Lasciate ogni Speranza o voi ch’entrate

In questi giorni con il Covid che impazza,  abbiamo assistito ad una vera tragicommedia all’italiana scritta dal Conte 1 e ripetuta dal Conte Bis con protagonista l’ex generale ed ex commissario Saverio Cotticelli e a fare da spalla il neocommissario Giuseppe Zuccatelli (fa anche rima). Il palcoscenico “Titolo V” (Rai 3) e “Non è l’arena” (La 7). A prendere parte alla “Querelle”, anche il ministro della Salute Roberto Speranza (“In mezz’ora”Rai Tre). Al centro della scena un’intervista televisiva dell’ex commissario ad acta della Sanità Saverio Cotticelli seguita dalle scottanti verità inconfessate di Cotticelli in diretta televisiva. Un vero reality shock, orchestrato sulla pelle di tanti calabresi vittime di un sistema sanitario preda di spregiudicate manovre con una gestione commissariale fallimentare. Una sanità in profondo rosso ed un enorme spreco di risorse pubbliche andate a finire nelle mani dei soliti ignoti.

Non ci resta che invocare la dea della salute Egea e la protezione del padre Asclepio. In Calabria ormai dobbiamo lasciare ogni speranza e affidarci agli dei. È questa l’anamnesi a la diagnosi. Non c’è cura che la possa guarire dalle infezioni virulente che hanno pesantemente colpito le difese immunitarie, dopo che i variegati Governi, dal 2010, hanno prescritto come farmaco super potente il commissariamento.

In questa storia a tinte “macalabre”, ci mancava anche la tragicommedia all’italiana. Il caso è scoppiato dopo la clamorosa intervista televisiva (Titolo V, su Rai Tre), in cui l’ex generale e l’ex commissario alla Sanità della Calabria Saverio Cotticelli, ha dichiarato di non sapere che fosse sua la responsabilità di predisporre un piano per l’emergenza Covid. Ma i colpi di scena non finiscono qui, perché lo stesso protagonista, suo malgrado, nel programma “Non è l’arena” (La 7, ieri sera, 8 novembre), ha fatto sapere che il piano era stato già approvato a luglio dal Ministero della Salute. E poi ha ammesso che in quell’intervista non era in grado né di intendere né di volere, di aver vissuto un momento di stato confusionale. Non solo, perché ha lanciato anche dei pesanti sospetti su raffinatissime menti che hanno mosso certi fili invisibili, dopo un’infuocata riunione (9 ottobre) in cui qualcuno aveva tentato di far accollare alla gestione commissariale altri cento milioni di debito non dichiarati dall’Asp di Catanzaro dal 2014. Lo stato confusionale in questo contagio non risparmia nessuno. Al colore rosso si aggiunge quello giallo, perché i 100 milioni di euro riguardano il Mater Domini di cui commissario è Giuseppe Zuccatelli, di fresca nomina commissariale alla Sanità. Anche il ministro della Salute Roberto Speranza sulla nomina del nuovo commissario, di stretta fede LeU, il partito dello stesso ministro, ha preso le sue difese dopo il “reality shock” di un video in cui Zuccatelli si diletta in una dotta conversazione sull’inutilità della mascherina, profusa con un linguaggio molto raffinato e aulico, degno di un uomo delle istituzioni che si occupa di salute fisica e spirituale. Quel video era solo un video che non può cancellare una onorata carriera di 30 anni, ha spiegato Speranza (nella trasmissione  di Rai Tre “In mezz’ora”). E perché – la domanda sorge spontanea – la rimozione di Cotticelli da che cosa è stata scaturita? E ancora abbiamo appurato dallo stesso ministro alla Sanità che la Calabria non ha spesso 700 milioni di euro per far fronte all’emergenza sanitaria.

Appare chiaro che il Covid ha mandato in profondo rosso più di una mente – non sappiamo se raffinata o grossolana – e ha fatto scoprire il vaso di Pandora. Le caricature e le fiction sono il pane quotidiano di questo Paese, non solo della Calabria. Cotticelli era stato nominato dal Conte 1 nel 2018 su designazione dell’ex ministro M5S Giulia Grillo. Pochi giorni fa Conte Bis aveva prorogato il commissariamento con poteri ancora più ampi. E infine lo stesso BisConte lo ha rimosso.

Siamo letteralmente sconcertati se non allucinati. Non basta più la classica indignazione. Cui prodest che questa terra sia preda di malattie croniche come la corruzione, la malasanità, le menzogne e la criminalità? A chi giova l’intreccio, anzi l’impasto malefico tra rappresentanti delle istituzioni, poteri occulti e palesi, che utilizzano le istituzioni come mascherine?

Ci hanno raccontato, ed è questa la narrazione che abbiamo sentito spesso e che va di moda, che è tutta colpa delle scelte scellerate dei calabresi, i quali hanno permesso ai loro carnefici – politici o pseudo tali, che da decenni dominano la scena con grande spregiudicatezza – di privarli di ogni dignità. E questo corrisponde a verità come è emerso nelle ultime elezioni regionali, con la maggior parte del popolo calabro prostrato di fronte alla maestà dei vecchi e nuovi conquistadores. E in questa bella compagine abbiamo visto aggregarsi trasformisti della prima e dell’ultima ora, protagonisti di performance strabilianti che hanno estasiato e ammaliato l’infermo corpo elettorale. Cioè personaggi che hanno mercificato, in modo ignobile e vile, sui bisogni e sulla rassegnazione della “perduta gente”, sulla loro povertà materiale, etica, morale e culturale che impera, facendo proliferare corruzione, connivenza, spregiudicatezza e mercimonio. Ancora una volta questi ispirati e illustri rappresentanti istituzionali, si sono nutriti dei miserandi avanzi caduti dalle laute mense dei loro padroni. E come sono stati contenti e grati di chinarsi a raccoglierli! Questa in sintesi l’edificante storia politica e antropologica di questa terra da quando sono state costituite le regioni: mezzo secolo di umiliazioni, scempi e predazioni.

