; tutto ciò che appartiene alla biologia, è infatti scandito da ritmi circolari…” Ma un’altra delle questioni fondamentali che hanno a che fare con il tempo è la sua irreversibilità, perché il tempo possiede “la particolare caratteristica di andare in una sola direzione, da noi chiamata ‘futuro’…” (la dimensione di Kronos).

Per i fisici della Meccanica quantistica, che si sono concentrati a identificare le particelle occulte, succede esattamente il contrario: non è mai possibile sapere cosa sta per succedere e da ciò consegue che “il tempo della meccanica quantistica è quanto di più irreversibile e aperto possa esistere”. Per questo nessun sistema “è perfettamente chiuso, c’è sempre un residuo di informazione che sfugge, ma possiamo affermare che, se l’universo si espande e lo fa con una tempistica in buona misura determinabile, in questa caratteristica potrebbe risiedere l’origine dell’irreversibilità del tempo”. Anche il tempo della biologia ci presenta una doppia lettura. Boncinelli osserva che prima di conoscere il tempo della fisica, l’uomo ha sperimentato quello della biologia, cioè l’esperienza dell’irreversibilità del tempo. Ma quello dell’evoluzione è un tempo imprevedibile, perché nessuno avrebbe mai potuto immaginare che circa 2  milioni di anni fa “sarebbero nati dei bipedi anticonformisti che si vestono e rompono terribilmente le scatole, che vanno a suola, leggono i giornali e ascoltano le conferenze… E poi un tipo che ha vestito le sembianze di Dante – aggiungiamo noi – ha avuto la folle idea di compiere un viaggio ultraterreno, per esplorare il mistero della materia divina.   

“Anche qui troviamo un dissidio: il tempo delle cellule e delle reazioni biochimiche è controllatissimo, mentre il tempo dell’evoluzione, quello più tipico della vita, è un tempo assolutamente aperto”. In questa apertura è accaduto “uno sbaglio di natura” che ha dato origine ai bipedi che qualcuno ha identificato come homo sapiens sapiens, e che oggi, lo possiamo affermare con certezza, abbiamo fondati dubbi che sia davvero sapiens:

“In questo silenzio in cui le cose s’abbandonano e sembrano tradire il loro ultimo segreto talora ci si aspetta di scoprire lo sbaglio di natura, l’anello che non tiene, il punto morto del mondo, il filo da disbrogliare che ci metta nel mezzo di una verità… (Eugenio Montale, I limoni). 

 “Che cosa è dunque il tempo?”- si chiede Agostino ne Le confessioni:  “Se nessuno me lo domanda, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so. Tuttavia affermo con sicurezza questo: so che se nulla passasse non ci sarebbe passato; se nulla avvenisse non ci sarebbe futuro,; se nulla fosse, non ci sarebbe presente. Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, in che modo esistono, se il passato non esiste già più e il futuro non esiste ancora? Il presente poi, se fosse sempre presente e non trascorresse nel passato, non sarebbe più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per esse4e tempo, deve trascorrere nel passato, come possiamo dire anche di lui che esiste, se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere”

Fin nella sua etimologia, la parola futuro rappresenta una declinazione a venire dell’essere, dell’esistere, ma insieme contiene la radice del passato. Futurum è infatti, nella sua origine latina, participio futuro del verbo ‘essere’, e indica ‘ciò che sta per essere o accadere’, ‘ciò che è destinato ad essere’. Al tempo stesso, però, tale forma si origina dalla *fu-, che corrisponde appunto alla radice tematica del tempo perfetto, cioè del passato. Ma dov’è che il tempo finisce o inizia? Se lo sono chiesti J. Krishmurti (uno dei maestri  spirituali indiani più conosciuti al mondo, 1895 – 1986) e David Bohm (scienziato di fama mondiale, 1917 – 1992) dando vita – negli anni ’50 – a quindici dialoghi (dal titolo “Dove il tempo finisce”)  per rispondere ad una domanda che ci attanaglia con angoscia in questo nostro frangente storico, segnato da un terribile tentativo di spietato controllo planetario della vita delle persone, con l’ausilio della combinazione tra manipolazione genetica e tecnologia cibernetica (virus e antivirus) dando vita ad un OGM, con cui il nuovo homo deus  sta sperimentando il controllo ossessivo e schizoide della società (totalitarismo tecnocratico). Nanotecnologia e cibernetica si sono incontrati e hanno stretto un patto mefistofelico: il transumanesimo. “L’umanità è ormai giunta a una scelta rovinosa; cos’è che produce divisione, conflitto, distruzione senza fine?” si son chiesti gli autori di “Dove finisce il tempo”. Eppure “Siamo circondati e immersi nella coscienza: nell’aria che respiriamo, nel terreno che calpestiamo, nei batteri che colonizzano i nostri intestini, e nel cervello che ci permette di pensare” (Christof  Koch, Una Coscienza. Confessioni di uno scienziato romantico, 2013)             

Non è forse vero che l’amore illumina e crea armonia e unità, vince lo smarrimento con la sua potente irradiante energia, anche se “l’amor che a nullo amato amar perdona”? ed è sempre vero che l’esistenza ritrova il suo sacro principio quando eleva l’amore, il dono e la libertà per restituire dignità alla propria vita e a quella altrui? Il male divide, separa, nasconde, uccide; il bene crea unione, riconosce l’altro, lo accoglie e lo cura:  

