Celico (CS). Il luogo di Culto eretto in Onore della Madonna del Carmine: un fascino discreto e antico, che resiste e si rinnova con l’amore dei devoti!

Un piccolo Santuario rurale, costruito ai margini di un castagneto, con impronta architettonica particolare,  ricco di storia, di avvenimenti, di umanità. Luogo, oggi, venerato come sempre con periodici pellegrinaggi. Un tempo ancor più aperto al culto, perchè si poneva al servizio della comunità contadina dell’area Presilana, dove il popolo dei campi, nei giorni festivi ed in occasioni della festa patronale, si ritrovava per devozione, ma anche per incontrarsi, dialogare sul sagrato, scambiarsi informazioni e servizi comuni.

Il piccolo Santuario rurale della Madonna del Carmine (XVII sec.) – Celico (Cosenza)

La definizione di Santuario rurale è più consona – visto il sito dove è stato eretto: zona collinare alta celichese, dove da lì a poco svetta la montagna di Serra di Vaccaro,territorio silano, a pochi passi da Monte Scuro. Va subito riferito che la vocazione storica dell’area Presilana, in questione, è stata principalmente ad indirizzo agro-silvo-pastorale. Nell’evoluzione dei tempi, quindi, contadini, signori e comuni hanno edificato chiesette, cappelle e santuari fuori dai borghi principali, in mezzo alla compagna, in zone collinari e montane. Molte di queste, pregevolmente affrescate o decorate, sono ancora ben conservate e trasmettono il fascino di un’antica civiltà rurale.

Ecco, questa potrebbe rappresentare l’essenziale carta d’identità del  ‘nostro’ obiettivo, che, recentemente, ho ancora una volta visitato, recandomi nella contrada celichese, dove il santuario si trova, in compagnia di un caro amico celichese, Salvatorino Lettieri ( appassionato cultore di storia e trazioni locali).

Uno scorcio del Rio Cannavino alto- Celico (CS)

Una visita cui tenevamo entrambi, anche per ricordare fasi della nostra comune infanzia celichese, i luoghi delle nostre spensierate estati, tra i campi, il Rio Cannavino, con le sue acque sgorganti, dalle cui gole raggiungevamo, inerpicandoci, la ‘nostra’ montagna, dove svettava un ricco castagneto, un mondo che pullulava di vita nei campi, dove tutt’intorno i coltivi apparivano con un unico giardino ben curato…

Un breve cenno di storia su Celico meglio fa comprendere la necessità di costruire luoghi di culto anche in aree decentrate dal nucleo principale della Comunità.

Le continue incursioni barbariche che opprimevano la Citta di Cosenza costrinsero la popolazione a trovare scampo e rifugio sui monti che numerosi cingono il paesaggio circostante. Fu così che da quella moltitudine di gente che lasciava le proprie case per sfuggire al pericolo, sorsero tanti villaggi che circondano la Città di Cosenza. Quei borghi senza nome, nati spontaneamente, formarono la loro identità e Celico principalmente ebbe la fortuna di veder nascere Gioacchino da Fiore (1130- 1202), l’uomo definito celeste, dotato di virtù divine per cui il paese fu identificato con il suo nome e quindi chiamato Celico.

Il Castagneto a Celico (CS) – Una importante e storica risorsa montana

Gli abitanti di questi nuclei urbani erano gente pacifica e tranquilla, dedita al lavoro nei campi ed alla vita familiare, animati dalla speranza e da una fede religiosa che li spinsero a costruire anche importanti chiese di eccellente pregio artistico

La Chiesa Rurale di SS. Maria del Carmine ( questa è un’altra definizione che, spesso, ricorre sulle guide ed i testi) è posta sulla montagna Trivilla o Nocilla, località caratteristica di castagni, e si racconta che la sua edificazione traesse origine da una visione avuta da un brigante durante una notte. La chiesa sicuramente esisteva prima del 1689, in quanto sui registri si ritrovano testimonianze di impegni presi da alcuni celichesi con l’amministratore del bene religioso.

Celico (CS) – Un Cartello informativo che indica e descrive il luogo di culto, in prossimità del Santuario

Nell’anno 1944, a guerra non ancora terminata, malandata per la lunga mancanza di manutenzione, fu completamente rifatta con il contributo generoso di un devoto cavaliere celichese, il benefattore Rosario Rizzuti, erede di quel Michele Rizzuti ‘U Pettinaro’, pioniere silano, che molto si distinse per atti e manifestazioni di altruismo con chiunque si trovasse in difficoltà, anche con i viaggiatori ‘smarriti’ che attraversavano l’Altopiano. In onore di SS. Maria del Carmine a Celico si celebra la festività nel mese di luglio.Infatti, nelle vicinanze del Santuario è stata costruita una cappella in cui è venerata proprio la Madonna della Nocilla.

L’interno del Luogo di Culto.

Celico (CS) – Santuario rurale della Madonna del Carmine – Interno ( Navata centrale )

 La Chiesa-Santuario (potrebbe essere anche questa una definizione propria) nel suo interno è molto semplice: ha una navata centrale e una piccola navata laterale dove è stata ricavata una cappella in onore del Quadro Divino che, si racconta, è stato trovato dal brigante. Nella parte laterale della stessa cappella è ricavata una nicchia in cui vi è la statua in legno della Madonna e a cui i celichesi e non solo sono molto devoti.  Nella navata centrale si può osservare l’altare marmoreo, sopra al quale tra due coppie di colonne è posta la statua raffigurante la Madonna del Carmine.