 Con l’entrata in scena della “zona rossa” è venuta alla luce un’altra narrazione:che i diritti della Costituzione per gli abitanti della Calabria sono calpestati insieme alla dignità delle persone e che ognuno di noi si deve fare il segno della croce e affidarsi a qualche santo, di quelli che contano, e pregare per scongiurare qualsiasi malanno.

Cui prodest, ripetiamo? La risposta non lascia dubbi. Fa comodo a tutte le sanità delle altre regioni perché lucrano sulle sofferenze dei tanti calabresi che sono costretti a fare i viaggi della disperazione. E poi alla “santità” privata calabra gestita da personaggi in odore di massoneria e ndrangheta, come ha denunciato il segretario della Uil di Reggio Calabria Nuccio Azzarà (sempre nella trasmissione “Non è l’arena” di ieri sera), rivelando anche un debito di un miliardo di euro dell’Asp di Reggio Calabria. Tradotto in moneta sonante e corrente: un mercato indegno di un Paese civile autorizzato e legalizzato. Non solo, perché altri fiumi carsici di denaro pubblico si muovono, come l’altra inquietante vicenda dell’assicurazione svizzera costituita con capitali che molto probabilmente provengono dalla criminalità, che la Regione Calabria ha stipulato con l’intento di indennizzare i cittadini calabresi che dovessero avere dei danni alla salute, come è emerso da inchieste avviate dalla magistratura della Procura di Catanzaro. Oltre al danno anche la beffa.  

Che cosa ha prodotto in dieci anni la gestione commissariale della sanità calabrese? Ha privato i cittadini onesti dei loro fondamentali diritti, per favorire clientele fameliche che privatizzano a proprio vantaggio le pubbliche risorse; e di mezzo ci sono sempre i tradizionali alleati e complici.  E tutto questo con il beneplacito dei governi nazionali. Non a caso i presidenti della Regione di destra di sinistra e di centro sono stati sempre decisi nei lindi Palazzi del Centro-Nord, affinché potessero omaggiare i lori padroni in perfetto stile feudale, come abbiamo visto, in forma clamorosa e scandalosa, alle scorse elezioni regionali. A furia di essere bastonati anche i cani finiscono per adorare il bastone. 

La vicenda dell’ex generale Saverio Cotticelli è la cartina di tornasole: ci rivela che le responsabilità di tutto questo, in primis, sono del Governo nazionale e poi dei vari governi regionali. Se l’ignaro generale Cotticelli non sapeva che dovesse predisporre il piano anti covid, quelli del Ministero non erano al corrente? Possibile che devono essere le trasmissioni televisive a denunciarlo? Forse per il Ministero della Salute e per il ministro Roberto Speranza la Calabria è solo “una semplice espressione geografica” e i calabresi soltanto dei monelli che dovevano essere messi in castigo? E a suo tempo, non era stato nominato dal Conte 1 con al governo  l’accoppiata vincente giallo-verde composta da M5S e Lega, poi riconfermato con il Conte Bis? C’è puzza di bruciato in tutto questa messinscena.  Se la memoria non ci inganna, i figli e figliastri di Rousseau, non avevano promesso che avrebbero risanato le patologie di cui era affetto il Paese e ripulita l’Italia dalla testa ai piedi dalla corruzione, dagli sprechi, dalle caste e dall’inefficienza? Ci risulta che ci siano ben 18 parlamentari eletti nelle liste pentastellati in Calabria. Se non erriamo mai forza politica nella storia repubblicana ha avuto tanti rappresentanti in questa terra. Che cosa è cambiato in Calabria in questi due anni e mezzo di governo giallo-verde e giallo-rosso?

Il nuovo commissario, Giuseppe Zuccatelli, ha già fatto scatenare la tempesta mediatica con il video sulla inutilità della mascherina e per quella legge del contrappasso attualmente è contagiato e in quarantena nella sua Cesena. E dulcis in fundo, Zuccatelli è amico di Pierluigi Bersani ed è stato candidato “LeU” alla Camera nel 2018. A Zuccatelli vengono attribuite tutta una serie di presunte operazioni “sospette” durante la gestione dell’Asl di Cosenza  (nominato dal ministro Speranza, con la doppia funzione di commissario al Pugliese-Ciaccio e al Policlinico universitario Mater Domini di Catanzaro), per aver favorito alcune cliniche private, come lo scandalo di Villa Torano, la Rsa di Claudio Parente e poi dei tamponi in frigo. Ed è stato sempre Zuccatelli ad opporsi alla realizzazione dell’ospedale Covid a Catanzaro, entrando in forte conflittualità con il rettore dell’Università Gianbattista De Sarro. In quale manuale Cencelli sono scelti questi nuovi colonizzatori? Per la loro competenza, probità e castità, come prescrive la vulgata pentastellata? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma quanto sarà ardua!