 “C’è un dono superiore rispetto a quello dei geni della scienza e della letteratura, dei poeti e degli scienziati. Tra le persone di talento, se non di genio, tra i virtuosi delle formule matematiche, del verso poetico, della frase musicale, dello scalpello e del pennello, molti hanno un animo misero, debole, meschino, lascivo, avido, servile, cupido, invidioso; molti sono i molluschi, gli smidollati nei quali l’irritazione di una coscienza inquieta favorisce la nascita della perla. Il dono supremo dell’umanità è il dono della bellezza spirituale, della nobiltà d’animo, della magnanimità e del coraggio del singolo in nome del bene. E’ il dono dei cavalieri e fanti timidi e senza nome che con le loro imprese fanno sì che l’uomo non si trasformi in bestia. (Vasilij Grossman: Il bene sia con voi! Appunti di viaggio,1962-1963)

Quali versi scolpirebbe sulla porta di questo inferno che è diventato il mondo il Sommo Poeta?. Forse si limiterebbe a concepire una tragicommedia guardando certi meschini personaggi che si pavoneggiano nei vari reality  show come ridicole marionette da avanspettacolo degni della farsa e della peggiore commedia dell’arte. E che parole concepire per descrivere certe caricature che siedono negli alti scranni? In questi tempi inquieti e oscuri ci hanno abbandonato anche le Muse. L’ispirazione è andata altrove e l’invocazione è una corda spezzata. Le figlie di Mnemosyne sono sorde e non risorge la “morta poesì”. Ma vogliamo ancora credere che in qualche sorgente pura e incontaminata possa abbeverarsi Clio, Calliope, Euterpe o Tersicore, qualcuna delle nove sorelle, scese dal Parnaso per disseminare nei campi e nell’aria la poesia, la memoria e il dono dello spirito libero che ispira l’arte e la scienza per ergersi di fronte all’obbrobrio e alla barbarie che stiamo attraversando:

“La cosa più bella che noi possiamo provare è il senso del mistero. Esso è la sorgente di tutta la vera arte e di tutta la scienza. Colui che non ha mai provato questa emozione, colui che non sa più fermarsi a meditare e rimanere rapito in timorosa ammirazione, è come morto: i suoi occhi sono chiusi”.

Sono trascorsi sette secoli e qui, in questa terra, la Calabria, e in questo Paese, Italia, abbiamo imparato ad abitare l’inganno, il ricatto, il crimine, il sopruso, l’ingiustizia, l’ipocrisia, la farsa. Il ben dell’intelletto è stato smarrito e siamo ospiti fissi alla mensa dell’ipocrisia e della falsità. Banchettano con noi demoni che divorano il nostro onesto salario, come i proci alla reggia di Ulisse. Il mal seme di Adamo prolifera nelle nostre periferie esistenziali e infetta la mente, il cuore, l’alito e il ventre.

Anche noi erriamo peregrini, per fuggire da luoghi infestati dal ricatto e dall’inganno. Se tu potessi ritornare, anche per un sol giorno, quale parte della tua Commedia reciteresti? Il canto dove hai elevato a valore supremo e sacro la libertà, incarnata da Catone? La ragione mostra, la mente discerne, il pensiero intuisce, la fede illumina. Con tenacia ci esorti a non perdere mai la fiducia nel bene e nell’amore, a tenere alta l’asta della Libertà, della Dignità e della Giustizia, a lottare fino allo stremo per far trionfare la luce della Coscienza, che non deve e non può essere barattata. Anche noi, usciti dall’aura morta, siamo approdati sulla spiaggia e guardiamo il sorgere dell’alba nell’approssimarsi dell’equinozio d’’autunno, quando la luce cede il passo al buio. Adesso ci tocca scalare la montagna, espiare, vincere le paure per poter poi alfine vivere l’esperienza della metamorfosi: “Trasumar significar per verba/ non si poria; però l’essemplo basti /a cui esperienza grazia serba”.         

 “…Può un uomo, quando la sua vita non è che pena
guardare il cielo e dire: così
Anch’io voglio essere. Si. Fino a che l’amicizia,
l’Amicizia schietta ancora dura nel cuore.
Non fa male l’uomo a misurarsi
con la divinità. Dio è sconosciuto?
E’ egli manifesto e aperto come il cielo? Questo
piuttosto io credo. Questa è la misura dell’uomo.
Pieno di merito, ma poeticamente, abita
l’uomo su questa terra. Ma l’ombra
della notte con le stelle non è
Se così posso osar di parlare, più pura
Dell’uomo, che si chiama immagine della divinità.
C’è sulla terra una misura? No.
Non ce n’è alcuna.

“L’uomo abita poeticamente la terra” immaginava il grande poeta romantico Holderlin. In questa lirica ricerca la misura dell’uomo, quella che ha reso luminosa l’anima dell’antica Grecia. Anche noi abitiamo poeticamente la terra, per restare umani con la luce della bellezza spirituale e lottare contro la “smisuratezza” (hybris) di oscuri uomini della tecnica che cercano di oscurare scienza e coscienza:

“L’ingenua speranza ottimistica del XIX secolo, quella secondo cui la crescita della tecnica cresce automaticamente anche la chiarezza dell’uomo, dobbiamo cancellarla definitivamente. Chi oggi si culla ancora in tale speranza, non solo è un semplice relitto dell’altroieri, ma è anche una vittima degli attuali gruppi di potere; cioè vittima di quegli oscuri uomini dell’era della tecnica che hanno tutto l’interesse a mantenerci all’oscuro sulla realtà dell’oscuramento del nostro mondo, producendo ininterrottamente quest’oscurità…”. (Gunther Anders, Noi figli di Eichmann, 1964)

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