Seduti su una panchina di legno, antistante il luogo di culto, Salvatorino Lettieri, da me invitato ad aprirsi al raccontare….quando,ben volentieri, si cimenta e parla, in una brillante esposizione, della “Leggenda del Brigante”.  

…”Leggenda vuole che una banda di prepotenti sgherri, al ritorno in montagna dopo una scorreria notturna nei paesi presilani, giunti che furono nei pressi del Vallone di Trivillo, agro di Celico, videro un luccichio in un roveto, che noi definiremo, ovviamente, “spinaro”. Pensarono ad un agguato di altra banda rivale e aprirono il fuoco ripetutamente. Ma la luce restó lì dov’era ancor più luminosa. Si avvicinarono e facendo largo tra le spine scoprirono un quadro (su tela montata su supporto ligneo del XVII secolo, referto di esperti), raffigurante la Santa Vergine della Madonna del Carmelo che due secoli dopo divenne la Santa Patrona e protettrice dei Briganti.

Salvatorino LETTIERI con un cane pastore. Il Cane non è mio – riferisce – è di Francesco Ripoli. Si tratta di un cucciolone di 7 mesi, figlio di pastori presumibilmente dei Balcani. Sta raggiungendo le dimensioni di un cane dei Pirenei.Nella foto aveva appena 4 mesi. Francesco si è preso cura dei due cani da pastore che lo hanno generato, che ha accudito e curato. (Un bell’esempio d’amore verso la vita animale).

L’ espressione napoletana “Mamma ro Carmine” forse trae origine dal brigantaggio. I nostri lo tirarono fuori dai rovi e dopo essersi consultati, tornarono indietro e portarono il quadro a Celico, lasciandolo davanti la porta della chiesa di San Michele Arcangelo. Il mattino appresso, peró, nessuno vide il dipinto nella sua splendente argentata cornice. La notte successiva i nostri “bravi uomini”, giunti nel medesimo punt, ebbero lo stesso problema, ritrovarono la Madonna lì dove l’avevano trovata la notte prima, tornarono ancora a Celico e la lasciarono ancora poggiata alla porta della chiesa  madre del paese.

La cosa si ripetè ancora fino a quando capirono che la Madonna  voleva la sua casa in quel luogo e lì le costruirono la Chiesa (che ho sempre visitato ed ammirato fin da bambino e che mi è capitato di  fotografare il luogo in tutte le stagioni). Questo dice la leggenda che prende spunto sicuramente da uno squarcio sulla tela che fu attribuito ai proiettili (pallettoni) sparati dai fucili in possesso dei briganti. A mio giudizio non è una forzatura parlare di sgherri che più propriamente erano al servizi dei signorotti, pronti a usare angherie od addirittura a essere sicari. Ma parlare di briganti, nella prima metà del 600, il periodo mi è parso un po’ prematuro per figurare il tempo dei briganti dai racconti dei nonni e dei bisnonni. Questo è quanto so io di questa narrazione”…

Salvatorino Lettieri, ad un certo punto, mi fa cenno se può proseguire nel racconto…! E riferisce qualcosa di sicura emozione, più che di curiosità…un avvincente testimonianza tramandata dalla memoria e cultura popolare.

Celico (CS) – Santuario del Carmine.Il Quadro Divino della Madonna, tanto venerato, preso di mira – secondo leggenda – dai briganti che lo crivellarono con alcuni proiettili

“Alla vista del Quadro Divino il brigante tremò e cadde in ginocchio e quella bocca avvezza a vilipendere la Divinità si aprì per invocare il nome di Dio e la Sua protezione. Carponi, toltosi reverentemente il cappello, si avvicinò al roveto senza alcuna paura alcuna, ed in esso scorse quello che oggi i fedeli chiamano Quadro Divino e cioè un grande quadro raffigurante l’effige di Maria SS. del Monte Carmelo. Il popolo addita e riconosce il buco prodotto dal primo colpo sparato. Umile, confuso e pentito, l’uomo baciò ripetutamente l’immagine miracolosa, accanto ad essa trascorse tutta la notte e poi all’alba, di quella lietemente caricato, mosse alla volta del paese.

Si immagini la sorpresa di tutto il popolo e specialmente del Curato, quando videro il brigante armato fino ai denti e con un grande quadro sulle spalle, tranquillamente camminare per le vie del paese. Gli si accalcò lentamente intorno la folla, che lo sospinse fino alla porta di San Michele Arcangelo. La porta si aprì da sè: il quadro fu posto sull’Altare, e per tutto il giorno fu festa.

 Ma il mattino seguente il Quadro sparì; lo videro e ritrovarono nel roveto da dove il brigante l’aveva trasportato. Il popolo allora intuì che la Vergine, proprio nel luogo della sua apparizione, voleva culto e onori, e in breve sorse una nobile gara tra i briganti e il popolo a chi raccogliesse più fondi per la costruzione di un luogo di preghiera.

E fu così che sorse la Chiesa della Madonna del Carmine.” (Fonti:www.silaweb.it – Immagini:archivio personale di S.Lettieri).

Da Casali del Manco (CS), 29.10.2020