Il desiderio di vivere

Il desiderio di vivere

Vincenzo Calafiore

16 Dicembre 2020

Sai , mi è difficile ascoltare il rumore di quel mio fiume amaro che scorrendo dentro me, opacizza le magie del mio tempo, anche se è un tempo sbandato, a cui soggiogato vado a piccoli passi, in un moto continuo così succede che ogni mattino scopro di me qualcosa di più.

E’ straordinario vivere, ma lo è altrettanto la morte, così leggera e sospesa in tante attese di destini logori e macerati come vecchi legni in balia degli oceani per anni.

Non è paura la mia!

Tu hai pensato che io abbia paura di quel che mi attende da qualche parte … a lei chiedo solamente che sia ben affilata la lama che si porterà via l’anima.. ecco io non ho paura di lei quanto del dolore che tanto conosco.

E più mi guardo allo specchio e più mi pare d’essere legno così pieno di mare che nemmeno il fuoco riesce a bruciare.

Mi vedi?

Ti sembro un uomo pieno di paura?

 Sono così felice, così entusiasmato dalla vita, così ubriaco di desiderio di vivere che vorrei raccontarlo piano scandendo ogni parola, dosando il respiro, frenando le emozioni di ogni singola parola, di ogni virgola, di ogni punto esclamativo! A coloro che si lasciano abbindolare da eroi e falsi miti di questo tempo che ahimè invecchia più velocemente di me.

Ancora questi asserviti e schiavi dentro uno smoking, eleganti e profumati alla corte di Mangiafuoco, soggiogati da una firma posta su un contratto  del Gatto e la Volpe!

Vedi?

I miei occhi azzurrati di mare, bianchi capelli di salso, e rughe che come vie disegnate sulla pelle raccontano le diverse marine addormentate al sole, o di tempeste superate a fatica; pagine di un libro che raccontano le interminabili attese di maree per poter riprendere il largo.

Un tempo sapevo volare e ho potuto vedere l’infinito, ho accarezzato le creste di certe onde alte che in certe notti volevano raggiungere il cielo; io ti racconto di una vita vera, non di una vice vita, vicaria e schiava , raggrumata agli orli di un sistema che brucia e scarta.

E allora per essere pagina io stesso portolano di una vita fantastica, cucitami addosso sin dal primo vagito, in quell’alba che come primula si affaccio dentro un sorriso che la illuminò, e ancora oggi  qui su questo treno che corre all’impazzata senza mai fermarsi tra le vesti profumate d’una venere che rinasce tutte le volte che il mio desiderio di vivere urla dalle segrete stanze dell’anima.

Amore che d’eterno porta le vesti, e margherite tra cespugli e grani di speranza, ora rimani in questa mia dimenticata storia, assapora le mie incerte equazioni e le diverse traiettorie, che in qualche modo puntualmente si scompongono e ricompongono ad ogni sorgere del sole, leggi queste pagine non con la certezza di trovare, ma con l’incertezza del vivere certe magiche visioni che in qualche modo sempre più rassomigliano a una lama fredda e affilata, che non lascia dolore.